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La ricreazione è finita

La ricreazione è finita

Autore Dario Ferrari

Casa editrice Sellerio, 2023

Pagine 480

La valutazione del Circolo

Che emozione ci ha lasciato il libro?

In collaborazione con Circolo di lettura sezione soci Coop Firenze nord ovest

I Circoli di lettura sono una comunità di lettori che si ritrovano, una volta al mese, per scambiarsi opinioni e sensazioni su un libro la cui lettura, individuale, è stata decisa di comune accordo.

Trama

Marcello è un trentenne senza un vero lavoro, resiste ai tentativi della fidanzata di rinsaldare il legame e cerca di prolungare ad libitum la sua condizione di post-adolescente fuori tempo massimo. La sua sola certezza è che vuole dirazzare, cioè non finire come suo padre a occuparsi del bar di famiglia. Per spirito di contraddizione, partecipa a un concorso di dottorato in Lettere, e imprevedibilmente vince la borsa. Entra così nel mondo accademico e il suo professore, un barone di nome Sacrosanti, gli affida come tesi un lavoro sul viareggino Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, dove però ha potuto completare alcuni scritti tra cui le Agiografie infami, e dove si dice abbia scritto La Fantasima, la presunta autobiografia mai ritrovata. Lo studio della vita e delle opere di Sella sviluppa in lui una specie di identificazione, una profonda empatia con il terrorista-scrittore: lo colpisce il carattere personale, più che sociale, della sua disperazione.

Contemporaneamente sperimenta dal di dentro l’università: gli intrighi, le lotte di potere tra cordate e le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funziona una carriera nell’università, perfino come si scrive un articolo «scientifico» e come viene valutato. Si moltiplicano così i riferimenti alla vita e alla letteratura di Tito Sella, inventate ma ironicamente ricostruite nei minimi dettagli; e mentre prosegue la sarcastica descrizione della vita universitaria, il racconto entra nella vita quotidiana di Marcello e nelle sue vitellonesche amicizie viareggine. Realtà sovrapposte, in cui si rivelano come colpi di scena delle verità sospese.

Che cosa contiene l’archivio Sella, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi? Perché il vecchio luminare Sacrosanti ha interesse per un terrorista e oscuro scrittore? E che cosa racconta, se esiste, La Fantasima, l’autobiografia perduta? La ricreazione è finita è un’opera che si presta a significati e interpretazioni molteplici. Un narrato in cui si stratificano il genere del romanzo universitario – imperniato dentro l’artificioso e ossimorico mondo dell’accademia -, con il romanzo di formazione; il divertimento divagante sui giorni perduti di una generazione di provincia, con la riflessione, audace e penetrante, sulla figura del terrorista; e il romanzo nel romanzo, dove l’autore cede la parola all’autobiografia del suo personaggio.

La citazione degna di nota

Per la prima volta in vita mia ho cominciato a sentire il peso dell’età. Al giro di boa dei trenta, riflettevo, i miei genitori avevano fatto un sacco di cose – figli, lavori, mutui, animali domestici – i miei nonni avevano fatto la guerra e ricostruito il paese, e i miei bisnonni erano morti per la spagnola (…) tuttavia, mi ero sempre detto, è oggettivamente assurdo paragonare generazioni (…) non avevano Internet, Ryanair e PornHub (…) ogni generazione fa storia a sé: noi abbiamo un’adolescenza ventennale ma sappiamo fare cose che i nostri nonni se le sognavano, come prenotare una vacanza in dieci minuti e memorizzare un numero vertiginoso di combinazioni di tasti per giocare a Pes

Le nostre riflessioni

Apparentemente può sembrare un romanzo di formazione: Marcello irrisolto eterno vitellone che cresce decifrando Tito Sella e invece, forse non è così. Il significato completo di questo bel romanzo è che di fronte all’impossibilità del cambiamento il senso della vita rimane comunque fine a se stesso.

Alla fine il risultato di questa bellissima lettura è la distruzione di tutto che culmina in una tragedia nichilista per l’io narrante e per l’ambiente provinciale toscano di riferimento tanto da contraddire la tesi di fondo: la superficialità (di Tito e Marcello) può talora forse “proteggere”, tenendoci “a distanza dal baratro in cui scivola chi si concede integralmente, senza remore e senza protezioni, con il rischio di essere risucchiato dall’abisso senza nemmeno rendersene conto”.

Ma non è così, di fronte all’impossibilità del cambiamento e come fa il protagonista alle conclusione meglio rinunciare a vivere. Un po’ tutti siamo condannati alla superficialità utilitaristico-edonista per tirare avanti…