Del Paese spensierato e allegro dove la gente cantava per strada andando al lavoro che era l’Italia degli anni Sessanta, ma anche del divertimento ridanciano e opulento degli anni Ottanta, si sono perse le tracce. L’Italia infatti ogni 20 marzo, quando viene diffuso il Rapporto mondiale sulla felicità delle Nazioni Unite, nella classifica per Stati risulta ben distante dalle prime posizioni. Quest’anno siamo al 41° posto, dopo Malta e prima del Guatemala.
Sul podio, come è consuetudine da diversi anni, Finlandia, Danimarca e Islanda, ma più in generale le prime dieci posizioni sono stabilmente occupate con poche variazioni negli anni più o meno dai soliti Paesi: Svezia, Islanda, Svizzera, Australia e anche Israele, ma gli analisti precisano che la rilevazione è antecedente ai fatti del 7 ottobre e alla guerra a Gaza. Si tratta di Paesi caratterizzati da ricchezza diffusa, fiducia nelle istituzioni, bassa corruzione e alta capacità di autodeterminazione in ambito professionale e personale.
Contribuiscono all’elaborazione della classifica anche dati sull’aspettativa di vita in salute, sulla presenza di un supporto sociale e sul grado di generosità, considerata un ingrediente fondamentale nella ricetta per la felicità. Prima di noi si piazzano anche gli Usa al 23° posto, la Francia al 27°, la Spagna al 36°. Gli ultimi tre posti sono occupati dal poverissimo Lesotho al 141° posto, dal Libano sempre al centro di conflitti (142°) e dall’Afghanistan, che chiude al 143° posto e non è difficile immaginare il perché di tanta “infelicità”.
Toscani in media
Il Rapporto sulla felicità prende dunque in esame dati quantitativi generali e altri che riguardano la sfera personale come risultato delle risposte a un sondaggio. La prima domanda cui vengono sottoposti gli intervistati nei 143 Paesi coinvolti dal Rapporto è: come valuteresti il grado di soddisfazione della tua vita rispetto alle aspettative su una scala da uno a dieci? La media italiana si ferma a un punteggio di 6,3.
Insieme all’agenzia Modus abbiamo riproposto la stessa domanda a un campione rappresentativo della popolazione toscana: il risultato è stato di 6,4, dato quasi sovrapponibile a quello nazionale, nonostante lo spirito polemico e la tendenza all’insoddisfazione tipici dei toscani, che l’indimenticato Gino Bartali ben riassumeva nel suo motto: «L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare».
Ai 739 toscani che hanno risposto al nostro questionario, inviato via mail alla metà di aprile, è stato chiesto anche cosa dà loro più felicità. Al primo posto stare in famiglia, seguito in quest’ordine dalla possibilità di viaggiare, dedicarsi ai propri hobby, passare del tempo immersi nella natura, frequentare gli amici, prendersi cura degli animali domestici.
Fra i motivi di infelicità, troviamo soprattutto i problemi di salute, seguiti dalle guerre nel mondo, dai problemi di carattere economico – che sono valutati sullo stesso piano di quelli in famiglia -, dalla crisi climatica, seguita da solitudine e povertà, in un intreccio costante fra dimensione personale e globale.
«Al panel toscano, composto da circa duemila persone dai 18 anni in su che contattiamo periodicamente per le indagini di mercato di Unicoop Firenze, abbiamo sottoposto un breve ma significativo questionario che ci aiutasse a capire il grado di soddisfazione personale e sociale in una contemporaneità così complessa – spiega Cristina Mayer, che si occupa di monitoraggio, ricerche e analisi per la cooperativa -. Le guerre, la povertà e la crisi climatica creano preoccupazioni che si sommano a quelle più intime e l’incertezza condiziona la valutazione che diamo al nostro grado di felicità, che risulta soltanto sufficiente, quando invece ci troviamo a vivere in un Paese e in una regione considerata come un modello di benessere diffuso».
Tristezza vai via…
Fra gli stratagemmi che vengono messi in pratica dai toscani per superare i momenti più bui: una sana passeggiata, ma anche ascoltare la musica, seguiti a distanza dalla lettura di un libro o da una telefonata a un amico. Effetti benefici sull’umore si ottengono anche facendo sport, dedicandosi alla cucina e mangiando i cibi preferiti, dolci in particolare. Meno efficaci per risollevare il morale, stando al nostro campione, prendersi cura del proprio corpo, andare a teatro o fare shopping.
Infine, le risposte a un ultimo quesito confermano la tenuta delle reti familiari e amicali come punto di riferimento in caso di bisogno, mentre è sempre forte la sensazione di vivere in una società ingiusta e poco onesta. Nota dolente: sono sempre meno i toscani che si dedicano al volontariato, che invece tradizionalmente ha rappresentato un argine all’individualismo nella nostra società e una fonte di benessere per chi lo pratica e per chi riceve un’azione solidale.
L’ansia dei giovani
Nel sondaggio toscano la fascia di età 18-24 risulta quella più “soddisfatta”. I meno contenti appartengono al gruppo 50-65 anni. Ma in realtà, neppure i più giovani vivrebbero nella spensieratezza tipica dell’età: numerose ricerche ci dicono che fra gli adolescenti dominano ansia e depressione, con richieste di interventi di supporto psicologico in costante ascesa. Un fenomeno che è diventato esponenziale dopo la pandemia, ma che era già in fieri nel decennio 2010-2020, e che alcuni studiosi mettono in correlazione con l’uso eccessivo degli smartphone. Il massimo esponente di questa teoria è lo psicologo della New York University Jonathan Haidt, che nel suo testo The anxious generations ha riportato dati allarmanti relativi agli Stati Uniti sull’aumento dei livelli di depressione, ansia e autolesionismo fra i teenager. Tendenze simili sono state riscontrate anche in altri Paesi, tra cui l’Italia.
In sintesi, il prevalere delle esperienze virtuali su quelle reali avrebbe ricadute negative non solo sulle relazioni, ma sulle capacità di reagire alle difficoltà e ai rifiuti con conseguenti effetti negativi sull’umore, fino ad arrivare a situazioni patologiche.
Uscire, stare con gli amici, fare sport, curare un animale e, perché no, dedicarsi al volontariato sono attività universalmente riconosciute come propedeutiche, se non alla felicità, al benessere. E dare un senso alla propria esistenza vale di più di un like.