La scuola degli affetti

Una ricerca dell’Ufficio Studi Coop in collaborazione con Nomisma per capire la dimensione dell'educazione alle relazioni nella vita degli italiani e nelle scuole del Paese. Su duemila intervistati tra i 18 e i 65 anni, con una particolare attenzione alle famiglie,  il 70% vorrebbe che l’educazione alle relazioni diventasse una materia scolastica obbligatoria

L’educazione alle relazioni ha come principale obiettivo quello di rendere ogni persona consapevole di chi è, cosa desidera, come comportarsi al meglio con gli altri siano esse persone vicine, coetanei o partner. È una formazione a tutto tondo che coinvolge la sfera degli affetti e quella della sessualità. Potrebbe essere una materia scolastica ma in Italia non lo è, benché siano molte le voci di organizzazioni, movimenti, psicologi, pedagoghi o altri che la ritengono uno strumento importante anche lato prevenzione.

Coop aggiunge la sua voce a questo coro e lo fa partendo da “La Scuola degli affetti.  Indagine sull’educazione alle relazioni” una indagine svolta dal proprio Ufficio Studi con la collaborazione di Nomisma su un campione rappresentativo della popolazione italiana (2000 persone tra i 18 e i 64 anni).

A guidare i lavori un Comitato Scientifico formato da Linda Laura Sabbadini, ex dirigente del Dipartimento per le Statistiche Sociali dell’ Istat e oggi editorialista, Elisabetta Camussi, docente di Psicologia Sociale presso l’Università Milano Bicocca e Presidente della Fondazione Ossicini, Enrico Galiano, scrittore, insegnante e comunicatore sociale noto per il suo impegno nella diffusione di una didattica alternativa.

I dati emersi

I dati emersi sono molto netti; in sintesi il 70% del campione esprime il suo apprezzamento a che l’educazione alle relazioni divenga una materia scolastica obbligatoria e ben 9 italiani su 10 ritengono che proprio l’insegnamento scolastico possa contribuire alla prevenzione di fenomeni di odio, emarginazione, finanche violenza di genere. A partire anche dalla tenera età, dato che un genitore su due immagina che il percorso dell’educazione alle relazioni possa iniziare già dalla scuola elementare.

Scorporata in tre sezioni, la ricerca  indaga quanto gli italiani siano oggi soddisfatti dell’educazione alle relazioni ricevuta, come sia il dialogo su questi temi fra genitori e figli e appunto quale debba essere il ruolo da riconoscere all’istituzione scolastica.

La fotografia restituita per quanto concerne la soddisfazione attuale è un’immagine in chiaroscuro dove a fronte di 4 italiani su 10 che si dicono molto soddisfatti della propria conoscenza relazionale, 3 su 10 hanno una percezione completamente opposta.

Alla madre è riconosciuto il ruolo di guida sia nelle relazioni con il partner che in quelle con familiari e amici (è infatti scelta come figura di riferimento dal 68% degli intervistati nel primo caso e dal 78% nel secondo).

La figura paterna viene invece superata dal ruolo svolto dal partner (70% e 72%) e da amici e coetanei (59% e 68%). È comunque la cerchia ristretta e reale che ci circonda la guida per l’80% degli italiani. E tra coloro che hanno un partner, se è vero che il dialogo di coppia soddisfa la maggioranza è altrettanto vero che condividere le proprie emozioni con l’altro/a rimane la più grande difficoltà e tra le situazioni vissute spesso o qualche volta si insinua anche il sospetto nei confronti dell’altro (lo dichiara il 26% del campione).

Quando poi si passa al tema genitori-figli, l’informazione sessuale rimane ancora un tabu. Se il 44% dichiara di parlare spesso con il proprio figlio o figlia di rapporti interpersonali con amici o familiari, la percentuale scende al 21% se si parla di coppie e al 19% se si parla di informazione sessuale.

Tra coloro che hanno una qualche difficoltà (ovvero l’80%), a pesare nel confronto per il 56% c’è il timore di suscitare ansia nel figlio/figlia, il 51% dichiara il proprio imbarazzo, un altro 46% indica come fattore di impedimento la chiusura da parte del figlio. Tra i meno loquaci i papà con figli adolescenti maschi.

Educazione alle relazioni: a chi spetta?

Entrando più direttamente sul tema dell’educazione alle relazioni oggi, il campione intervistato indica tra le figure che più dovrebbero essere direttamente coinvolte sì genitori e parenti stretti (riconosciute come figure cardine da 9 intervistati su 10) ma anche agli insegnanti, ritenuti molto e abbastanza importanti nella formazione in media in uguale misura, stesso discorso per gli psicologi. Un ambito in cui la competenza e la conoscenza viene riconosciuta.

Proprio le competenze ritornano come indispensabili quando si chiede in una formazione scolastica continuativa chi dovrebbe svolgere un ruolo centrale; il 68% degli intervistati non a caso immagina programmi che coinvolgano esperti esterni, quali psicologi o pedagogisti, il 62% immaginano spazi di ascolto psicologico specializzato, il 51% programmi di formazione specialistica agli insegnanti.

E se volessimo avere la cartina tornasole tra coloro, seppur una minoranza, che non vogliono l’educazione alle relazioni come materia scolastica obbligatoria il motivo principale per il 49% è proprio il timore che possa essere trattata con superficialità. Tra i banchi, insomma, molte competenze e niente tabu.

Così, per 9 genitori su 10 i programmi scolastici di educazione alle relazioni dovrebbero parlare sia di rapporti con i partner che di rapporti in generale che di informazione sessuale (anatomia del corpo, malattie sessualmente trasmissibili, metodi contraccettivi e consenso nelle relazioni sessuali).

L’impegno di Coop

Commenta Maura Latini presidente di Coop Italia: «Alziamo l’attenzione dell’opinione pubblica sull’importanza e sulla necessità dell’educazione alle relazioni per le giovani generazioni. Noi crediamo che il tema non sia più procrastinabile e che ci sia urgenza di affrontarlo in modo serio, senza infingimenti ideologici proprio come strumento irrinunciabile di maggiore consapevolezza e di prevenzione. Ce lo conferma anche la fotografia restituita dalla indagine che dimostra una maturità sul tema da parte del campione analizzato non così scontata. Non siamo i soli a sostenere questa necessità, ma proprio perché Coop è un movimento popolare fatto di persone, presente in modo capillare nei territori vogliamo mettere a disposizione questa nostra ricchezza a sostegno della causa. L’occasione di oggi è l’avvio di una campagna “Dire, fare, amare” che ci accompagnerà nel corso dei prossimi mesi condividendo questi obiettivi con la nostra base sociale e con altre realtà del mondo associativo che credono nella forza del cambiamento».

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