Baccalà e stoccafisso sono degli ex cibi poveri che hanno conquistato i palati più raffinati, fino a diventare piatto eletto dagli chef gourmet di tutto il mondo.
Un classico della tradizione culinaria del periodo che precede la Pasqua, è presente sulle tavole di quasi tutta Italia, ricco di storia, nutriente e gustoso, da sperimentare nelle varie ricette regionali.
Due metodi di conservazione ma un solo pesce
Baccalà e stoccafisso, la materia prima è sempre il merluzzo, di carne bianca e delicata, trattata con due diversi e antichi metodi di conservazione: il baccalà è conservato sotto sale, lo stoccafisso è essiccato, due procedimenti che danno un gusto e una consistenza unici rispetto al pesce fresco.
Nel caso del baccalà il pesce viene pulito, aperto e messo sotto sale per circa tre settimane fino a quando ne assorbe almeno il 18%. Lo stoccafisso, storicamente prodotto tipico e esclusivo della Norvegia, viene essiccato all’aperto su apposite rastrelliere per circa tre mesi (da febbraio a giugno), con il solo aiuto del sole e del vento.
Baccalà e stoccafisso nei carrelli
Pescato nei mari del nord Europa e acquistato da vari fornitori nazionali, è presente tutto l’anno sui banchi dei Coop.fi come baccalà, nelle varianti salato e già bagnato, e come stoccafisso, secco e bagnato. Negli ultimi 3-4 anni mutazioni climatiche, stagioni negative e un balzo della domanda internazionale hanno fatto lievitare il prezzo, fino agli attuali 18-20 euro circa al kg. Nonostante ciò, se ne vende in grande quantità: al primo posto il baccalà, con vendite costanti del salato e in aumento per quello bagnato.
Dalle Alpi fino alle isole
Entrambi i prodotti sono diffusi nella tradizione culinaria italiana, lo stoccafisso soprattutto in Veneto, Liguria, Campania, Marche, Calabria, mentre il baccalà in Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sicilia. Piatto tipico del venerdì di Quaresima, in Italia e in Toscana arriva a tavola fatto, o rifatto, in vari modi: a Firenze usa il baccalà “in zimino”, con le bietole, o semplice “alla fiorentina” (con prezzemolo, aglio e pomodoro).
A Viareggio piace fritto, con salsa di acciughe e capperi, mentre a Livorno si fa a polpette. A Pisa, è baccalà con i ceci o stoccafisso alla pisana, cotto in umido. Sull’isola d’Elba, baccalà panato e fritto, in umido con patate e, per i palati robusti, stoccafisso all’acciugata, con aglio, peperoncino e un rosso per stemperare.
Quali vini abbinare a baccalà e stoccafisso
Gli spunti di Fisar e Ais per abbinare il vino a due classici della tradizione gastronomica.
Baccalà fritto
Il piatto: unto, sapido, aromatico
Il vino: fresco, agrumato, minerale
Fisar consiglia Pomino Bianco di Frescobaldi: buona acidità per pulire la bocca dall’unto, corpo medio per sostenere la struttura del pesce e buon patrimonio organolettico per accompagnare gli aromi tipici del baccalà.
A tavola: da servire a una temperatura di 10°C con la frittura croccante, ben calda ma non bollente.
Stoccafisso alla livornese
Il piatto: unto, sapido, succulento
Il vino: fresco, morbido, equilibrato
Ais consiglia Salento Igp 2017 Negroamaro Rosato Notte Rossa San Marzano: rosa intenso con riflessi purpurei, discreta complessità con riconoscimenti di lampone, fragola, ciliegia e violetta. Bocca decisa, di buon corpo, con note fresche e sapide.
A tavola: servire il vino a una temperatura di 8°C in calici a forma di tulipano.
La ricetta d’autore: Baccalà Montebianco
Preparato secondo la ricetta della Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, inserita nel 1895: a base di baccalà ammollato, olio e panna (o latte): ottimo, consiglia Artusi, servito “freddo con un contorno di tartufi crudi tagliati a fette sottilissime, oppure con crostini di pane fritto, o crostini di caviale”.