Il 2 aprile è la Giornata internazionale della consapevolezza sull’autismo. E il 3 esce in Italia un film tutto da scoprire, dedicato a questa condizione. La vita da grandi è il primo film da regista di Greta Scarano, l’attrice di Smetto quando voglio e Squadra antimafia, presente anche nell’ultima stagione del Commissario Montalbano. Stavolta, Greta ha scelto di stare dietro la macchina da presa. E di raccontare dolcezza, ricchezza, sogni e desideri d’un personaggio affetto da sindrome di Asperger.
Ispirandosi a una storia vera: quella dei fratelli Damiano e Margherita Tercon, autori del libro Mia sorella mi rompe le balle. Avevano conquistato i giudici di Italia’s got talent nel 2019. E hanno conquistato anche Greta, che si è liberamente ispirata alla loro vicenda nello scrivere il film, che è interpretato da Matilda De Angelis e da Yuri Tuci, attore autistico pratese, alla prima esperienza cinematografica.
Nel film, Matilda va a Rimini per prendersi cura del fratello autistico. Per scoprire che lui ha già ben chiari tutti i sogni della sua vita: vuole sposarsi, fare tre figli e diventare un rapper famoso. Ma prima di tutto, deve imparare a diventare autonomo, affrontando paure e speranze.
Greta, che cosa l’ha colpita della storia di Damiano e Margherita?
Ho visto la loro esibizione a Italia’s Got Talent e mi hanno folgorata. Ho scoperto il loro libro, l’ho comprato e mi sono immersa nel loro mondo. Più di tutto, mi ha colpito di Damiano la sua visione del mondo sempre originale.
La storia del film è anche quella di due fratelli che si riscoprono…
Ero interessata al punto di vista di entrambi: perché l’equilibrio di queste famiglie è affidato al coinvolgimento dei fratelli e delle sorelle, che si prendono cura e sostengono quelli più fragili. Mi piaceva raccontare due sguardi diversi, ma complementari, della stessa storia.
Vi siete confrontati con Damiano e Margherita?
Moltissimo. Ho sentito Margherita anche poco prima di questa intervista. Loro sono stati consulenti della sceneggiatura, che abbiamo scritto insieme a Sofia Assirelli e Tieta Madia.
Come ha scovato Yuri?
È stato un colpo di fulmine. Ho visto il trailer del suo spettacolo, Out is me, e mi sono innamorata di un attore potente, carismatico. Avevo fatto mille provini, ad attori neuro-tipici e neuro-divergenti, ma soltanto lui mi ha conquistata. È un vero attore, e avevo bisogno di qualcuno che sapesse recitare davvero. Sono andata da sola a Prato per conoscerlo.
Che persona ha scoperto?
Gli ho chiesto: «Sei agitato per il provino?», mi ha risposto: «L’ansia non mi pervade, ma sento molto pathos». Un’eleganza così, nell’eloquio, non la trovavo da tempo.
Il 2 aprile è la Giornata internazionale della consapevolezza sull’autismo. Che riflessioni le suscita?
Quella dell’autismo è una condizione che riguarda sempre più famiglie. Una delle cose che ho capito è che esistono mille sfaccettature diverse. E che una diagnosi non può definire una persona. La terza cosa che ho capito è che oggi un bambino su 59 nasce con la sindrome dello spettro autistico. Quindi, i bambini autistici non devono essere “inclusi”, ma piuttosto devono essere “previsti”.
La vita per una persona autistica è ancora difficile?
Damiano ha tentato il suicidio, e anche Yuri ha vissuto momenti molto difficili. Bisogna accendere un faro sulle loro storie, e non lasciare sole le famiglie. In Argentina, il presidente Javier Milei vuole ripristinare il termine “idiota” per le neurodivergenze. Mi sembra aberrante e pericoloso.
Chi si prende cura delle neurodivergenze in Italia?
Più che lo Stato, ci sono tante associazioni che cercano di formare un circolo virtuoso di solidarietà e attenzione. Bisogna creare una rete di supporto istituzionale affinché le famiglie che vivono la disabilità mentale non si sentano abbandonate.