Una canzone per il clima

La canzone della Resistenza diventa simbolo della lotta per l’ambiente. Il merito è di Nic Balthazar, regista e conduttore fiammingo, intervistato in esclusiva per l'Informatore

La seconda vita di Bella Ciao parte da lontano, precisamente da un’industriosa città del Belgio di nome Gent. Se ora la melodia della più nota canzone partigiana italiana risuona in inglese nei più disparati angoli del mondo e sulle piattaforme web, il merito è di Nic Balthazar, regista e conduttore fiammingo che nel 2015 sfrutta le enormi potenzialità del web per creare una canzone per il clima, cantata da migliaia di persone nelle più diverse e lontane parti del pianeta.

«Pensavo che una canzone potesse far conoscere il movimento ecologista più facilmente e mobilitare le persone coinvolgendole. Nell’era digitale non è necessario essere tutti nello stesso luogo: ognuno poteva cantare una parte della canzone e poi avremmo rimesso insieme tutti i pezzi. Così è nata Sing for the climate» spiega Balthazar.

Foto PROMO NIC Balthazar Lieve Blancquaert Kleur

E come siete arrivati a Bella Ciao?

Serviva una canzone con una melodia positiva, gioiosa e libera da diritti. Quindi, ci siamo messi a cercare canzoni tradizionali di varie parti nel mondo. Conoscevo Bella Ciao sin da piccolo e mi sembrava che potesse dare un messaggio positivo.

Bella Ciao è conosciuta in Belgio?

Le persone conoscono la melodia, ma non le parole. Anche io non conoscevo la storia della canzone e solo dopo ho saputo che la cantavano i partigiani durante la seconda guerra mondiale.

Avete valutato delle alternative?

Sì. Fra le canzoni tradizionali, ad esempio, abbiamo preso in considerazione anche We shall overcome (dall’inglese Noi trionferemo, ndr), canzone simbolo della protesta per i diritti civili negli Stati Uniti. La Canzone per il clima, però, doveva avere più ritmo e un refrain facile da ricordare.

E Bella ciao rispondeva a questi requisiti?

Sì, è facile da imparare, e quando ti entra in testa, non esce più. Inoltre è conosciuta nel mondo: esistono diverse versioni con testi diversi, in Russia ad esempio, ma non solo. Il ritornello si ritrova anche in una canzone kletzmer, genere musicale degli ebrei dell’est Europa nei secoli passati. Insomma, era la canzone perfetta.

Ed è piaciuta a tutti?

A moltissimi, visto che hanno aderito oltre 380.000 persone che hanno cantato, in più di 180 città, per salvare il nostro pianeta. Alcuni Paesi, come l’Ungheria, invece, non hanno apprezzato e c’è stata una sorta di boicottaggio, ma io non ho mai voluto dare un colore politico al mio progetto: il messaggio è sempre stato solo di stampo ambientalista. Per questo la frase che chiude la canzone è un invito all’azione.

… e infatti il testo dice “abbiamo bisogno di un futuro migliore e dobbiamo cominciare adesso”. Lei è ottimista o pessimista sulla questione ambientale?

Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, c’è una sola strada ed è quella di essere attivisti. L’Europa deve dimostrare al mondo che la crisi può diventare un’opportunità. Se hai dei figli, non hai alternative, devi muoverti ora, proprio come dice la canzone per il clima.

Forse non tutti sanno che…La vera storia

Bella ciao è considerata da tutti la canzone partigiana per eccellenza; in realtà studi recenti hanno confermato che prima del ‘45 veniva cantata solo da alcuni gruppi di partigiani nel modenese e attorno a Bologna. La canzone più amata dai partigiani era Fischia il vento.

Il legame con il motivetto kletzmer è stato scoperto da un ingegnere di Borgo San Lorenzo, Fausto Giovannardi, che nel 2006 a Parigi compra un cd con brani yiddish, fra cui uno del 1919, con un ritornello del tutto simile a quello di Bella Ciao. Ancora da scoprire il percorso di questo motivo musicale che dalle pianure euroasiatiche è arrivato fino alle valli dell’Appennino emiliano.

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