Una scoperta nata quasi per caso in un orto, dove è stato rinvenuto il bulbo da cui tutto è partito negli anni Novanta. Almeno così raccontano gli agricoltori di questo spicchio di terra tra Siena e Arezzo. Che sia verità o mito poco importa, perché la storia rende bene l’idea di come un’antica coltura che risale agli Etruschi, da sempre sotto i nostri piedi, sia stata strappata dal dimenticatoio dove era finita per cinque decenni, grazie alla sensibilità di chi lavora sui campi. L’aglio del bacio, lo hanno soprannominato da queste parti, per il profumo tenue e il sapore delicato. Da tutti però è conosciuto come l’aglione della Val di Chiana, un super-aglio che va dai 300 grammi a quasi un chilo di peso, in lizza ora per ottenere la Dop, denominazione di origine protetta.
Uno spicchio di tradizione
Dai tre ai sei grandi spicchi, un colore bianco-avorio, fino a poco tempo fa questa varietà autoctona era sconosciuta alla maggior parte dei toscani. Adesso si trova pure sui banchi del supermercato ed è stata rivalutata per i suoi “superpoteri”: non ha un odore pungente e viene digerita bene per l’assenza di alliina, sostanza responsabile delle controindicazioni del normale aglio. Il “diamante della Val di Chiana” è tornato sulle tavole toscane anche per merito della collaborazione con Unicoop Firenze, che lo ha introdotto prima in una manciata di punti vendita del senese e oggi in tutta la rete di distribuzione.
«Questa visibilità ha dato impulso all’agricoltura locale – spiega Fabio Frappi, amministratore di Ortofrutta Castiglionese, impresa che mette in rete i coltivatori della Val di Chiana -, in tre anni abbiamo quintuplicato la produzione e il numero delle aziende che si dedicano all’aglione cresce costantemente. Ce ne sono di grandi e di piccolissime a conduzione familiare». Ma perché un prodotto di eccellenza è stato abbandonato dal secondo dopoguerra agli anni Novanta? Per le regole di mercato, visto che un campo di aglione produce un quinto in meno rispetto a uno convenzionale; inoltre ha bisogno di più manodopera.
Super aglio di stagione
La semina inizia a ottobre su terreni in leggera pendenza per evitare i ristagni d’acqua, mentre a primavera i fiori vengono recisi, uno a uno manualmente, in modo che la pianta cresca sana e forte. Non sono però degli scarti: ottimi per sughi, composte, fritti e frittate, gli scapi floreali quest’anno hanno debuttato con successo nei Coop.fi. La raccolta vera e propria si svolge a giugno, la metà dei bulbi è conservata per la semina, l’altra parte viene essiccata, sfogliata della parte esterna ed è pronta per la cucina o per la tipica ricetta dei Pici con l’aglione. Un’eccellenza che piace anche fuori dalla Toscana.
«Un signore romano, di passaggio, aveva comprato l’aglione nella Coop di Sansepolcro – racconta Frappi -; tornato a casa, ha telefonato per chiederci una fornitura per una grande cena di famiglia». Ma non è il solo. I bulbi più grossi e pregiati sono stati spediti addirittura in Giappone. Da un piccolo orto a un volo transcontinentale, l’aglio a prova di bacio ha iniziato il suo viaggio.
Buono anche per la salute
Non “puzza” e fa bene. Il peso massimo degli agli è super anche per la salute. Rispetto alle varietà convenzionali, nell’aglione sono presenti in modo maggiore molecole ad azione antimicrobica, antitumorale e antinfiammatoria. A dirlo uno studio del Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e agroambientali dell’Università di Pisa, che ha riscontrato inoltre un contenuto doppio di fenoli, sostanze antiossidanti.