Terminate le fatiche sanremesi, che il conduttore fiorentino ha gestito col consueto stile ecumenico e rassicurante, è nuovamente il momento di pensare al futuro. Non senza prima guardarsi indietro: quello di Carlo Conti è un percorso che parte da lontano, quello di uno che ha cominciato da zero.
Per seguire la sua passione, la radio, si licenzia dal lavoro in banca (con grande disappunto della mamma, che però non ha mai mancato di incoraggiarlo), il classico posto fisso e sicuro, per lanciarsi nel mondo delle televisioni locali e di quelle che, al tempo, venivano chiamate radio libere. Una la fonderà anche, a Scandicci (FI), Radio Antenna X. Un vero e proprio salto senza rete, col rischio di farsi male davvero. O bene bene o male male, come si dice da queste parti.
Come poi sia andata davvero, lo sappiamo tutti: una crescita continua che lo ha portato, non senza anni di gavetta, da piccolo eroe locale dell’etere toscano a volto nazionale riconoscibile e riconosciuto, un veterano della Rai, con ben quattro Sanremo alle spalle.
La ribalta nazionale e le sirene romane non hanno spento il suo spirito fiorentino: l’amore per la squadra viola, seguita a distanza sulle radio locali, la passione per la comicità toscana che ha segnato passi importanti della sua carriera e l’immancabile presenza di alcuni amici di sempre che – con lui – hanno condiviso parte del percorso, come Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni; quest’ultimo, pochi giorni prima del festival, non ha mancato di prenderlo amichevolmente in giro in una clip poi diventata virale su internet. A dispetto della fama e dei nuovi media, la radio – dove tutto è iniziato – resta ancora oggi una sua grande passione.
Come se la passa il mondo delle frequenze?
Nel 1980 i Buggles scrissero Video killed the radio star, ovvero la televisione ha ucciso la stella della radio. In realtà la radio è ancora una stella che brilla, in evoluzione, con ascolti che crescono. Oggi puoi sentirla anche a distanza con le varie applicazioni. Mi diverto qui a sentire sulle varie radio libere fiorentine, perché ancora mi piace chiamarle radio libere, i commenti sulla Fiorentina dopo la partita. È un mondo che, grazie ai nuovi mezzi, può ancora ampliarsi e ampliare la propria grande forza.
L’altro elemento che contraddistingue la sua carriera è quello della comicità toscana. C’è qualche nome oggi che segue?
È cambiato il mondo e son cambiati i mezzi, tutte queste nuove realtà stanno uscendo dal web. Penso alla fiorentina Ginevra Fenyes, al pisano Jonathan Canini o a WikiPedro che sono tutti partiti da lì. Ai miei tempi si partiva dalle cantine, dai localini e c’era un altro tipo di fermento. Cambia anche il modo di fare comicità, in maniera più diretta quindi, più sketch, più di situazione e meno di battuta, di monologo o di scrittura.
Nel mondo dell’intrattenimento l’esplosione della stand up comedy è sicuramente tra i fenomeni più rilevanti. Che parallelismi vede con quello che facevate 30 anni fa a Vernice Fresca?
Apparentemente c’è un pubblico più vasto, però è anche il mondo della comicità che è più grande: per assurdo ci sono più comici, per cui diventa più difficile scovarli, scoprirli e catturare l’attenzione del pubblico. Noi partivamo da realtà più piccole e poi piano piano da quella fiorentina cercavamo quella nell’area provinciale, poi quella regionale, da conquistare provincia dopo provincia. Era un crescendo e i nostri riferimenti erano le radio private e le tv locali. Un percorso diverso, quindi, rispetto a quello di oggi che, apparentemente, può essere più rapido e immediato grazie ai social e al web.
Crede che oggi sarebbe possibile ripetere un programma anarchico come quello?
No. Credo che siano cambiati i tempi e sia cambiato il modo di fruire un programma comico, più – appunto – legato alle situazioni e meno alle battute e alla scrittura. Anche se una cosa che faceva ridere 40 anni orsono fa ridere anche oggi.
Questo è vero, anche se magari alcune cose non si potrebbero più dire. Il confine tra quello che è concesso e quello che non è concesso è cambiato parecchio.
Beh, certo. Il politicamente corretto ci sta portando in un mondo falsato, meno spontaneo e meno vero.
Parliamo di musica: per quanto riguarda la scena toscana c’è qualche artista che le piace?
In Toscana abbiamo tantissime realtà, sia di ieri che di oggi. Anche al Festival di Sanremo ci sono stati alcuni rappresentanti: Corsi, Gabbani e Irama. Poi c’è Masini che è venuto per le cover. C’è sempre un bel fermento ma la musica, per fortuna, non ha troppi regionalismi. Quando una canzone è bella, è bella.
Che rapporto ha con social?
Scarsissimo, sono abbastanza asocial (ride). Commentavamo con Leonardo Pieraccioni che uno magari fa un film, lo deve scrivere, cercare le location, girarlo, montarlo, metterci le musiche, farlo uscire, ci mette impegno e sacrificio e, sì, hai un certo tipo di eco. Poi invece fai una clip divertente come quella che ha fatto su di me su Instagram e ti ritrovi sull’Informatore, su tutta la stampa nazionale, ne parlano tutti e diventa una cosa virale.Tantissimi mi hanno fermato per parlarmi del video di Pieraccioni (dove l’attore “lamenta” di non essere stato chiamato dall’amico a Sanremo e gli ricorda che quando avevano 20 anni erano lui e Panariello a portargli la crema doposole, ndr). Una piccola cosa sul web può avere una deflagrazione veloce e incredibile. Tutto viene ingigantito, gonfiato e si muove a macchia d’olio. Attenzione però, anche le notizie false e le cose non vere viaggiano veloci e non verificate.
Le è mai capitato di esserne protagonista?
Costantemente, anche per questo festival. In un’intervista mi è stato chiesto che canzoni stavano presentando i cantanti in gara, e io ho risposto dicendo che – in linea generale – parlavano più dei micro-mondi, quindi di rapporti personali, invece che del macro-mondo, di ciò che ci circonda. E subito il web ha ingigantito e trasformato la cosa in «Conti non vuole canzoni che parlano di guerra a Sanremo». Quindi cambiando completamente il senso di quello che avevo detto.
Tuo figlio come ti vede? Vuol seguire le orme del padre?
No, è ancora piccolino, compie undici anni adesso. Anzi, prima del festival mi ha : «Vengo, ma io vado a letto, mi metto il pigiama e ti guardo in camera».
Che cosa gli piace fare?
Deve ancora capirlo, com’è giusto che sia. Come ho fatto io che, verso la fine delle medie, primi anni delle superiori, quando nascevano le radio private, ho capito che quella era una cosa che mi piaceva e ho iniziato a farla. Non facciamo crescere troppo velocemente i bambini.
Ecco, a questo proposito: gliel’ha dato il telefonino?
Ancora no. Il patto è che lo avrà in prima media. Forse (ride)…