Suolo impoverito: il futuro della vita dipende dalla sua salvaguardia

Erosione, sfruttamento dell'uomo e cambiamenti ambientali mettono a rischio il suolo del nostro pianeta. Un'agricoltura attenta e maggiore consapevolezza del consumatore sono la soluzione

Plastica, mare, inquinamento dell’aria. La coscienza ambientale cresce e l’immagine di Greta che si muove in barca a vela per non inquinare ha fatto il giro del mondo. Ma ci sono tanti tipi di inquinamento e diverse condizioni di criticità: una, di cui si parla pochissimo, riguarda lo stato del suolo.

“Il futuro della vita sul nostro pianeta dipende dal suolo, abbiamo tutti un interesse legittimo nella salvaguardia e nel miglioramento dei suoli per aumentare la sostenibilità della vita sulla Terra” esordisce Steve McGrath, direttore del Dipartimento per le Scienze dell’Agricoltura Sostenibile al Rothamsted Research, un centro sperimentale con sede in Inghilterra e una tradizione secolare.

Qual è lo stato attuale del suolo? Come siamo messi in Italia?

Lo stato del suolo dipende principalmente dall’utilizzo che se ne fa, ma posso dire che il suo impoverimento rappresenta una problematica da non sottovalutare. Una recente indagine relativa alla situazione dei terreni agricoli in Europa ha dimostrato che in Italia i valori del carbonio organico sono al di sotto della media europea, per quanto riguarda i pascoli e in particolare i terreni coltivabili. Questo perché in regioni con temperature maggiori o una piovosità bassa è più difficile trattenere il contenuto di materia organica rispetto alle regioni più temperate.

Quali sono le cause principali che hanno portato all’impoverimento del suolo?

La specializzazione dell’agricoltura (per esempio, la riduzione delle colture miste, laddove si realizza una rotazione tra aree di pascolo e terreni coltivabili) ha determinato una diminuzione della materia organica nei terreni coltivabili.

Quali colture comportano maggiori rischi?

Ad esempio è dimostrato che l’erosione del terreno nelle aree in pendenza, dovuta all’azione dell’acqua, è spesso maggiore in quelle zone in cui il suolo è nudo, cioè non coperto da vegetazione per buona parte dell’anno, o anche se il terreno nudo è interposto tra i filari delle colture, come accade per oliveti, vigne ed anche con il granturco, mentre con altre colture l’erosione è minore.

Cosa si può fare?

Innanzitutto evitare di lasciare il suolo nudo per ridurre l’erosione, ad esempio favorendo delle colture di copertura, oltre che aggiungendo carbonio organico nel terreno. Per permettere alle colture di crescere bene, le sostanze nutritive devono essere ben presenti nel terreno, che si può trattare con fertilizzanti o letame. Quest’ultimo risulta adatto sia per fornire sostanze nutritive (riducendo così la necessità di impiegare dei fertilizzanti), sia per migliorare le proprietà fisiche del suolo. Altro accorgimento: lasciare nel terreno i residui delle colture quando possibile. Un dissodamento ridotto si rivela spesso utile per migliorare la struttura fisica del suolo.

Causa ed effetto: esiste una relazione tra l’impoverimento del suolo e il riscaldamento globale?

Penso di sì. Il suolo è una riserva di carbonio di estrema importanza: si stima che ci siano 15.000 milioni di tonnellate di carbonio nei terreni del mondo, una quantità tre volte maggiore di quella presente nell’intera vegetazione e in tutte le foreste e, secondo la Fao, dal 1850 i terreni a livello mondiale hanno perso 66 miliardi di tonnellate di carbonio. Questo mentre stiamo assistendo ad un crescente aumento delle concentrazioni di biossido di carbonio e delle temperature, che potrebbero accelerare il rilascio del carbonio del suolo nell’atmosfera, rendendo ancora più veloce il processo di riscaldamento del clima.

Quindi la cura del suolo può essere un antidoto ai cambiamenti climatici?

Il ruolo naturale del suolo è quello di essere il serbatoio all’interno del quale viene costantemente immagazzinato il carbonio, ma si deve fare attenzione a non sopravvalutarne il reale potenziale, perché i sistemi tecnologici di agricoltura su larga scala e i cambiamenti nei consumi lo stanno mettendo a dura prova. L’azoto (proveniente da fertilizzanti e letame) va anch’esso gestito con molta attenzione per ridurre al minimo le emissioni di ossido di azoto, che hanno un forte impatto sui gas serra.

Parliamo di ricerca: quali sono le iniziative principali dedicate al suolo?

Esistono molti progetti dell’Unione Europea e a livello internazionale il 5 dicembre è la Giornata Mondiale del Suolo. Quest’anno la Fao ha concentrato la propria attenzione sulla lotta all’erosione, che si traduce in una vera e propria perdita di terreno per ripristinare la quale servirebbero migliaia di anni. Il progetto europeo Lucas (Land use and coverage area frame survey) monitora le condizioni del suolo, inoltre conferenze come Eurosoil e la sezione di Scienza del Suolo dell’Unione delle Geoscienze Europee contribuiscono ad una maggiore conoscenza dei fenomeni.

A livello formativo, quali passi sono necessari?

Sarebbe importante se nelle scuole fin da piccoli venisse insegnata ai bambini l’importanza del suolo e dei problemi ad esso correlati, come il clima, la salute del terreno e l’alimentazione. Penso che sarebbe un tipo di messaggio da diffondere a tutta la società, fino ai livelli più alti della politica.

Ultima domanda: oltre a diventare più consapevoli dell’importanza del suolo, che cosa possono fare distributori e consumatori per rendere sostenibile l’uso della terra?

Molte iniziative sono già state avviate, come fornire informazioni sui chilometri impiegati per il trasporto degli alimenti, ma si può fare di più: ad esempio indicare i costi del carbonio sui prodotti alimentari. Alcuni Paesi prevedono anche un’etichettatura con indicazioni relative alla sostenibilità dei tipi di agricoltura impiegata per produrre i generi alimentari: anche questo può essere un esempio da seguire.

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