I “tarta dogs”

Cani addestrati per intercettare i nidi di tartaruga Caretta caretta, fedeli alleati anche nella conservazione della biodiversità

Ancora una volta i cani dimostrano di essere alleati importanti nelle attività umane. Il loro fiuto, questa volta, è messo al servizio della conservazione della biodiversità. Sono stati chiamati “tarta dogs” perché il loro compito è quello di intercettare i nidi di tartaruga Caretta caretta. Questa tartaruga, che prima nidificava sulle coste di Libia, Grecia, Turchia e Cipro, si è estesa rapidamente verso altri Paesi del Mediterraneo occidentale.

In Italia, secondo un dato di Legambiente, nel 2023 siamo passati da una decina di nidi a circa 450. Un numero ancora più significativo se si registrano anche i tentativi di nidificazione andati a vuoto a causa dell’inquinamento luminoso, che disorienta gli animali. Anche in Toscana il numero dei nidi è in aumento a causa dell’innalzamento della temperatura del mare: l’anno scorso ne sono stati registrati 24.

Un addestramento di 6 mesi

Quest’estate, passeggiando sulla spiaggia, potreste dunque “inciampare”, a vostra insaputa, in un nido di tartaruga (da segnalare prontamente!), oppure avere la fortuna di vedere un “tarta dog” al lavoro. «I cani sono già un prezioso aiuto in altre parti del mondo per progetti di monitoraggio finalizzati alla conservazione della natura – ci spiega Nino Morabito, responsabile fauna e benessere animale di Legambiente -.

Il loro supporto è fondamentale perché compensano quello che l’essere umano non è in grado di fare». In alcuni casi, infatti, i nidi non sono facilmente identificabili perché le tracce, nell’arco di due o tre giorni al massimo, non sono più visibili a causa degli eventi atmosferici, oppure perché cancellate dalla pulizia meccanica degli arenili.

«Se anche la loro presenza viene segnalata per tempo da qualche accorto bagnante, passa qualche giorno prima che gli esperti autorizzati possano andare sul posto per fare i controlli, in alcuni casi quando è già troppo tardi, perché le tracce sulla sabbia non ci sono più».

I cani hanno seguito un addestramento di 6 mesi con l’Enci, Ente nazionale cinofilia italiana. «Siamo partiti con 20 unità cinofile, ma ne abbiamo messi in formazione solo 7, i soggetti più equilibrati e preparati».

I “tarta dogs”, infatti, oltre a imparare come usare il loro straordinario olfatto, devono essere in grado di relazionarsi correttamente con l’ambiente circostante: ignorare la presenza di altri cani e non disturbare altre specie che nidificano negli stessi litorali, come il fratino (Charadrius alexandrinus), per esempio, un piccolo trampoliere la cui presenza è minacciata non solo dall’inquinamento, ma anche dalla massiccia invasione di vacanzieri.

Vietato perdere tempo

«Può anche capitare che una mareggiata disperda la posizione di un nido già censito – aggiunge l’etologo – e i cani sono in grado di ritrovarlo. Oppure che le tracce lasciate dalle tartarughe segnalino un nido dove però le uova non sono state deposte. Anche in questo caso il “tarta dog” è prezioso perché è stato addestrato per segnalare solo quelli che hanno le uova, evitando così perdite di tempo».

Ma cosa fare se intercettiamo un nido di tartaruga prima di un “tarta dog”? «Si deve avvisare la capitaneria di porto – consiglia Morabito – che lo segnala attraverso gli uffici regionali preposti a chi può metterlo in sicurezza».

“Tarta dogs” è un’attività prevista dal progetto “Life turtlenest” cofinanziato dal programma Life dell’Unione Europea, coordinato da Legambiente in collaborazione con l’Enci, con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e con numerosi partner stranieri.

Oltre alla ricerca scientifica, è importante la collaborazione con gli stabilimenti balneari, gli operatori turistici e le amministrazioni locali.

Per informazioni

legambiente.it/progetti/lifeturtlenest/

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