Salvati in extremis

Scongiurato il rischio estinzione per alcune varietà toscane di cavolo, pomodoro, fagiolo e granturco

Due su cinque delle specie vegetali del mondo – oltre 140mila piante, di cui 723 medicinali – sono a rischio di estinzione a causa della distruzione del loro habitat e della crisi climatica. Lo afferma un rapporto dei Royal Botanic Gardens di Kew, in Gran Bretagna. Lo State of the World’s Plants and Fungi, basato sugli studi di circa 200 ricercatori in 42 Paesi, è un potente grido d’allarme che dovrebbe spingere i leader mondiali ad agire per frenare la perdita di biodiversità nel mondo.

«È un quadro estremamente preoccupante, per cui è urgente agire – ha detto Alexandre Antonelli, direttore scientifico dei Kew Gardens, che ha guidato la ricerca -. Stiamo perdendo la gara contro il tempo, perché le specie stanno scomparendo così velocemente che alcune non riusciamo neppure a identificarle».

Il termine estinzione, in biologia, è facilmente definibile. Si tratta della scomparsa di un taxon – categoria o entità di qualsiasi grado (specie, genere, famiglia etc.) – di organismi viventi. Che prima c’erano, ed erano parte integrante della biodiversità del pianeta, e ora non ci sono più. Ma soprattutto, verosimilmente, non ci saranno mai più. Per far fronte a questo fenomeno, che è globale, la Regione Toscana ha finanziato due progetti per salvare quattro varietà locali a rischio di estinzione.

Al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, che ha portato avanti un progetto finanziato con il supporto dell’Università di Pisa, con l’aiuto e l’interessamento del Circolo Culturale Gigliese, sono riusciti a recuperare il Cavolo Torso e il Pomodoro di Scasso sull’Isola del Giglio. È stata invece la Comunità del Cibo e dell’Agrobiodiversità dell’Amiata, sempre con un progetto realizzato con l’Università di Pisa, a salvare il Fagiolo Borlotto del Minatore e il Granturco di Castell’Azzara. Luciana Gabriella Angelini, della facoltà di Scienze Agrarie di Pisa, ha messo a disposizione la sua esperienza per caratterizzare le risorse genetiche, uniche e a rischio di estinzione, di queste specie vegetali.

Ma perché molte varietà antiche – anche in Toscana – rischiano di sparire?
«Perché, pur essendo coltivate da sempre, non hanno più un valore commerciale e non trovano spazio sul mercato». A sostenerlo è Rita Turchi, che per la Regione Toscana si occupa della tutela e della valorizzazione dell’agrobiodiversità. Si tratta dunque di varietà praticamente tramandate di padre in figlio e, se questo ciclo si interrompe, quella specie sparisce.

«Questo rappresenta – continua Rita Turchi – una perdita di patrimonio genetico importantissima. Sul mercato la varietà delle risorse genetiche è diventata scarsissima. Il rischio è di avere specie sempre più selezionate e sempre meno incrociate. E qui scatta il rischio estinzione, un processo molto evidente anche tra gli animali allevati. Perché, che si tratti di animali o di varietà vegetali, la “consanguineità” porta sempre all’estinzione della razza stessa».

Su questo anche la vicepresidente e assessora all’Agroalimentare della Regione Toscana Stefania Saccardi ha sottolineato come «l’attività di recupero delle vecchie e dimenticate specie nostrane di interesse agricolo diventa fondamentale per la conservazione di un patrimonio genetico unico e prezioso dal punto di vista agronomico, alimentare e culturale. Con la perdita dei semi non solo si perdono varietà ma si perde una fetta della nostra storia e della nostra identità culturale».

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