«Mi dia il granchio, quello nuovo, azzurro», dice la signora Luisa davanti al banco pescheria, mentre Paolo, socio da trent’anni, vuole provare gli spaghetti al crostaceo “invasore”. Tutti pazzi per “l’alieno” finito nel piatto, tant’è che nel giro di un mese dal debutto sui banchi serviti dei Coop.fi le richieste del granchio blu, disponibile già eviscerato, sono più che triplicate. Effetto del tam-tam mediatico riguardo ai rischi che corre il nostro ambiente marino per l’arrivo di questo colonizzatore spietato. Talmente vorace da essersi guadagnato il soprannome di cinghiale di mare.
Mangia di tutto, vongole, cozze, telline, creando danni al settore ittico, e si riproduce a gran velocità. Specie aliena invasiva la chiamano gli esperti, non perché provenga dallo spazio profondo, ma per il fatto che gli esemplari di Callinectes sapidus fino a poco tempo fa non erano presenti nel Mediterraneo e qui non hanno trovato antagonisti naturali. Così è nata l’idea di combatterlo con un altro predatore, altrettanto insaziabile: l’uomo.
Nemico o alleato?
«Una delle cose che possiamo fare per tentare di controllare questa popolazione invasiva è mangiarla», spiega Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca del Cnr-Irbim di Ancona, l’Istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche per le Risorse Biologiche e le Biotecnologie Marine. «Le invasioni biologiche rappresentano una delle questioni più gravi per l’attuale crisi della biodiversità – precisa -. In ambito acquatico è praticamente impossibile eradicare le specie invasive, la strategia da utilizzare è una “gestione di mantenimento”: togliamo i granchi per far sì che la popolazione si riduca numericamente, in modo da limitare gli impatti sull’ecosistema. Ancora però non sappiamo quale sia con esattezza tale quantità».
Il Cnr-Irbim sta studiando come limitare i danni con una gestione adattiva delle specie aliene, ad esempio valutando quelle commestibili e suggerendo sistemi di pesca selettivi e non impattanti. La vendita del granchio blu è consentita da tempo. Le morbide carni, che ricordano un po’ il sapore dell’astice, sono apprezzate da sempre nella sua terra natia, le coste atlantiche dell’America. Inoltre sono una fonte di proteine di alta qualità, con pochi grassi saturi e un giusto apporto di Omega 3. Alle nostre latitudini questo crostaceo è sbarcato “per sbaglio”, trasportato dalle navi mercantili, con i primi avvistamenti datati 1949 e ora, dopo aver colonizzato molte aree del Mediterraneo, assistiamo a un’esplosione nelle lagune italiane e nel medio-alto Adriatico.
Mare dell’altro mondo
Nel Belpaese, vista l’improvvisa abbondanza, l’animale dalle chele azzurre è spuntato ovunque, nel menù dei chioschi sulla spiaggia e nei ristoranti stellati, dove la polpa è impiegata in sughi, zuppe, insalate fredde, perfino per burger di crostaceo unendo pangrattato, uovo e spezie.
E il Cnr-Irbim, per capire quanto è conosciuto e gradito, ha lanciato un questionario online rivolto a tutti i cittadini all’indirizzo shorturl.at/eGHZ2.
Le nostre tavole, però, sono già piene di “alieni”. Oggi la maggioranza delle vongole veraci commercializzate sono originarie del sud est asiatico: la Ruditapes philippinarum è stata introdotta in Italia negli anni Ottanta a scapito di quella autoctona. Stesso discorso per l’ostrica Crassostrea gigas, proveniente dal Pacifico, allevata da mezzo secolo nel Mediterraneo.
I cambiamenti climatici continuano a favorire la diffusione, pure dalle nostre parti, di specie tropicali invasive, come il pesce scorpione e il pesce coniglio, scuro e striato. Tutti buoni da mangiare, a patto che si presti attenzione alle spine sul corpo dell’animale per evitare punture. Gli ultimi studi si concentrano sulla conchiglia arca, detta anche Scafarca: sebbene abbia suscitato meno clamore, ormai assedia i fondali adriatici. La pentola potrebbe essere la soluzione pure per lei, perfetta – assicurano gli esperti – per un ottimo ragù di mare.
Doppio blu
Alla fine di agosto il gruppo del Cnr-Irbim di Ancona ha annunciato la presenza nel Mar Adriatico di una seconda specie di granchio blu, il Portunus segnis, originario del Mar Rosso e dell’Oceano Indiano occidentale.