In gergo tecnico si chiama MDD, marca del distributore, e sta conquistando gli scaffali dei supermercati. Il nome indica quei prodotti che sulla confezione portano il logo dell’insegna. Il mercato italiano si sta allineando a quanto già avvenuto in molti Paesi europei e la rivoluzione è in corso da qualche anno anche nei punti vendita Coop. E i consumatori dimostrano di apprezzare.
I numeri del boom
Il successo della marca del distributore nel nostro Paese coincide con l’ondata inflattiva più forte da quarant’anni a questa parte: dal mondo pre-pandemico del 2019 a oggi l’Istat registra un + 16,2% di inflazione, trainata prima dalla ripresa post Covid poi dai super rincari dell’energia e delle materie prime, che si è abbattuta sugli italiani negli ultimi tre anni.
In un’Italia con gli stipendi fermi da lustri, l’analisi Consumer Outlook 2024 condotta da Niq, azienda leader nell’analisi dei dati delle abitudini di consumo, certifica una perdita del potere d’acquisto del 7,3%, più che doppia rispetto a quella di altri Paesi europei – dal 3,3% della Germania all’1,2% della Spagna – dove l’aumento dei prezzi è stato accompagnato da un aumento dei salari.
Non stupisce, quindi, che gli italiani abbiano modificato i loro consumi, non solo riducendoli (-3,7% nel 2023), ma introducendo nuove strategie di composizione del carrello. I prodotti a marchio del distributore si sono fatti largo con numeri mai visti prima in Italia: secondo il XX Rapporto Marca, curato da Circana e presentato lo scorso gennaio, nel 2023 il prodotto con il marchio dell’insegna ha registrato un aumento di vendite raggiungendo il 22,1% di quota di mercato nella distribuzione classica, quota che sale al 30% se nel conteggio si includono anche i discount.
Una valida alternativa
Luigi Rubinelli, giornalista di settore e attento osservatore dei fenomeni della distribuzione moderna, spiega il fenomeno in questo modo: «Sicuramente c’è un fattore legato al prezzo: i prodotti con il marchio dell’insegna sono mediamente più economici di quelli delle grandi marche. Ma il prezzo da solo non basta, c’è anche un contenuto di qualità che i consumatori italiani hanno iniziato ad attribuire ai prodotti a marchio».
Parlano chiaro in questo senso le ultime rilevazioni Nielsen IQ secondo cui il 43% di chi acquista considera i prodotti a marchio una valida alternativa alle grandi marche, il 38% ritiene che abbiano un buon rapporto qualità-prezzo, mentre circa 1 italiano su 4 (il 27%) si fida proprio perché li ritiene certificati dallo stesso distributore. «Oltre a prezzo, qualità ed esperienza del prodotto – continua Rubinelli – un altro elemento fondamentale è la fiducia nell’insegna che, con il suo nome, si fa garante di ciò che propone».
I consumatori sanno che l’azienda distributiva non produce in proprio: dietro ai prodotti a marchio c’è un mondo produttivo fatto da moltissime piccole, medie e grandi imprese e, in piccola parte, dalle stesse aziende che producono i marchi più noti. «I consumatori comprano fidandosi dell’insegna, dei suoi valori, della sua credibilità come impresa. Si fidano di quel logo, un filo rosso che guida il carrello negli acquisti» conferma Rubinelli.
In casa Coop
La rivoluzione ha toccato anche il prodotto Coop che, dal 2022 ad oggi, ha raccolto la sfida dell’innovazione con l’introduzione di cinquemila nuovi prodotti, fra quelli neonati e quelli rinnovati per contenuto o packaging, con 250 nuovi fornitori a marchio e 100 nuove categorie che coprono tutto l’arco dei bisogni e le diverse capacità di spesa, dal primo prezzo al top di gamma.
Per quanta riguarda l’origine, per l’84,5% sono fatti in Italia. Sul fronte delle materie prime, di cui il nostro Paese è spesso carente, il 31,2% ha esclusivamente provenienza nazionale (percentuale che sale al 43,7% se quella italiana è una delle origini possibili).
Con la sua ampia gamma il prodotto a marchio Coop rappresenta quindi una risposta alle crescenti difficoltà delle famiglie, ma anche alle tante e nuove esigenze dei consumatori, come spiega Domenico Brisigotti, direttore generale di Coop Italia: «Pensata in pandemia e attuata in questi ultimi due anni, la nuova offerta a marchio Coop risponde primariamente allo scopo cooperativo che è quello di tutelare il potere di acquisto delle famiglie. La convenienza è un obiettivo non disgiunto da valori per noi irrinunciabili, come qualità, trasparenza, eticità, di cui il prodotto Coop vuole essere la sintesi: anche se coniugare prezzi e qualità è una sfida sempre più difficile, con questo rinnovo profondo del prodotto a marchio ci impegniamo ancora più per vincerla, oggi e in futuro».
Mi piace perché
Se è ancora presto per i bilanci definitivi, perché il rinnovo si completerà nel corso del 2024, i numeri già danno conto del gradimento dei consumatori: nel sistema Coop il prodotto a marchio rappresenta oggi il 27% delle vendite, con percentuali in linea, e anche superiori, in Unicoop Firenze.
Da un’indagine realizzata da Sita Ricerca per Coop, le ragioni di apprezzamento per i nuovi prodotti a marchio da parte dei consumatori sono di vario tipo: perché sono buoni, perché hanno confezioni invitanti, perché offrono formati particolari o prodotti che le altre marche non hanno. E poi, ovviamente, c’è il prezzo più contenuto: «La risposta dei consumatori ci dice che il prodotto a marchio è un buon aiuto alle famiglie per contenere i tagli dei consumi – prosegue Brisigotti -. Anche guardando all’Europa, dove il prodotto a marchio rappresenta mediamente oltre il 37% delle vendite totali di beni di largo consumo, sappiamo che c’è ancora molto spazio di crescita per il nostro prodotto».
Italia ed Europa
Guardando fuori dal Belpaese, appunto, il fenomeno del prodotto a marchio appare molto più sviluppato, con un’incidenza che tocca il 47% nel Regno Unito, il 43% in Spagna, il 38% in Germania e il 33% in Francia, secondo le rilevazioni Nielsen IQ.
Resta ancora uno scarto importante con il mercato italiano, come spiega Rubinelli: «In altri Paesi, come il Regno Unito, la marca del distributore è comparsa sugli scaffali prima e ha avuto molto più tempo per consolidare il suo posto nel paniere degli acquisti abituali. In Italia c’era, ma era concentrata su un’offerta di base: qui è servito più tempo perché si sviluppasse come brand, con un’offerta completa, segmentata e in grado di coprire tutto l’arco delle esigenze di consumo. Se già da prima del Covid si annusava aria di cambiamento, la crisi inflattiva ha dato un’accelerazione senza precedenti al prodotto a marchio».
Le imprese della grande distribuzione hanno fiutato quel cambiamento e Coop lo ha inseguito con il vento in poppa.«Oltre al prezzo, conta l’esperienza del prodotto: i consumatori fanno i loro test, provano e poi decidono se riacquistare – conclude Rubinelli -. Perché questa rivoluzione continui, è fondamentale che il prodotto a marchio rispetti le promesse e un rapporto qualità-prezzo costante nel tempo». Il futuro è nelle mani di soci e clienti.
Vista scaffale
Negli ultimi due anni soci e clienti si sono abituati a fare i conti con uno scaffale che cambia, e fare la spesa è stata un’avventura fatta di tante novità e un pizzico di disorientamento.
Da novembre 2021 c’è chi entrato e chi è uscito: prima la linea del pomodoro, poi la colazione, poi la pasta, le nuove proposte per l’aperitivo, i primi piatti e condimenti, i surgelati, i prodotti per la cura della persona, la frutta secca e, ancora, da poco, il rinnovo del cibo per animali e dei prodotti per l’infanzia. E siccome non tutte le ciambelle riescono con il buco, qualcosa verrà rivisto nei contenuti, come le fette sottili per la colazione o i biscotti Vivi verde, o nella confezione, come il muesli Vivi verde, qualcosa uscirà di scena e qualcosa di nuovo ancora arriverà.
L’ultima parola ai consumatori!
Per saperne di più
Perdita del potere d’acquisto
Italia – 7,3%
Germania – 3,3%
Spagna – 1,2%
(Fonte Consumer Outlook 2024)
Prodotto con marchio del distributore
Surgelati (+2,7%)
Cura della persona (+2,1%)
Pulizia della casa (+1,8%)
Prodotti freschi (+1,6%)
(Fonte XX Rapporto Marca)