Barbara Nappini: sostenibilità e resilienza, le parole del futuro anche in agricoltura

Le riflessioni della presidente nazionale Slow Food

Dal 17 e il 18 settembre Firenze ospiterà la riunione dei Ministri dell’agricoltura del G20 a Presidenza italiana. Questo incontro promette di ripensare la cooperazione tra i Paesi nell’era post Covid-19, rendendo al contempo concreti gli impegni assunti in un contesto multilaterale. 

Uno dei tre punti promossi dall’incontro è “Sostenibilità e resilienza dei sistemi agroalimentari” e queste due parole – “sostenibilità” e “resilienza” -, che adesso fanno parte addirittura delle agende dei decisori politici, anni fa era impensabile che venissero messe in relazione al cibo! Il rischio, d’altronde, quando parole così significative e dense diventano “celebri”, è che si possano svuotare e la loro ripetizione diventare una nenia astratta priva della necessaria concretezza. 

Il cibo è politica, cioè cosa di tutti: non può essere considerato una commodity, un bene indifferenziato; nella realtà ha un legame col territorio, una storia, un’identità, e la sua produzione può avere ricadute positive o negative sull’ambiente. Può essere dunque sostenibile, cioè non impattare dannosamente sul Pianeta, e resiliente, cioè può rispondere, adattandosi, alle sfide dei tempi. 

Slow Food, insieme alle altre organizzazioni che condividono gli stessi visione e valori e visione, può e deve fare pressione affinché i progetti che portiamo avanti vengano presi in considerazione come reali, concreti, laboratori del “possibile”, laddove si decide del futuro della produzione agroalimentare, dell’alimentazione, quindi di noi tutti.

Le proposte per sistemi del cibo locali, virtuosi, sostenibili e resilienti, appunto, con ricadute positive di carattere ambientale, sociale, culturale ed economico sui territori, sono costruite a partire da esperienze che mettono concretamente insieme piccole aziende di produttori e allevatori, pubbliche amministrazioni, prodotti agricoli, ristoratori e quella parte della società civile che ha imparato a riconoscere, a valutare, quindi a sostenere, una filiera buona, pulita e giusta. Per tutti. 

Coi progetti di Slow Ffood, che riguardino le osterie, i Presìdi, le mense, gli orti scolastici, si fa politica del cibo attraverso la cultura, l’arte, l’agronomia e le scienze, al contempo affrontando le tante crisi dei nostri giorni: ambientale, climatica, migratoria, sanitaria. 

Per il cibo si vive e si muore. 

Garantire resilienza e sostenibilità nei sistemi agroalimentari, è certamente una delle sfide di oggi alle quali guardare con fiducia e speranza: con la forza di chi crede nelle idee e nel potere dell’umanità di modificare gli eventi.

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