Più api e meno piene

Lungo i fiumi Ombrone e Pesa, prati coltivati per migliorare la qualità del suolo e la biodiversità

Daikon, trifoglio e miscugli di semi fra 12 e 30 specie da prato: sono questi gli ingredienti per migliorare non solo l’aspetto paesaggistico delle aree attigue ai fiumi, ma anche la biodiversità e la qualità del suolo. Oltre a facilitare – aspetto di fondamentale importanza in un’epoca sempre più caratterizzata da fenomeni meteorologici estremi – la gestione dei flussi di piena e delle precipitazioni. È il risultato di una sperimentazione su 13 ettari di aree golenali, messi a disposizione dal Consorzio di Bonifica 3 Medio Valdarno, portata avanti in collaborazione con i dipartimenti di Biologia e di Agraria dell’Università di Firenze. 

Le prime sperimentazioni sono partite nel gennaio del 2022 su terreni lungo l’Ombrone (Carmignano-Signa) e la Pesa (Montelupo F.no), nelle province di Firenze e Prato, «con sei diversi approcci di gestione agronomica dei terreni, per aumentare la capacità di stoccaggio dell’acqua e il potenziale di sequestro del carbonio, attraverso la coltivazione di trifoglio incarnato, trifoglio squarroso, ravanello Daikon e due miscugli di prati polifiti permanenti, cioè con miscele di almeno dodici piante diverse, fra cui leguminose e monocotiledoni» spiega Daniele Vergari, accademico dei Georgofili e referente per il Consorzio di Bonifica.

Il ruolo delle api

La semina di questi tipi di piante in aree altrimenti lasciate a uno sviluppo spontaneo della vegetazione, che privilegia le graminacee, ha favorito l’accumularsi di maggiori quantità di sostanza organica nel terreno e stimolato la presenza di insetti, in particolare gli apoidei, gruppo a cui appartengono le api mellifere, ma che comprende anche quelle dette “selvatiche”, che sono importanti indicatori ambientali. Gli apoidei sono strettamente dipendenti dalle piante a fiore, di cui usano il nettare e il polline, che viene somministrato alle larve come cibo. «Si tratta – precisa Francesca Dani, entomologa dell’Università di Firenze – di un gruppo molto numeroso di specie, circa 20mila, di cui più di 1000 presenti in Italia, il cui ruolo ecologico è criciale sia per l’ambiente naturale che per la nutrizione umana, visto che l’impollinazione operata dagli insetti è fondamentale per circa il 70% delle piante coltivate per la nutrizione». 

Attraverso attività di rilevazione in campo, gli studiosi hanno raccolto i dati per definire quali e quanti apoidei sono presenti nelle zone così coltivate e i primi risultati sono stati molto incoraggianti: «Si parla di oltre 60 specie censite, tre delle quali classificate dalla Lista rossa delle api europee come prossime alla minaccia di scomparsa – aggiunge Dani -. Nelle aree seminate con prati polifiti, il numero di api è circa quattro volte maggiore che in quelle non seminate e tre volte più alto il numero di specie». 

Un suolo più ricco

Sul versante agronomico è stato rilevato che le due varietà di trifoglio e il ravanello Daikon hanno incrementato il potenziale di sequestro dell’anidride carbonica, migliorato la capacità di stoccaggio dell’acqua nel suolo e di infiltrazione, passata da 3 millimetri l’ora a oltre 20. «Risultati che possono sembrare di piccola entità, ma che dimostrano come pratiche alternative di gestione degli ambiti fluviali possano migliorare la capacità delle casse di espansione di immagazzinare carbonio e acqua piovana, migliorandone la sostenibilità e la funzionalità – conclude Marco Napoli, della Scuola di Agraria -. Senza contare che anche alla vista il paesaggio risulta più gradevole e più fruibile dalle comunità locali». 

Il futuro sembra molto incoraggiante, perché la soluzione adottata permetterebbe anche di compensare le emissioni di anidride carbonica, conseguenza quanto mai auspicabile in tempi di riscaldamento globale.

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