Lorella Zanardo: educare i giovani ai media

Anche in Toscana la lezione spettacolo di Lorella Zanardo "Schermi: se li conosci non li eviti". Intervista all'autrice

 

Negli ultimi tempi le notizie di atti di bullismo e cyberbullismo si sono susseguite ed i genitori sono spesso impreparati di fronte a questa emergenza. Ragazzi e ragazze passano ore davanti agli schermi tra pc, tablet, e smartphone.

Giovani e media

Il Censis, nel Rapporto sulla Comunicazione del 2018, afferma che “I giovani si muovono con agilità nel sistema della comunicazione digitale, sfruttando più di chiunque altro tutte le opportunità offerte. Tra gli Under 30 la quota di utenti di internet supera il 90%, più dell’86% usa lo smartphone, più del 70% dei giovani è iscritto a Facebook e usa Youtube, più della metà dei giovani consulta i siti web di informazione, appena il 47% guarda la web tv. Oltre il 35% dei giovani ascolta la radio attraverso il telefono cellulare, su Twitter c’è un quarto dei giovani”. Circa il 25% dei giovani non spegne mai lo smartphone, nemmeno durante la notte.

Educare all’immagine

Autrice del documentario Il corpo delle donne, Lorella Zanardo propone “Schermi: se li conosci non li eviti“, una lezione spettacolo per formare gli adolescenti sul tema dell’educazione all’immagine. Da anni l’attrice-autrice incontra studentesse e studenti delle scuole secondarie. Racconta, evoca e ricostruisce l’immaginario presente sugli schermi quotidiani; guida il giovane pubblico alla comprensione dei principali temi riguardanti i mass media, la differenza di genere e la cittadinanza attiva con empatia e coinvolgimento.

Due appuntamenti in Toscana

Due gli appuntamenti in Toscana, legati ai percorsi di educazione ai media delle proposte educative di Unicoop Firenze: il 12 febbraio, al Teatro della Compagnia di Firenze, e il 13 febbraio, al Teatro Metastasio di Prato. Sul palco Lorella Zanardo che ha raccontato, e ricostruito le immagini degli schermi del nostro quotidiano, portando all’attenzione dei giovani temi importanti come gli stereotipi di genere e culturali, il cyberbullismo, le fake news, la gestione dei dati personali on line, la pubblicità buona e quella cattiva.

L’intervista all’autrice

Lorella Zanardo, attivista per i diritti delle donne, contro la violenza lotta apertamente tutti i giorni, facendo cultura ed educazione, e invitando a diffidare di un certo uso del corpo delle donne sui media.

Quanto conta l’educazione perché ragazzi e uomini abbiano il giusto sguardo sulle donne?

Ho lavorato molto sul corpo delle donne e sulle sue rappresentazioni sui diversi media, dalla televisione a internet agli altri dispositivi. Bambini, ragazzi, ma anche ragazze non nascono con uno sguardo sul corpo delle donne: lo acquisiscono.

Basta vedere come la televisione racconta le donne: sono sempre più giovani e belle della realtà e fanno sempre gli stessi lavori. Non ci sono donne mature né che fanno professioni “da uomini”.

Quanto conta il web nel formare la consapevolezza del rispetto per le donne?

I media confezionano e veicolano immagini distorte delle donne, che entrano nelle nostre case e nelle nostre tasche con gli smartphone. I genitori spesso non hanno gli strumenti per gestire il fenomeno: ci dovrebbe pensare la scuola. E non crediamo che serva una educazione su come usare i nuovi dispositivi.

Su questo i ragazzi sono molto più bravi di noi. Servono invece strumenti per leggerli, per acquisire consapevolezza e fare un utilizzo corretto dei contenuti che i nuovi media rendono immediatamente accessibili.

Quindi educazione nelle scuole e cosa altro?

Lavoro da anni nelle scuole, anche con il progetto delle proposte educative di Unicoop Firenze; quest’anno porteremo in giro in tutta Italia lo spettacolo Schermi, se li conosci non li eviti, che parte dalla lettura dei media per parlare degli stereotipi sulla figura femminile. Ma possiamo agire anche con azioni di protesta civile.

Ad esempio, facendo notare a chi pretende di venderci una macchina o un profumo, mostrandoci una donna spogliata, che quell’immagine non ci piace. Tante mail firmate ed educate possono portare le marche a chiedersi se questi modelli siano davvero efficaci.

La cronaca continua a raccontare casi di violenze e femminicidi. Davvero non c’è un argine a questa violenza?

Sono tanti i casi e tutti gravissimi, non voglio minimizzare, ma pensiamo a dove eravamo cinquant’anni fa. E pensiamo che noi possiamo fare molto, perché i diritti civili sono stati conquistati perché uomini e donne hanno lottato. Nel recente passato le donne non avevano il diritto al voto, conquistato grazie alle battaglie delle suffragette. Non lavoravano, mentre ora talvolta hanno anche lavori migliori e meglio retribuiti degli uomini.

Non è un caso se il 90% degli uomini che commettono delitti lo fa per gelosia o per non essere lasciati. È come se in questo modo volessero riaffermare l’ordine patriarcale di cui si sentono orfani. Per questo servono corsi di affettività e relazione nelle scuole, che invertano la tendenza alla mercificazione della donna che si ritrova nei media.

A proposito di media, infine, quanto contano i modelli?

I modelli sono fondamentali, perché formano le nuove generazioni. Andando nelle scuole, ci capita spesso di sentirci chiedere dove sono i modelli che incarnano quello che spieghiamo. Dovrebbero quindi moltiplicarsi le persone che come Malika sono capaci di proporre una immagine sana e consapevole della donna.

Dall’intervista a Lorella Zanardo sull’Informatore di novembre 2018
a cura di Serena Wiedenstritt.

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