A Firenze la digitalizzazione degli erbari italiani

Nel capoluogo toscano, oltre due milioni di campioni botanici sono custoditi all'Erbario Centrale Italiano del Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze, il più grande d'Italia e fra i più importanti al mondo

Non solo arte, ma anche scienza. Non solo quadri, ma anche piante ed erbe: nel capoluogo toscano, oltre due milioni di campioni botanici sono custoditi all’Erbario Centrale Italiano del Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze, il più grande d’Italia e fra i più importanti al mondo.

Le piante? Un altro museo? Ancora il passato? Qualcuno storcerà il naso, ma un museo è anche il futuro: grazie al National Biodiversity Future Center (Nbfc), il primo centro italiano di ricerca sulla biodiversità, e con il sostegno del Pnrr a Firenze è iniziata la digitalizzazione della collezione fiorentina e di altre, per esempio Padova, Roma e Siena: oltre quattro milioni di campioni.

Stefano Cannicci, ordinario di zoologia e responsabile scientifico del Nbfc per l’ateneo fiorentino, ci spiega che cosa è un erbario e che senso ha oggi: «È una collezione di fiori, foglie o parti di piante, essiccati in ambiente controllato, conservati in cartelle: un’enorme biblioteca, con campioni vegetali al posto dei libri. Ogni campione riporta i dati di chi lo ha raccolto, dove, quando e altre info. È importante anche per capire il cambiamento climatico e i conseguenti spostamenti di specie vegetali e animali».

Ad Alessio Papini, direttore del dipartimento di Biologia a Firenze e responsabile della digitalizzazione, abbiamo chiesto il perché di questa operazione: «La scansione in alta risoluzione di tutti i campioni ne consente lo studio nei dettagli, senza spostarsi, risparmiando tempo e danaro: tutto sarà in rete, con accesso libero, tramite un motore di ricerca, per studiosi e appassionati nel mondo. Con una macchina che scannerizza migliaia di campioni al giorno, si prevede di terminare a fine agosto 2025».

C’era una volta

Ora facciamo un passo indietro e anche più d’uno. Se durante Medioevo e Rinascimento si studiava la natura per mezzo dei disegni, nel 1543 il medico imolese Luca Ghini fondò a Pisa il primo Orto botanico universitario al mondo e il primo erbario moderno, che avrebbero aiutato a trasformare l’immagine della botanica da ancella della medicina a scienza vera e propria.

Tre secoli dopo, nel 1842, intuendo la necessità di un rinnovamento della botanica e della fitogeografia (disciplina che studia la distribuzione geografica delle piante), il botanico palermitano Filippo Parlatore fondò l’Erbario Centrale Italiano: sotto la sua direzione divenne punto di raccolta di vegetali e centro di ricerche e scambi con scienziati di ogni Paese.

E che nomi nella collezione! Da Carl Peter Thunberg, fra i maggiori allievi di Linneo, a Charles Darwin – una pianta da lui raccolta nelle isole di Capo Verde è a Firenze -, a Odoardo Beccari, massimo studioso delle palme, ai cui diari dal Borneo si inspirò Salgari per Sandokan e i suoi tigrotti, a Fosco Maraini, che in Tibet, fra i 4000 e i 5000 metri di altitudine, raccolse 515 campioni di piante. E poi ci sono donne come Jeanne Baret, esploratrice francese e prima donna a fare il giro del mondo: travestita da uomo, nel 1766 s’imbarcò segretamente sulla nave che accompagnava Louis-Antoine de Bougainville. Sebbene i fogli d’erbario non riportino esplicitamente il nome della Baret, al museo ci sono numerosi campioni molto probabilmente raccolti da lei.

Curiosità

Conosciamo l’importanza delle piante. Ma le curiosità che le riguardano? Per esempio, dall’Indigofera tinctoria si estrae l’indaco dei tintori, usato già 4000 anni fa in India per tingere tessuti, oltre che in medicina, cosmesi e pittura; dal XIX secolo servì a colorare una resistente stoffa per abiti da lavoro di operai e minatori: nacque il jeans. Il Ginkgo biloba, vero fossile vivente, con le sue foglie a ventaglio ispirò alcune poesie di Goethe; nell’Ottocento, all’Orto botanico di Padova, su un esemplare maschio fu innestato un ramo femminile: ogni autunno produce ancora abbondanti semi.

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