Lampredotto
Provenienza: fra i piatti fiorentini per antonomasia, è povero, ma con ambizioni di nobiltà (vedi Curiosità). Da anni vive momenti di gloria: davanti ai chioschi, all’ora di pranzo, ci sono lunghe file costituite da muratori, studenti, avvocati e turisti. Ben rappresentate le quote rosa.
Caratteristiche: i bovini hanno non uno ma quattro stomaci: rumine, reticolo e omaso (in realtà, prestomaci) e l’abomaso, dove avviene la digestione vera e propria. Dall’abomaso, a sua volta diviso in gala, dal sapore deciso, e in spannocchia, più delicato, si trae il lampredotto.
In cucina: in acqua fredda, al lampredotto aggiungere odori, concentrato di pomodoro e sale grosso. Sobbollire per tre ore a pentola coperta. Poi tagliarlo a strisce e pezzetti. Dividere a metà una rosetta e adagiarci la carne; quindi, sale, pepe, salsa verde o piccante, o entrambi, a iosa. Bagnare nel brodo la parte superiore della rosetta, da cui sarà tolta un po’ di mollica, chiudere e mangiare in tre o quattro bocconi. Per far prima, compriamolo già cotto, accompagnandolo con un gotto di vino.
Un consiglio: le varianti: con patate o carciofi o porri o funghi o in zimino, con bietole.
Curiosità: il nome deriva dalla lampreda, pesce simile all’anguilla. Pare che la gala sembri la bocca della lampreda, cibo per ricchi; dato che il popolo non poteva permetterselo, coniò il termine lampredotto, per illudersi di mangiare come i Paperoni.
Trippa
Provenienza: in Italia è ovunque: a parte quella alla fiorentina, ecco la trippa alla romana (con menta e pecorino romano), alla romagnola (con scorza di limone, cannella e chiodi di garofano) ecc.; particolare la sbïra: era l’ultimo pasto dei condannati a morte della Repubblica di Genova.
Caratteristiche: il rumine, il primo dei quattro stomaci dei bovini, è la parte più usata per fare la trippa, ma non si disdegnano gli altri: dipende dalle regioni e dalla fantasia del cuoco. Dopo la macellazione, e prima della cottura, il rumine va raschiato e lavato con cura. Meglio comprarlo già pulito.
In cucina: per la trippa alla fiorentina, al soffritto di carota, sedano e cipolla, aggiungere la trippa (già lavata e pulita) tagliata a striscioline. Insaporire per una decina di minuti, girando ogni tanto. Aggiungere i pomodori pelati, romperli e rimestare. Cuocere per circa venti minuti, fuoco moderato e padella coperta. Salare, pepare, una bella spolverata di parmigiano e rimescolare. Se necessario, cuocere ancora per ritirare il sughetto: la trippa non deve essere brodosa. Poi fate voi…
Un consiglio: conservare in frigo in un contenitore ben chiuso per un paio di giorni. Non congelare.
Curiosità: Busecconi: soprannome dei milanesi, in quanto mangiatori di busecca, cioè trippa. «Non c’è trippa pe’ li gatti», disse Ernesto Nathan, sindaco di Roma dal 1907 al 1913, quando dal bilancio tagliò una spesa per mantenere una colonia di felini randagi.