Il sapore deciso ricorda il carattere, schietto e a volte pungente, dei toscani; l’aroma richiama le bacche e le spezie di una terra che va dalle campagne senesi e aretine fino al pistoiese; il rosso vivo evoca la passione con cui si tramandano i segreti di un salume dalla firma inconfondibile. Tanto buono, da rischiare spesso di essere copiato in patria e all’estero, dove è sempre più apprezzato.
Per questo dal 1996 il Prosciutto Toscano vanta il marchio Dop, la Denominazione di Origine Protetta: solo le cosce di suino italiano che rispettano il rigido disciplinare possono essere marchiate a fuoco, dopo la stagionatura, con il sigillo che riporta quattro stelle e il profilo stilizzato della regione.
L’essiccazione. Dal quadernuccio all’Europa
Da sempre le tecniche di essiccazione sono considerate un tesoro da preservare, fin dal Medioevo, quando nelle botteghe dell’Arte dei Beccai tutti i movimenti delle carni erano segnati sul “quadernuccio”, una sorta di registro. Ai giorni nostri il regolamento della Dop ne fissa i segni distintivi, come la provenienza degli animali dal centro Italia, il luogo di lavorazione (soltanto in Toscana) e i tempi della produzione. Se prima dell’avvento della tecnologia il processo iniziava fra ottobre e novembre, ora si effettua tutto l’anno a ciclo continuo, perché negli stabilimenti è ricreato il microclima indispensabile a ogni fase, rispettando però i tempi della natura per la maturazione del prodotto.
Dalla selezione al punto vendita
Metti in casa la coscia oggi, per vedere il prosciutto tra un anno e mezzo: ecco quanto passa dalla selezione della parte più nobile del maiale al negozio. Dal 2015 il Consorzio del Prosciutto Toscano Dop ha alzato l’asticella della stagionatura, scegliendo una maggiore durata rispetto al disciplinare.
«Abbiamo rilevato, grazie a uno studio del Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze, che le migliori caratteristiche qualitative si sviluppano tra i 16 e i 18 mesi» spiega Emore Magni, direttore del Consorzio che racchiude 20 produttori tra Firenze, Pistoia, Pisa, Siena e Arezzo. Anche il Prosciutto Toscano che si trova nelle gastronomie Coop.fi, a taglio o nelle vaschette, è stagionato 16 mesi. «Questo lasso di tempo esalta le essenze caratteristiche e permette di raggiungere il giusto tasso di umidità, rendendo il prosciutto più “tirato”, rispetto a un Parma Dop o a un San Daniele, ossia con una fetta bella compatta che si può tagliare col coltello».
Un pizzico di pepe
Bacche di ginepro, aglio, pepe, alloro e rosmarino sono alcuni degli aromi scelti per la salatura, eseguita all’inizio del procedimento, dopo la rifilatura con il tipico taglio “a V” della cotenna, e ogni salumificio custodisce gelosamente le proporzioni, aggiungendo alla ricetta erbe del territorio previste nel disciplinare, poiché il profilo gustativo dipende da questa combinazione unica.
Nonostante il toscano abbia una percentuale di sale equiparabile a quella di altri prosciutti considerati “dolci”, al palato risulta più sapido per effetto delle spezie, un sapore che lo rende perfetto con frutti dolci e succosi come melone, fichi o mango oppure accompagnato al classico pane “sciocco”.
La fetta di mercato
Segni particolari che hanno sancito un successo anche fuori dalla terra natia. Una buona fetta di mercato è rappresentata dall’Italia, con in testa Lombardia e Piemonte, il 15% della produzione vola all’estero, per lo più in Europa, ma sta crescendo l’interesse negli Stati Uniti, Paese verso cui l’anno scorso le esportazioni sono salite del 30%. «Ancora non siamo ai livelli pre-Covid, tuttavia nel 2021 sono iniziati ad arrivare buoni segnali – assicura Magni -: nel mondo c’è ancora tanta voglia di Toscana». Proprio per rilanciare questa eccellenza, è stata stretta un’alleanza promozionale con un’altra Dop, il Pecorino Toscano. Squadra che vince non si cambia, neppure a tavola.