Uomini dalla corporatura robusta scendono lungo i sentieri affacciati sul luccichio del mare amalfitano. Sotto i piedi un centinaio di ripidi scalini, sulle spalle un carico di “oro giallo”: ceste piene di limoni della Costa d’Amalfi, sapore delicato e profumo unico. Fra piccoli terrazzamenti e straducole, è faticoso lavorare la terra, tanto fertile quanto impervia.
«In Costiera l’uso di macchine non è possibile, le piazzole dove coltiviamo i limoni si raggiungono solo a piedi, le operazioni sono manuali e il trasporto avviene a spalla». Valerio Bonito, un passato sui libri di giurisprudenza e un presente come coltivatore di limoni, parla sotto una pergola da cui pendono frutti gialli. «Le strutture in pali di castagno sorreggono la pianta e i rami nuovi vengono piegati a testa in giù per proteggere i limoni da grandine, vento e freddo. La linfa, scendendo verso il basso, crea un frutto molto più buono perché gli oli essenziali vengono trasferiti interamente nei limoni».
Crescono da marzo a giugno sotto l’influsso dei venti dal mare e dalla terra: il microclima ha fatto sì che questa coltivazione arrivasse nell’amalfitano fin dall’anno Mille, ai tempi della Repubblica marinara, entrando con il passare dei secoli negli usi comuni.
Un fazzoletto giallo
Ancora oggi si scorgono piccoli giardini di limoni, guardando i panorami di questo territorio dichiarato patrimonio Unesco.
«Ognuno di noi ha un fazzoletto giallo, dal parroco fino al direttore di banca», dice Carlo De Riso, presidente dell’azienda Costieragrumi, che raccoglie centocinquanta piccoli produttori in tredici comuni del litorale, da Vietri a Positano. «Diamo assistenza tecnica e agronomica per far sì che l’intera filiera sia controllata, dai terreni alla selezione del raccolto, tutta manuale perché il frutto è molto delicato».
Il limone Costa d’Amalfi, che dal 2000 vanta l’Indicazione geografica protetta Igp, viene poi “vestito” della rete Fior fiore: le confezioni da 750 grammi nel giro di poco tempo sono distribuite in tutto il Paese.
Questione di buccia
Quella del limone amalfitano è una delle quaranta filiere ortofrutticole italiane valorizzate dal marchio Fior fiore. «Ogni limonicoltore deve seguire un disciplinare – osserva De Riso – e negli anni siamo cresciuti proprio grazie ai controlli di Coop: ben vengano queste regole perché ci aiutano a migliorare».
Il segreto dell’oro giallo amalfitano sta anche nella buccia, non trattata dopo la raccolta, buona in cucina e per mille altri usi, come tramandano i nonni. «Prima contro il mal di testa non si prendeva l’aspirina ma si mettevano le fette di limone in un fazzoletto legato sulla fronte, mentre la buccia si usava al posto del dentifricio» spiega Carlo De Riso.
Tra i vecchi contadini c’è chi spreme i frutti per curare le ferite, forse perché, come dicono alcuni, nelle loro vene non scorre sangue ma succo di limone.
Un’idea in più
Ricetta spaghetti al limone
L’oro della Costiera Un piatto povero, nato fra i contadini amalfitani, semplice e fresco. Basta mettere in una ciotola aglio, succo di limone, olio e prezzemolo. Poi aggiungere gli spaghetti lessati. La buccia va grattata solo quando la pasta è nel piatto, per non far svanire gli oli essenziali.