Gli animali secondo Leonardo da Vinci

Il grande artista racconta un bestiario molto variegato e mostra il suo lato sensibile ed inedito

Nel Cinquecentenario dalla sua morte, di Leonardo è stato detto di tutto di più, ma forse resta ancora qualcosa da scoprire: ad esempio che era un amante della natura e a suo modo un ambientalista ante litteram.
Lo sa bene Luca Caricato, ex docente del Laboratorio di cinematografia dell’Università degli Studi della Basilicata ed esperto vinciano: è lui che, sovrapponendo all’originale una copia speculare della Vergine delle Rocce, ha svelato la presenza di simboli volutamente nascosti dallo stesso Leonardo.

«Egli guarda la realtà e la natura con gli occhi dello scienziato e in essa trova ispirazione per qualsiasi cosa – spiega Caricato -. “Data la causa, la natura opera l’effetto nel più breve modo che operar si possa”, scrive Leonardo, suggerendoci, qualora incontrassimo un problema, di non affannarci per risolverlo, perché la natura l’ha già fatto, nel minore tempo possibile e nella maniera più efficace».

Gli animali sono molto presenti nei suoi quadri, studi e favole. Tra i dipinti più iconici c’è La dama dell’ermellino, che ritrae Cecilia Gallerani con in braccio l’animaletto. «In realtà – precisa Caricato -, quello è un furetto domestico, molto più gestibile rispetto all’ermellino che è una specie selvatica e difficilmente ammaestrabile. Con molta probabilità viene citato l’ermellino perché il suo manto candido è simbolo di purezza e incorruttibilità». E, infatti, scrive Leonardo nel suo bestiario contenuto nel famoso Codice H, l’ermellino “prima si lascia pigliare dai cacciatori che voler fuggire dell’infangata tana, per non maculare la sua gentilezza”.

Gli animali sono usati da Leonardo per descrivere vizi e virtù umane: la temperanza, la costanza, l’umiltà, la superbia, la falsità. Detti di uso corrente forse hanno origine proprio dagli scritti di Leonardo. Ecco come descrive l’ipocrisia attraverso il comportamento del coccodrillo: «Questo animale piglia l’omo e subito lo uccide. Poi ché l’ha morto, con lamentevole voce e molte lacrime lo piange, e finito il lamento, crudelmente lo divora. Così fa l’ipocrito che per ogni lieve cosa s’empie il viso di lacrime, mostrando un cor di tigre, e rallegrasi nel core dell’altrui male con piatoso volto».

«Molti aneddoti descrivono un Leonardo burlone – racconta lo studioso – pare che abbia incollato ali, cresta e corna finte a un ramarro vantandosi di possedere e allevare un cucciolo di drago. Il Vasari invece ne descrive il lato sensibile, quando dice che andava al mercato per comprare gli uccelli nelle gabbie per poi liberarli. A proposito della capacità di volare studia gli insetti, molti volatili e il pipistrello che, siccome è un mammifero, può essere d’ispirazione per l’uomo. Giunge alla conclusione che noi non avremo mai la forza muscolare sufficiente per volare, ma intuisce il principio della fisica moderna del volo planare, su cui si basano gli aeroplani attuali che non hanno ali a battente, ma che si muovono grazie alla propulsione dei motori a scoppio o sfruttando le correnti di aria calda. Arriva a queste conclusioni osservando il nibbio che usa le correnti per planare restando immobile in aria».

Molti si sono chiesti che cosa farebbe un genio di questo calibro se vivesse ai tempi nostri. «Carlo Pedretti, fra i massimi esperti di Leonardo, anni fa diceva che avrebbe fatto il regista cinematografico; lo credo anch’io, anche se oggi a causa dell’emergenza climatica e ambientale, probabilmente si dedicherebbe alle energie rinnovabili – conclude il ricercatore – e avrebbe a cuore la sorte del nostro pianeta e dei suoi abitanti».

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