Preservare il suolo per contrastare l’inquinamento e contenere il riscaldamento globale

Piantare alberi per ridurre la CO2, continuare con le bonifiche e limitare il più possibile nuove infrastrutture ed edifici.

Per fermare il riscaldamento globale dovremmo piantare in tutto il globo mille miliardi di alberi. In Italia, dove ce ne sono già circa 11 miliardi, altri 2 sarebbero sufficienti. Basterebbe, cioè, incrementare di circa il 20% quelli già presenti.

Ma dove metterli? In un Paese, come il nostro, dove ogni giorno si consumano circa quindici ettari di suolo naturale per costruire infrastrutture, edifici e strade, la domanda ha un suo perché. I dati sono quelli di Legambiente che attraverso il suo presidente Stefano Ciafani spiega: «Nel 2020 sono stati occupati 56,7 chilometri quadrati. Per ogni abitante in Italia  si contano 359 metri quadrati di superficie edificata, che in Toscana corrispondono al 4% del territorio». Qualcuno si chiederà: che male c’è a costruire nuovi edifici e nuove strade? La risposta è proprio nelle temperature sempre più alte che affliggono il pianeta. Non solo la costruzione di edifici e strade comporta nuova produzione di CO₂, ma diminuendo il numero di piante e alberi si riduce anche la possibilità di assorbire l’anidride carbonica che è la principale responsabile dell’effetto serra e di conseguenza del riscaldamento globale.

Modello Montopoli

Secondo Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale dell’Università di Firenze, «piantare nuovi alberi è l’unica soluzione efficace – e anche la meno costosa – per ridurre la CO₂ in atmosfera: i 3 milioni e 500.000 ettari di terreni abbandonati dall’agricoltura dagli anni Ottanta a oggi rappresentano un’opportunità per creare nuovi boschi». Per Legambiente, che insieme a Mancuso sta seguendo per conto di Unicoop Firenze il progetto “Abbraccia un albero” per creare a Montopoli in Vald’Arno un bosco dove prima c’era un allevamento intensivo, si deve guardare alle aree da bonificare.

«Sono passati 23 anni dal programma nazionale di bonifica del Paese, ma la bonifica non è mai stata portata a termine, in molti casi neppure iniziata – spiega Ciafani -. I siti di interesse nazionale – ex aree industriali, allevamenti dismessi, ma anche terreni dove sono stati riversati veleni e agenti inquinanti, per un totale di 171.000 ettari – sono 41, di cui quattro in Toscana, a Massa Carrara, Livorno, Piombino e Orbetello. Quelli di interesse regionale, più piccoli come dimensioni, sono 35.000 e corrispondono a 66.000 ettari. Complessivamente ci sono 237.000 ettari di suolo da recuperare, l’equivalente di 333.000 campi di calcio». Hai voglia a piantare alberi!

Suolo, questo sconosciuto

La maggioranza delle persone ignora quanto il suolo naturale sia importante per la salute del pianeta, forse è per questo che le attività umane ne mangiano sempre di più. «Non lo si considera come invece si dovrebbe, cioè una risorsa limitata e fondamentale – lamenta Walter Ganapini, membro onorario del Comitato Scientifico dell’Agenzia europea dell’ambiente e di Re soil foundation, partner nel progetto “Abbraccia un albero” -. Il suolo è la pelle del pianeta, in esso vivono miliardi di microrganismi fondamentali per la vita sulla Terra».

In Italia solo il 19% del territorio è occupato da pianure – dove il terreno è più fertile -, ma è lì che sono concentrate anche le maggiori aree urbanizzate e industriali; inoltre lo strato arabile ha generalmente una bassa concentrazione di sostanza organica: 3% rispetto al 6% della media Europea.

«È cruciale preservare il suolo italiano e incrementarne la fertilità, anche con il compost che deriva dal ciclo dei rifiuti. Un terreno ricco di microrganismi non solo porta migliori raccolti, ma è utile anche per trattenere l’acqua e limitare le conseguenze dei fenomeni atmosferici sempre più estremi e frequenti, come i cosiddetti medicane, la versione mediterranea degli hurricane, gli uragani del centro e nord America» prosegue Ganapini.

Un suolo ricco di microrganismi infine può aiutare anche a ridurre la CO₂ e altri agenti inquinanti che vi sono stati depositati. «In Finlandia, la Città della scienza di Espoo fu costruita dove erano stati smaltiti per decenni i fanghi delle cartiere. Dopo qualche anno, i bambini che lì vivevano cominciarono ad accusare problemi neurologici – racconta Ganapini -, si capì che erano dovuti alla presenza nel suolo, dove giocavano e venivano coltivate carote e patate che poi mangiavano, di policlorofenoli, sostanze tossiche dovute allo sbiancamento della carta. Grazie a una ricerca dell’Università di Helsinki, si scoprì che un fungo era in grado di decomporre quegli agenti contaminanti, il terreno fu trattato con questa muffa e in un anno gli inquinanti furono ridotti del 90%».

…e poi arrivò la plastica

Fra i nemici del suolo c’è anche la plastica con le micro e nano particelle che vi si depositano. Pochi sono gli studiosi che ne ricercano la presenza sottoterra, fra questi c’è Giacomo Pietramellara, docente di Chimica agraria all’Università di Firenze, che ha visto pubblicato un suo lavoro sulla rivista “Sustainability”.

«Sono 300 milioni le tonnellate di plastica che ogni anno finiscono nell’ambiente. Quelle che si nascondono nel suolo derivano principalmente da una cattiva gestione dei rifiuti, ma anche da pratiche agricole come la pacciamatura fatta con teli plastici, cui si aggiungono i rilasci involontari, ad esempio attraverso l’usura degli pneumatici dei mezzi di trasporto. Il suolo è un ambiente particolarmente favorevole per la permanenza dei residui di plastica a causa dell’assenza di luce e la bassa percentuale di ossigeno» spiega il professore.

E aggiunge: «Il problema del disinquinamento del suolo dalla plastica è stato appena affrontato dalla ricerca scientifica ed è di difficile soluzione – precisa Pietramellara -. Attualmente ci sono studi solo sull’utilizzo di microorganismi per favorire la degradazione delle plastiche nelle discariche». Ma non in altri ambienti. Chissà che il suolo e il brulicante mondo che lo abita non ci aiuti anche in questo.

Per saperne di più…

Misure alle Hawaii – La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera ad agosto 2021  ha toccato livelli mai raggiunti: la misurazione, fatta a Mauna Loa alle isole Hawaii, ha registrato una concentrazione di oltre 414 parti per milione (ppm), mentre nell’era pre-industriale il livello non superava 280 ppm e negli anni Cinquanta 315.

Un incremento così impetuoso della CO₂ e delle temperature non era stato previsto neppure alla Conferenza sul clima di Parigi nel 2015, quando si fissò a 2 gradi centigradi l’aumento massimo tollerabile. Con i nuovi dati si ipotizzano nel 2060 da 2,3 a 4,5 gradi in più.

La campagna “Abbraccia un albero, dai vita a un bosco” – Fino al 21 novembre – quando sarà piantato il primo albero – tutti possono contribuire ad “Abbraccia un albero” e alla nascita, a Montopoli, in provincia di Pisa, del primo bosco biosostenibile su un’area industriale bonificata con una donazione alle casse, su www.eppela.com o tramite bonifico all’Iban IT57D0503402801000000309251.

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