Storie di cooperazione

Pane e carne per tutti grazie ai prezzi ribassati delle cooperative, anche negli anni Cinquanta

L’assemblea edotta della situazione, piuttosto che rendersi complice del trust dei produttori di grano e dell’influenza affamatrice del dazio, delibera di rinunziare a parte o a tutti i profitti dell’anno in corso, devolvendo questi a sopperire le maggiori spese per la continuazione della vendita del pane.

È il 10 febbraio 1909 e la decisione è presa: la cooperativa di Sesto Fiorentino rinuncerà a tutti i profitti pur di mantenere stabile il prezzo di un genere di prima necessità, il pane. Quale altra impresa avrebbe agito così, rinunciando a dei guadagni per aiutare i più deboli? Per una cooperativa infatti il profitto non può essere il fine primario. Questo principio è condiviso oggi in misura talmente vasta da essere dato per scontato. Ma i passaggi per arrivare a questo stato di cose sono stati molti e cruciali. Lo spirito-guida cui si deve la vera continuità del modello dell’impresa cooperativa è la responsabilità sociale, mentre l’elemento-chiave per la declinazione di questo esercizio è da sempre l’azione di calmiere dei prezzi, fatta soprattutto per quei beni alimentari ritenuti indispensabili per chiunque: il pane e la carne.

I documenti custoditi nell’Archivio Storico di Unicoop Firenze (presso la sede centrale fiorentina di via Santa Reparata), dai quali è stato tratto il progetto di mostra “ArchiVi_Vi” inaugurato a novembre 2019, offrono numerose testimonianze.

Esemplare, in questo senso, un altro verbale d’assemblea generale della cooperativa di Sesto Fiorentino datato 19 settembre 1914. La Grande Guerra è esplosa da nemmeno due mesi, e l’Italia vi entrerà l’anno successivo, ma intanto c’è da spiegare perché mai i profitti della cooperativa non siano in linea con l’aumento degli incassi.

Di ciò si fa carico il presidente Adolfo Moscardi, che spiega questa dinamica dei profitti col fatto che la cooperativa abbia scelto di vendere molti beni a metà prezzo. E aggiunge:

D’altra parte possiamo andare orgogliosi di avere in questo momento agito da calmiere, in quanto se il nostro reparto macelleria non fosse esistito, la carne sarebbe certamente salita a prezzi elevatissimi.

Il principio è chiaro, ma non sempre quella parte dei soci maggiormente attenta all’equilibrio economico della società si dichiara d’accordo. Sicché, un anno dopo (assemblea del 22 settembre 1915), il concetto viene ribadito e rafforzato da uno dei circa 100 soci partecipanti all’adunata:

Poli Gaetano crede che lo scopo principale della Cooperativa sia di servire da calmiere; se in alcuni generi ci sarà scapito, in altri ci sarà guadagno, quindi guadagno certo.

Per carne e pane, quindi, la politica dei prezzi segue il principio della solidarietà verso la comunità, da esercitarsi attraverso l’opera di calmiere. E quanto all’oscillazione dei prezzi, essa non deve essere vista come un pretesto per apportare soltanto aumenti. Possono essere apportati anche ribassi. Di ciò si trova traccia più volte nei verbali di Consiglio d’amministrazione relativi alla Cooperativa di Santa Lucia (Prato).

Durante la seduta del 16 agosto 1956, si prende atto che il prezzo della farina è ribassato. Dunque, produrre il pane costa meno e ci sono le condizioni per abbassarne il prezzo alla vendita. Per questo motivo, la cooperativa guidata dal presidente Vasco Guarducci decide di convocare i fornai della rete e concordare la misura.

Grazie alla cooperativa, pane e carne per tutti, a prezzi più bassi, anche negli anni Cinquanta.

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