Del Futurismo in campo alimentare si è parlato molto nella ricorrenza del centenario, avvenuta nel 2009: il movimento, nato agli inizi del XX secolo con il Manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, fu un movimento artistico e culturale che inneggiava alla velocità, alla modernità e alla rottura con le tradizioni. Questo spirito innovativo non si limitò solo alle arti visive e alla letteratura, ma si estese anche alla gastronomia, tant’è che nel 1930 Marinetti pubblicò il Manifesto della Cucina Futurista, proponendo un radicale cambiamento nell’alimentazione per adeguarla ai tempi moderni e all’energia richiesta dall’uomo del futuro.
Il tema, a vederlo con gli occhi di oggi, è assolutamente premonitore disu quello che avverrà in cucina molti anni dopo. La cucina futurista, ad esempio, si opponeva alla pasta, considerata troppo pesante e causa di lentezza mentale, dovuta alla presenza di carboidrati che imponevano una digestione laboriosa, e prediligeva piatti innovativi, estetici e multipercettivi. L’obiettivo era trasformare il pasto in un’esperienza artistica e sensoriale, combinando colori, forme e consistenze in modo inedito. Marinetti e i suoi seguaci suggerivano di introdurre la polisensorialità nella degustazione, attraverso profumi, giochi di luce e suoni in grado di esaltare il sapore dei cibi.
Abbinamenti insoliti e presentazioni scenografiche
Oltre all’abolizione della pastasciutta in favore di piatti leggeri e dinamici, la cucina futurista aveva tra le sue caratteristiche distintive l’uso di ingredienti insoliti, come spezie esotiche, accostamenti audaci fra dolce e salato e preparazioni che univano alimenti industriali e naturali; la presentazione scenografica dei piatti, con forme geometriche e colori vivaci; la sinestesia nei pasti, cioè il coinvolgimento di tutti i sensiatto e olfatto nell’esperienza alimentare.
Anche i nomi delle ricette si rifacevano agli stessi principi: tra i più curiosi ricordiamo l’Aerovivanda, un piatto che simboleggiava il dinamismo dell’epoca aeronautica e consisteva in una combinazione di olive nere, finocchio, arancia e ananas, il tutto accompagnato da una brezza d’aria generata da ventilatori durante la degustazione per evocare la velocità del volo. Una ricetta iconica è senz’altro il Carneplastico, la vivanda scultorea che rappresentava l’uomo moderno: un cilindro di carne ripieno di verdure e salsiccia, sormontato da uno strato di miele e circondato da palline di formaggio e riso colorato.
Sempre giocato sui contrasti era il piatto Equatore + Polo Nord, dove gli opposti si trovavano sia nella temperatura che nel gusto: la parte “equatore” era costituita da frutta tropicale e spezie piccanti, mentre la parte “polo nord” prevedeva crema di latte ghiacciata e zuccherata, creando un’esperienza sensoriale unica.
I Tacchetti di pollo Fiat erano un omaggio alla modernità industriale, in cui pezzi di pollo venivano immersi in una miscela di marsala e succo d’arancia, poi impanati con farina di mandorle e fritti, simboleggiando il progresso meccanico e l’ingegno italiano.
Eredità contemporanea
Anche se la cucina futurista non ha avuto una grande influenza sulla gastronomia quotidiana, la sua eredità è visibile ancora oggi nelle moderne sperimentazioni culinarie. Fra i concetti ripresi dagli chef odierni, sono da considerare la scomposizione dei piatti tradizionali, l’uso della multisensorialità e la ricerca estetica nelle presentazioni.
Anche la cucina molecolare e la gastronomia esperienziale trovano un precedente nella cucina futurista che, pur non essendo entrata nella tradizione culinaria, ha rappresentato un tentativo stimolante di avvicinare l’arte e la scienza al mondo del cibo, rendendo ogni pasto un’esperienza fuori dall’ordinario.