A marzo per le api c’è un appuntamento da non perdere. È quello con la natura che si risveglia e si riempie dei colori e dei profumi dei fiori. Dopo i mesi invernali trascorsi nell’alveare in glomere, cioè stando tutte raccolte in una sorta di cerchio-palla per mantenere una temperatura sufficientemente calda per la sopravvivenza della regina e di tutti gli altri, ritorna il ronzio del volo all’aperto. E per gli apicoltori a marzo ripartono le raccolte di miele, che poi si protrarranno fino a ottobre. Ma nel corso dell’anno cambieranno sapori e colori, perché varieranno le fioriture delle piante che offriranno il loro polline.
In Toscana le api inizieranno il lavoro con gli alberi da frutto e i fiori spontanei come il tarassaco, mentre sulla costa sarà l’erica a richiamare questi operosi impollinatori. Ad aprile e maggio si tufferanno su acacia e sulla e acacia.
A giugno si poseranno sui fiori di tiglio e di castagno. Nei mesi estivi è la volta del girasole, in autunno chiuderà la stagione il corbezzolo. La varietà di ambienti climatici tipica della regione permette infatti una produzione continua. «Questo fa sì che il miele sia un prodotto sempre diverso, con caratteristiche uniche sia dal punto di vista organolettico che nutrizionale.
Diversità garantita non solo dai mieli di piante specifiche, ma anche dal millefiori, che viene ingiustamente poco considerato e che, invece, in virtù della sua natura è speciale perché non è mai uguale a se stesso e ogni volta ha molte sfumature di sapore e colore che rappresentano il territorio» spiega Emily Mallaby.
Emily è un’assaggiatrice, iscritta all’albo nazionale degli esperti in analisi sensoriale del miele. L’Italia è l’unico Paese al mondo ad averne uno, istituito nel 2022 dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. Per diventare assaggiatori di miele, come per i sommelier del vino, è necessario seguire corsi di diversi livelli e superare un esame.
Come i pastori
L’Italia nel 2022 si è piazzata al sesto posto nella classifica europea dei produttori di miele, dopo Germania, Francia, Romania, Spagna, Ungheria. La Toscana è quarta o quinta per produzione fra le regioni italiane, a seconda delle annate. Circa 6000 gli apicoltori, «un mondo variegato composto da chi ha solo due alveari fino a chi ne ha mille» racconta Duccio Pradella, presidente di Arpat, la più numerosa associazione di produttori di miele della regione.
«In totale ci sono 110mila alveari che permettono di produrre un miele di alta qualità, che può incontrare tutti i gusti: infatti non si può dire in generale che il miele non piace, perché non ce n’è uno solo e, assaggiando le varie tipologie, è impossibile non trovarne uno che soddisfi il palato» aggiunge Pradella, che ha circa 700 alveari distribuiti nei dintorni di Firenze, nel Valdarno, in Val di Sieve, nel Chianti e all’Isola d’Elba. Occuparsene richiede un serio impegno perché è vero che le api fanno il miele da sole, ma l’apicoltore deve prendersene cura e, se necessario, spostare le arnie con il loro prezioso contenuto in zone più adatte a seconda delle condizioni climatiche. Una sorta di transumanza richiesta dal variare delle stagioni, ma ancor più dal riscaldamento globale: «Siamo come i pastori – dice Pradella -. Il cambiamento climatico rende più difficile la produzione di miele: in particolare le fioriture anticipate stimolano l’attività delle api, ma i ritorni improvvisi del freddo creano condizioni difficili per la loro sopravvivenza, mentre le gelate danneggiano i fiori. D’estate è il caldo eccessivo a mettere a rischio la produzione, per cui serve trovare luoghi dove le temperature sono più mitigate».


Annate difficili
«Negli ultimi anni si è nettamente ridotta la produzione di miele di acacia proprio a causa delle fioriture anticipate e delle successive gelate, ma altri mieli hanno avuto produzioni più abbondanti, come quello di sulla» racconta Paolo Betti, che ha numerosi alveari nella Val di Bisenzio. La sulla è una leguminosa che cresce abbondante nelle zone collinari soprattutto, ma non solo, del pisano e del livornese, e i cui fiori ad aprile-maggio tingono di rosso le piagge coltivate a grano.
Il cambiamento climatico non è l’unico nemico delle api, oggi: l’arrivo di insetti predatori, originari dell’Asia, ha portato nuove sfide per chi lavora nel settore. La vespa velutina si nutre principalmente delle api che cattura in volo: è un calabrone originario della Cina che è stato importato inavvertitamente in Francia con un carico di piante bonsai e da lì, attraverso la Liguria, è arrivato anche in Toscana. Sostenuta dalla Regione Toscana, è in corso un’attività di monitoraggio e di estirpamento dei nidi, lì dove vengono trovati, per cercare di ridurne la presenza. Ma questo nuovo nemico preoccupa gli apicoltori, così come le varie patologie che possono colpire gli alveari.
Concorrenza umana
Le difficoltà non arrivano soltanto dalla natura: «La concorrenza sleale ci danneggia – precisa Betti -: se viene importato miele da Paesi come l’Ungheria, dove costa molto meno, e poi viene venduto a un prezzo solo leggermente più basso di quello toscano, il problema è doppio, sia per noi produttori che per i consumatori, che magari pensano di consumare un prodotto locale perché confezionato in Italia e, invece, arriva da molto lontano». La norma sulle etichettature prevede l’obbligo di indicare l’origine del miele perché prodotto primario, ma basta anche una sigla in caratteri piccolissimi e questoa rendere difficile l’identificazione.
Ma perché dovremmo consumare proprio miele toscano? La risposta la dà il presidente di Arpat: «Certamente perché è buono, perché non costa molto di più di quello estero, ma anche perché il lavoro delle api e degli apicoltori è un importante presidio per l’ambiente.
Le api, nel loro lavoro quotidiano, compiono un’attività di impollinazione delle piante che sorvolano e su cui si posano, fondamentale per l’equilibrio naturale e per la produzione di moltissimi degli alimenti di cui ci nutriamo, come frutta e verdura.
Gli apicoltori, prendendosi cura delle api, si prendono cura della salute degli habitat in cui operano, garantendo la permanenza della biodiversità». Quanti sapori e significati in un cucchiaino di miele!


Dolce Toscana
Ecco una selezione dei mieli che si raccolgono nella nostra regione scelti dall’assaggiatrice Emily Mallaby.
- Millefiori. Unico e irripetibile, contiene tutta la varietà delle fioriture presenti in quel momento in quel luogo. Più di ogni altro rappresenta il territorio.
- Castagno. Per palati amanti dei gusti decisi. Di colore scuro, al naso ricorda il legno, il cuoio, l’affumicato. In bocca la dolcezza del miele si abbraccia all’amaro.
- Robinia Pseudoacacia. Chiamata comunemente acacia, ha un colore chiaro, un profumo fruttato e vanigliato; all’assaggio troviamo il confetto. Rimane liquido nel tempo.
- Tiglio. Chiaro, dal peculiare odore mentolato, ricorda gli oli essenziali e le erbe aromatiche. Anche all’assaggio lascia una sensazione di freschezza.
- Melata. Si distingue dai mieli di nettare per l’aroma maltato, caldo e caramellato. Il colore è molto scuro, è infatti il più ricco in sali minerali.
- Edera. Con una cristallizzazione così fine da essere impercettibile, è un miele che si scioglie in bocca, fondente come cioccolato, bianco come il burro.
- Sulla. Delicato e chiaro, con note di erba tagliata, cuore di carciofo, ma anche di burro fresco e dolci al cucchiaio.
- Eucalipto. Il suo profumo stupisce: richiama i funghi porcini! All’assaggio porta invece un aroma caldo, di creme caramel, caramella mou e liquirizia.
- Erica. Profumi e aromi di crostata alla marmellata, cannella, anice e un intenso caramello, che lascia in bocca un leggero finale amarognolo.
- Ciliegio. Dal profumo fruttato e speziato, all’assaggio la sensazione è quella del nocciolo della ciliegia: legnoso e fruttato insieme.
- Girasole. Di colore giallo acceso, come il fiore. Profumo delicato e fruttato, il gusto è avvolgente, dolce ma con una bella acidità, che lo rende fresco come un’albicocca.
- Melata di Abete. Si tratta di una rara e pregiata varietà di melata, che oltre alle note caramellate presenta aromi resinosi, di pinolo, di bosco e fruttati, di datteri.