Alla scoperta delle Case Museo dei personaggi illustri

Il 6 e 7 aprile, due giornate per conoscere le case museo dei personaggi illustri

Il Pontormo e Giuseppe Garibaldi, Indro Montanelli e Piero Bargellini: sono alcune delle personalità che hanno lasciato, nelle case della Toscana nelle quali sono nate o vissute, ricordi di vita quotidiana o del loro fugace passaggio, tracce del proprio processo creativo o intellettuale. Per custodire e valorizzare questo patrimonio è nata l’Associazione Nazionale Case della Memoria, guidata da Adriano Rigoli e Marco Capaccioli, che mette in rete 120 casemuseo (42 quelle toscane) in 14 regioni, e che il 6 e 7 aprile propone, con il sostegno di Unicoop Firenze, la 3ª° edizione delle“Giornate Nazionali delle Case dei personaggi iIllustri”: un fine settimana in cui l’Associazione invita le casemuseo di tutta Italia ad aprire le proprie porte per un viaggio affascinante. Fra arte, letteratura e politica, ecco alcune delle case toscane che è possibile visitare.

Il restauratore dell’alluvione

Un autodidatta pratese alla conquista del mondo: nel corso della sua lunga carriera, Leonetto Tintori (1908-2000) si è dedicato alle più diverse tecniche espressive di pittura e scultura, ma anche mosaico e scagliola, ma è come restauratore che ha raggiunto la fama internazionale. Davvero singolare se si considera la sua scarsa esperienza accademica, fatta di corsi artistici serali mentre si dedicava a tutt’altri mestieri, dal lattaio al filatore, al carbonaio; ma, come scrisse di lui Antonio Paolucci, «per essere buoni restauratori di arte bisogna amare, conoscere e praticare l’arte». Dopo gli inizi come decoratore d’ambienti, l’incontro della svolta con Ardengo Soffici, per conto del quale eseguì i suoi primi strappi (cioè la rimozione di un affresco dalla parete originaria). Inizia così la sua attività di restauratore, collaborando fra l’altro con la Soprintendenza di Firenze (dal 1954 al 1980 ne è il restauratore capo), e dirigendo alcune delle più importanti operazioni di restauro di tutto il ‘900: fra le tante, della Cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova, e il gran numero di salvataggi di opere d’arte danneggiate dall’alluvione di Firenze del ‘66. E poi l’estero, chiamato dal governo messicano a studiare i dipinti Maya e restaurare le moderne pitture di Diego Rivera; e ancora il continente asiatico, la Spagna e l’Inghilterra, il Sudan e New York…

Villa Tintori a Figline (PO), dimora dell’artista fino alla sua morte, custodisce circa cinquecento pezzi d’arte, mentre nel parco si trovano circa trecento ftra sculture e bassorilievi, realizzazioni di Tintori e di altri artisti toscani del ‘900, e un’opera raffigurante l’Arca di Noè che conserva al suo interno le ceneri di Tintori e di sua moglie.

Da scalpellino a scultore

«Sono nato sì, molto tempo fa. In una piccola casetta modesta scrostata dal tempo e dalla mancanza di mezzi». È una storia artistica ed umana molto diversa quella di Venturino Venturi (1918– – 2002), che raccontava così della sua nascita a Loro Ciuffenna (AR). La militanza antifascista del padre costringe la famiglia ad espatriare, ed è tra la Francia e il Lussemburgo che Venturi cresce e apprende dal padre, scalpellino, i primi rudimenti del mestiere. A metà degli anni ‘’30 è a Firenze, dove frequenta l’Istituto d’Arte di Porta Romana e poi l’Accademia di Belle Arti, stringe amicizie con artisti e letterati al tradizionale ritrovo delle Giubbe Rosse,; e dove, racconta la nipote Lucia Fiaschi, «molto si parlava di lui e delle sue sculture in cemento così diverse dalla tradizione cittadina».

Ma è dopo la liberazione di Firenze, nell’aprile del ‘45, che allestisce la sua prima mostra personale alla Galleria La Porta: «Poco dopo la città cominciò ad andargli stretta, Venturino non provava alcun interesse per gli estenuanti dibattiti sull’arte, né per gli schieramenti, bruciava di amore per l’umanità tutta e urgeva in lui la necessità di esprimere questa incandescente passione», scrive ancora Fiaschi.

Una lunga carriera nella quale, fra l’altro, vince, ex-aequo con lo scultore Emilio Greco, il Concorso internazionale per il Monumento a Pinocchio, indetto dalla Fondazione Collodi. Ma riconoscimenti e successo non gli interessano: «Critica e mercato tendono più volte la mano a Venturino Venturi, il quale però non ne vuol sapere di contrattare e contrattarsi», scrisse Wanda Lattes sul “Corriere della Sera”. Un uomo schivo, che padroneggia marmo e ferro, ceramica e legno, tela e carta, e che decide alla fine degli anni ‘’70 di ritirarsi nel suo paese natale. A Loro Ciuffenna, appunto, nNella sua casa-atelier, che oggi custodisce anche l’Archivio dell’artista e diverse sue opere, ha continuato a lavorare fino alla morte, avvenuta poco prima dell’inaugurazione di una sua antologica a Palazzo Strozzi.

Se decidete di andare alla scoperta di Venturi, non dimenticate di visitare il vicino Museo che ospita la maggiore collezione pubblica delle sue opere.

Poeta ed amante

«Quel tratto della Maremma che va da Cecina a San Vincenzo è il cerchio della mia fanciullezza…». Giosuè Carducci (1835 -1907) nacque a Valdicastello, una frazione di Pietrasanta (LU), ma a soli tre anni si trasferì con la famiglia del padre medico a Bolgheri, dove vissero per dieci anni, e poi, per un altro anno, a Castagneto (LI): è qui che si trova la casa-museo che è anche al centro di un progetto inclusivo della famiglia Espinassi Moratti-Scaramuzzi con la cooperativa Convoi per renderla accessibile ai visitatori non vedenti. Degno di nota anche il Museo Archivio Carducci.

La Versilia era però stata la residenza della famiglia per oltre due secoli, anche se l’origine era fiorentina e fra gli antenati si annovera un tal Francesco, penultimo gonfaloniere della Repubblica, a cui i Medici fecero tagliare la testa sullo scalone del palazzo del Bargello perché era il capo degli “arrabbiati”. Chissà che un po’ di quel dna non sia arrivato fino al Nostro, uomo dal carattere forte, polemico e fustigatore di malcostumi,; scontroso e iracondo – pare che la moglie dopo una delle sue sfuriate gratuite, gli abbia gridato «Poeta tu? Poeta dei miei stivali!» – che ha attraversato la fede repubblicana, poi mazziniana e infine si è convertito alla monarchia, affascinato dalla figura della regina Margherita. Una ammirazione reciproca che restò solo sul piano intellettuale: non così per le diverse avventure amorose che hanno accompagnato la vita di Carducci, tanto da far dire alla legittima consorte che «il mì Giosuè, poverino, ha consumato la gioventù curvo, giorno e notte, sui libri, senza conoscere l’amore. Così ora, quando gli capita a tiro un po’ di ciccia disposta al letto, si rifà anche di tutti gli arretrati».

Ma è lo stesso Carducci con cui generazioni di studenti hanno dovuto confrontarsi fra un «ribollir de’ tini» e un «t’amo pio bove»? Ebbene sì: il «professore-poeta» è stato anche amante della buona tavola e del buon vino, uomo gaio e burlone, a volte stanco delle «noie di lettere e di letteratura», tanto da sognare di cambiare vita ed essere «molto esperto e scienziato coltivatore di viti e fabbricatore di vini»: chissà, forse l’ispirazione gli è venuta proprio da quel lembo di Maremma.

Lo statista solitario

Non aveva invece tempo e neanche la predisposizione caratteriale per correre dietro alle donne o attardarsi con i piaceri della tavola Sidney Sonnino (18471922). Il padre banchiere e commerciante livornese di origine ebraica, al quale Vittorio Emanuele II concesse il titolo di barone in Toscana acquistò, fra l’altro, la vasta tenuta del Castello Sonnino a Montespertoli (FI): è qui che sono custodite intatte le stanze in cui lo statista visse e la sua biblioteca, oltre a un vasto archivio di lettere e documenti. «Il taciturno», lo definisce la stampa dell’epoca, che non registra nessun pettegolezzo o cenno alla sua vita privata. Qualcosa emerge dai carteggi, piccoli aneddoti che confermano il profilo di un personaggio totalmente dedito alla politica e al bene pubblico più volte ministro e capo del governo, riformatore del sistema agrario, sostenitore del suffragio universale preso da un tale inderogabile senso del dovere – «quella violenta repressione di ogni mio istinto di ogni mio affetto che ho sempre esercitato sin da bambino», di cui parla in una lettera che anche negli anni dell’università (alla quale fu ammesso a soli 15 anni, laureandosi a 18) non partecipa a nessuna iniziativa estranea al percorso di studi.

Una figura solitaria (non si sposerà mai), che occasionalmente lascia trapelare la necessità di essere confortato nei momenti di scoramento che lo colpiscono: «Sogno l’amore e non lo provo che imperfettamente. Credo alla felicità ma non ci credo per me stesso», scrive; e che sembra essere incapace di lasciarsi andare alle cose semplici, come imparare ad andare in bicicletta, o “velocipede” come si diceva allora: alla seconda lezione infatti non si presentò perché «gli causava palpitazioni». Però, ebbe tanto coraggio da volare con i fratelli Wright a Roma.

Agevolazioni per i soci Unicoop Firenze

Le visite prevedono, a seconda delle strutture, gratuità o agevolazioni (queste ultime sempre presenti, per i soci Unicoop Firenze, per le Case della memoria toscane). Per l’iniziativa del 6 e 7 aprile la prenotazione è obbligatoria.

Info per la prenotazione su: casedellamemoria.it

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