La cucina nel Medioevo

Dai maccheroni o ravioli con il formaggio parmigiano di Boccaccio all' àrista di Dante

Si narra che nella contrada di Bengodi esista una montagna di formaggio parmigiano grattugiato, sulla cui cima abita della gente che, dalla mattina alla sera, prepara maccheroni e ravioli, li cuoce nel brodo di capponi e poi li fa piovere giù per il pendio, dove chi più ne piglia più ne ha; lì vicino scorre poi un fiumicello di vernaccia… la migliore vernaccia che abbiate mai bevuto!

Questa meravigliosa contrada, che chiunque vorrebbe visitare per gustarne le delizie, è descritta da Giovanni Boccaccio nella terza novella dell’ottava giornata del Decameron. Già nel Medioevo, infatti, esistevano pietanze che ancora oggi sono presenti sulle nostre tavole, come il formaggio parmigiano, i maccheroni (in realtà l’identificazione dei maccheroni fiorentini del Trecento è controversa poiché, generalmente intesi come ‘gnocchi’, essi sono stati recentemente interpretati come una ‘pasta distesa sottilmente in falde’, l’equivalente di ‘piccole lasagne’, significato che ancora oggi sopravvive in Toscana), i ravioli.

La vernaccia, poi, vino bianco pregiato originario delle Cinque Terre, è attestata già nel Purgatorio di Dante, dove, tra i golosi della sesta cornice, Simon de Brion, canonico e tesoriere della cattedrale di Tours ed eletto papa col nome di Martino V, «purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia» (Purg. 24.19-24).

Che la lingua del cibo, dal Medioevo ai giorni nostri, sia caratterizzata da una forte continuità ci è noto grazie a vari documenti, non soltanto di natura letteraria. Abbiamo ad esempio i ricettari, come quello contenuto nel più antico manoscritto in volgare che ci sia finora pervenuto, grazie al quale sappiamo che nel Medioevo le ricette presentavano una struttura ben precisa, non dissimile da quella che seguiamo scrupolosamente noi oggi per realizzare i nostri manicaretti: una frase ipotetica in apertura, Se vuoli fare, seguita dal nome della ricetta e da una serie di imperativi di seconda persona singolare che scandiscono le varie operazioni da svolgere (togli…e togli… e metti). Ci sono poi anche libri e registri di spese: grazie a questi documenti sappiamo che già negli ultimi decenni del Duecento circolavano parole (e cibi) come pappardelle, mostarda, vermicelli, cialda, pane impepato…

È interessante poi il caso di àrista, parola di probabile origine greca che indica la ‘schiena e lombo del maiale’ e che per lungo tempo è stata collegata alle vicende del Concilio di Firenze del 1439 (Artusi infatti cita l’episodio nella Scienza in cucina, contribuendo alla diffusione di questa datazione); in realtà, grazie al registro di un convento di Firenze (l’attuale Santissima Annunziata) risalente alla fine del Duecento, sappiamo che àrista è parola ben più antica ed è infatti piatto noto a Firenze fin dagli anni della giovinezza di Dante.

Insomma: se grattugiando il parmigiano per insaporire un piatto di ravioli d’ora in poi penserete a Boccaccio e alla sua incredibile contrada, sappiate anche che la prossima volta che gusterete dell’àrista, magari insieme a un bel bicchiere di vino vermiglio (così si chiamava il vino rosso nel Medioevo), il vostro pranzo non sarà poi così diverso da un pasto che può aver gustato, tra una terzina e l’altra, il nostro grande Poeta!

(A cura di Chiara Murru)

Riferimenti bibliografici:

  • Frosini 1993 = Giovanna Frosini, Il cibo e i signori. La mensa dei priori di Firenze nel quinto decennio del sec. XIV, Firenze, Accademia della Crusca, 1993 («Quaderni degli “Studi di Lessicografia Italiana”», 6).
  • Frosini 1994 = Giovanna Frosini, Ancora su… Il cibo e i Signori, «Studi linguistici italiani», XX/2, n.s. XIII (1994), pp. 287-301.
  • Frosini 2009 = Giovanna Frosini, L’italiano in tavola, in Lingua e identità. Una storia sociale dell’italiano, Nuova edizione a c. di Pietro Trifone, Roma, Carocci, 2009 [2006] («Studi Superiori», 580), pp. 79-103.
  • Frosini 2021 = Giovanna Frosini, L’anguille di Bolsena e la vernaccia. Percorsi di cose e parole nella lingua del cibo, in La lingua italiana, Treccani, consultabile all’indirizzo https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/cibo_1.html
  • Murru 2021 = Chiara Murru, Tra Bengodi e il Palazzo di Arnolfo. La lingua del cibo nel Medioevo, in La lingua italiana, Treccani, consultabile all’indirizzo https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/cibo_2.html
  • Petrolini 2008 = Giovanni Petrolini, «Gnocchi», «gnocche» e «maccheroni». Nuove letture, in Robustelli Cecilia, Frosini Giovanna (a cura di), Storia della lingua e storia della cucina. Parola e cibo: due linguaggi per la storia della società italiana, Atti del VI Convegno internazionale ASLI, Franco Cesati Editore, Firenze Robustelli, Frosini (a cura di) (2008), pp. 513-529.
  • Pregnolato 2019 = Simone Pregnolato, Il «più antico» ricettario culinario italiano nel codice Riccardiano 1071. Appunti preliminari, nuova edizione del testo e Indice lessicale, in Tra filologia, erudizione e linguistica. Per Giuseppe Frasso, cinque giovani allievi, «StEFI. Studi di Erudizione e di Filologia Italiana», VIII (2019 [ma: 2020]), pp. 219-323

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