Don Pino Demasi: “Dove non c’è tutela dei diritti, nascono le mafie”

Un parroco di frontiera contro l''ndrangheta

Il coraggio di ribellarsi alle mafie

Pino Demasi, referente Libera Piana di Gioia Tauro, da tanti anni è uno dei volti coraggiosi che si sono ribellati alle mafie. Lo abbiamo raggiunto sulla strada di ritorno Padova dove si è svolta la manifestazione nazionale della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Qual è il valore di questa Giornata?

“Sono già 24 anni che si celebra e penso che sia diventato un appuntamento veramente importante. Per tutti gli italiani e soprattutto per chi in nome dei propri familiari, vittime delle mafie, prova a costruire un mondo diverso, narrando un’Italia fatta di persone che credono che il Paese possa salvarsi dalle illegalità e dalle ingiustizie.
In tanti sono scesi in piazza e con la loro presenza hanno testimoniato che c’è un’Italia che vuole la tutela dei diritti e ci fa bene sperare che si possa avere la meglio su chi vuole distruggere invece che costruire”.

A chi è rivolto l’appello che si alza dalle piazze?

A tutti, anche ai governanti che fanno leggi senza prestare attenzione alle persone e ai loro diritti. Contro i migranti ad esempio, i cui diritti sono completamente ignorati. L’incendio scoppiato nella nuova tendopoli di San Ferdinando, che ha procurato la morte di una persona, dimostra che non c’è attenzione ai diritti umani e tantomeno se si tratta dei migranti.

Qual è la relazione fra lotta alle mafie e il problema dei migranti?

“Dove i diritti non vengono tutelati attecchiscono le mafie, perché le persone diventano funzionali al sistema mafioso. Un migrante sbattuto sotto i ponti o messo in una baraccopoli o tendopoli, dove il degrado dilaga, è più facile che entri nel giro della delinquenza. Dove c’è sfruttamento, caporalato, lavoro nero, in sintesi dove non c’è tutela dei diritti, lì c’è delinquenza”.

I testimoni contro le mafie lamentano però di essere stati lasciati soli…

Da parte dello Stato ci vorrebbe una maggiore attenzione, anche dopo la fase iniziale. Bisognerebbe che i testimoni di mafia che hanno avuto il coraggio di denunciare, venissero accompagnati nel reinserimento in una vita normale.

Per combattere le mafie cosa serve?

Molto importante è porre l’accento non sugli attentati, ma sulle esperienze positive come quelle delle cooperative di Libera, la Valle del Marro ad esempio, e su quanto di bello è sorto intorno ad esse. Come l’esperienza dei giovani che a Polistena gestiscono il palazzo confiscato alla ‘ndrangheta, facendolo diventare il Palazzo della gente e dimostrando allo stesso tempo che giustizia e legalità possono avere la meglio.

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