

Trama
Valeria, protagonista di questo romanzo, è una donna della classe media nell’Italia degli anni Cinquanta. Quarant’anni, due figli grandi, un marito disattento, un lavoro d’ufficio: Valeria è schiacciata tra i suoi ruoli di moglie, madre, impiegata. Un giorno però viene colta da un impulso che lei stessa reputa irragionevole e acquista un taccuino su cui comincia ad annotare le sue riflessioni. In questo spazio “proibito” trova i conflitti interiori, le frustrazioni, i risentimenti, ma soprattutto una sua individualità.


La citazione degna di nota
Questo quaderno, con le sue pagine bianche, mi attrae e nello stesso tempo mi sgomenta, come la strada.
Brevi attimi di gioia ci rendono più leggeri, felici.


Le nostre riflessioni
Scoprire di avere tanti, troppi conflitti interiori non è piacevole, ancor di più se ci si ritrova a gestirli in segreto.
Valeria usa la scrittura quasi come una terapia, un tramite per porsi tante domande e interrogarsi su ciò che vuole, su chi è davvero oltre ai ruoli che l’hanno sempre definita: moglie, madre, lavoratrice. Questo quaderno è l’unico modo che ha per mettersi in discussione come donna. Forse è proprio questo che rende il suo diario un segreto “proibito”: scrivere di sé le fa capire di più sul suo essere in gabbia in questi ruoli, e quanto vorrebbe che le cose siano diverse. Leggendo si può percepire la modernità di Valeria in certi suoi ragionamenti, ma rimane comunque una donna del suo tempo per come sceglie poi di agire. Proprio per questo le percezioni del gruppo sono state contrastanti.
Sicuramente è una storia che deve essere contestualizzata, per quanto può risultare attuale per certi aspetti. Alcune lettrici non sono rimaste colpite, soprattutto dai vari personaggi, reputati in generale poco piacevoli. Da certi punti di vista la fallibilità dei protagonisti dà loro un senso di veridicità. Uno dei punti forti del romanzo è proprio quello di essere una vera e propria testimonianza della vita di una donna italiana negli anni Cinquanta, di una famiglia borghese di quel periodo. Tante lettrici hanno infatti ritrovato tra le pagine di questo romanzo pensieri, abitudini e quotidianità dell’infanzia o anche qualche ricordo genitoriale. L’espediente narrativo del diario probabilmente non ha più la potenza che poteva avere al momento della pubblicazione, ma forse è il modo più adatto per accompagnare la protagonista nella sua autoanalisi.
Valeria capisce che la famiglia la dà per scontata, non si sente apprezzata, nemmeno quando la figlia prova ad aiutarla e la mette di fronte al suo senso di competizione, sensazione che la tormenta ancora di più. Questo forse innesca in lei un senso di riscatto: cerca e trova nel suo capo, che con il passare del tempo nomina solo come Guido, una via di fuga. Con lui potrebbe ritrovare quello che rimane di Valeria e basta, senza altre etichette, ma in fondo anche lei sa che non è così. Ha teneramente pensato che lui le avrebbe dato la felicità, ma non sarebbe comunque stata soddisfatta, perché Guido era solo l’idea di quello che poteva essere.
Un finale amaro, che può lasciare nel lettore spunti di riflessione sull’evoluzione della figura femminile di allora e di oggi, ma rimane una romanzo che non riesce a lasciare chiunque ci si approccia l’impatto che ha lasciato ai suoi tempi.


Lo consigliamo a...
A tutti.