Matteotti, martire e maestro di politica. Ma anche studioso di diritto, politico di livello internazionale, riformista, difensore strenuo della democrazia e uomo, nella sua dimensione privata e dei suoi affetti.
Questo emerge dal libro “Il nemico di Mussolini. Giacomo Matteotti, storia di un eroe dimenticato” di Marzio Breda e Stefano Caretti.
Il libro è stato presentato nello spazio soci del Centro*Montevarchi nell’ambito degli eventi Bibliocoop, in collaborazione con Casa Comune Montevarchi e la Fondazione di studi storici “Filippo Turati”. In occasione dell’evento abbiamo intervistato il prof. Stefano Caretti, coautore e vicepresidente della Fondazione di studi storici Filippo Turati.


A centouno anni dall’omicidio Matteotti, perché questo libro e quali novità emergono?
«Matteotti è stata una figura a dir poco trascurata: si è scritto molto del delitto ma si è scritto troppo poco della sua figura e della sua persona. Quello che ci siamo proposti con il libro, scritto a quattro mani con Marzio Breda, è di far conoscere Matteotti in tutte le sue sfaccettature».
Chi era Matteotti prima di morire e cosa diventa dopo il suo omicidio?
«Matteotti era una figura importante perché di statura politica internazionale. Partecipa a convegni importanti, dove parla, ad esempio, degli “Stati Uniti d’Europa”, delineando una visione molto anticipatrice rispetto ai suoi tempi. Quando cercò di far rivedere un trattato di pace che aveva penalizzato molti Paesi, scatenò una serie di nazionalismi rispetto ai quali Matteotti invocava una collaborazione economica e politica che potesse lanciare l’Europa, in un contesto in cui si stavano emergendo le due grandi potenze: Unione Sovietica e Stati Uniti d’America. Tutti elementi, questi, che dovrebbero aiutarci a leggere anche il nostro presente. La sua morte fa sì che lui diventi soprattutto un simbolo dell’antifascismo, tanto che all’estero fu costituito un apposito fondo internazionale Matteotti per le vittime del fascismo, prima, e del nazismo, dopo».
Oggi si respira un grande desiderio di nazionalismo. Che forma deve assumere l’antifascismo nel 2025?
«Matteotti ci dà una lezione ancora attuale: ancora oggi dobbiamo cercare di superare le forme estreme e le esasperazioni del nazionalismo che non portano certo a conseguenze positive. Del resto la storia ci insegna che nei momenti di crisi economica non sono i governi progressisti che possono avanzare, soprattutto laddove mancano le risorse per alimentare il welfare e dare supporto ai più fragili; al contrario, in queste fasi, sale l’onda dei populismi, con tutto ciò che questo significa».
Un libro denso, che racconta la storia ma parla anche del nostro presente, come ha commentato Valdo Spini, Presidente della Fondazione Rosselli, che ha introdotto la presentazione del libro: «Quello che dobbiamo fare oggi è non solo ricordare il momento finale del sacrificio di Matteotti, ma guardare in modo pieno alla sua figura: le sue idee, sull’istruzione, sul bilancio dello Stato, sul fisco, erano importanti e molto avanzate per il suo tempo. Il suo riformismo coerente e intransigente ha sfidato sia i fascisti che gli scettici. È con il sacrificio di Matteotti che si riscatta la democrazia in Italia e che il fascismo esce delegittimato, sia in Italia che fuori, per sempre».
Alla luce di un presente sempre più orientato verso nazionalismi di ultra destra, Spini ha concluso con una riflessione su cosa significa antifascismo, oggi, nel 2025: «Il presente crea grande preoccupazione, sembrano riemergono simboli, inni, gesti, inviti a dimenticare il passato… allora il richiamo è questo: l’Italia di Matteotti è democratica e antifascista e sono convinto che l’Italia di Matteotti corrisponde al consenso della grande maggioranza dei cittadini. Di Matteotti dobbiamo ricordarci, non solo nel centenario ma con un agire politico che sia coerente con l’eredità politica di questa grande figura».