Come decifrare il linguaggio dei bambini più piccoli in caso di disturbi

Alcuni utili consigli a cura della dott.ssa Elena Chiappini, pediatra dell'Ospedale pediatrico Meyer di Firenze

È dimostrato: i bambini iniziano a provare dolore quando ancora sono nel pancione. «I bambini possono sentire dolore a qualunque età, persino durante la loro vita fetale – spiega Elena Chiappini, pediatra del Meyer -. Perciò nel bambino, anche piccolo, il dolore deve essere sempre ricercato, riconosciuto, misurato nella sua intensità e trattato».

Cosa ci aiuta a riconoscere il dolore?
Esistono alcune scale visive per misurare il dolore nel bambino piccolo, che considerano ad esempio l’espressione del viso, valutando la presenza di smorfie, come aggrottamento delle sopracciglia e del mento, il pianto, soprattutto se è intenso, di alta tonalità e continuo, e la postura del piccolo, ad esempio se le braccia e le gambe sono rilassate oppure rigide e flesse.

Inoltre, il sonno irrequieto, l’agitazione o la presenza di movimenti continui senza fasi di riposo possono essere segnali di dolore. Infine, il piccolo può respirare diversamente dal solito, con ritmo più veloce o irregolare. In ogni caso è necessario far valutare il bambino dal pediatra.

Come si distinguono le coliche del neonato?
Le coliche gassose sono una causa frequente di pianto incessante che spesso preoccupa i genitori. Non si tratta di una vera e propria malattia, ma semplicemente di un accumulo di aria nell’intestino che, distendendolo, provoca crampi a intermittenza. Si presentano soprattutto fra i 3 e i 6 mesi di età. Il bambino piange di solito per ore, e preferisce stare in posizione prona ed essere cullato e appoggiato delicatamente sul braccio del genitore.

Di solito la colica si risolve da sola in qualche ora, tuttavia ci sono dei campanelli di allarme da considerare nel lattante sofferente. È bene quindi valutare se il piccolo mangia meno del solito, non si attacca bene al seno, è irritabile o sonnolento, ha vomito o diarrea, o un respiro diverso, più frequente o più faticoso.

Come capire se ha problemi alle orecchie?
Nel bambino con dolore, che piange e appare sofferente, il fatto che si tocchi o si sfreghi l’orecchio può essere un segnale di una infezione. È bene anche in questo caso far visitare il piccolo dal pediatra per valutare la possibile presenza di un’otite.

In alcuni casi, nel momento in cui cessa improvvisamente il dolore, si nota la fuoriuscita di materiale giallastro dall’orecchio verso l’esterno. Questo fatto indica che il timpano si è perforato. In questa evenienza, anche se il bambino smette di piangere e sembra stia meglio, deve essere visitato velocemente e iniziare la terapia antibiotica per contrastare l’infezione.

Anche l’alito può essere indicativo di un malessere?
Nella maggior parte dei casi l’alito cattivo può essere dovuto semplicemente alla fermentazione di batteri presenti nel cavo orale con conseguente cattivo odore, magari per una scarsa igiene orale. Altre possibili cause sono le carie o le infiammazioni gengivali: per questo è utile un controllo clinico se il problema persiste malgrado una buona igiene. Se insieme all’alitosi si presenta un ristagno di muco giallo nella faringe, mal di testa e una febbricola persistente, è possibile che si tratti di una sinusite.

Più raramente la causa è un corpo estraneo nel naso, associato a ristagno di muco e secrezioni purulente. Nella prima infanzia, una causa comune e transitoria di alitosi è il cosiddetto “acetone”, con alito dall’odore simile a quello di mandorle mature: in questo caso la causa più frequente è un digiuno prolungato oppure sforzi o febbre, tutte condizioni che comportano un eccessivo consumo di grassi per carenza di zuccheri. A volte però l’alito acetonemico è un segnale del diabete, che può colpire anche i bambini piccoli, quindi è bene parlarne al pediatra.

In pillole

  • Occhio alle smorfie del viso dei neonati
  • Per il dolore all’orecchio una visita è sempre utile
  • L’alito cattivo ha molte cause differenti

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