In questo inizio di 2024 la questione agricola ha fatto irruzione nell’agenda politica. La contestazione delle nuove regole Ue ha spinto alla mobilitazione gli agricoltori di diversi Paesi europei in una protesta che ha toccato anche l’Italia: ha fatto rimettere in discussione alcuni indirizzi delle politiche comunitarie e nazionali, ma soprattutto ha riportato al centro del dibattito un settore strategico dell’economia e della società, che dal canto suo era già in grande movimento.
E questo movimento viene da un rinnovamento generazionale in pieno corso, nonostante tutte le difficoltà che i giovani devono affrontare per accedere al settore agrario. Però, laddove riescono a inserirsi, le nuove generazioni portano energie fresche e soprattutto una visione innovativa. Ciò emerge da una ricerca in corso presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Firenze, nel quadro del Programma Pon Ricerca, sul tema “Nuova agricoltura, nuovi agricoltori”. Una parte della ricerca è dedicata alle interviste con giovani imprenditori agrari.
Rallentata la tendenza ad andare via dalla campagna
La tendenza ad andare via dalla campagna è nettamente rallentata. Molti tornano e c’è chi rimane, nonostante l’invito a cercare fortuna lontano dalla campagna. È il caso di Niccolò, imprenditore trentenne del settore florovivaistico nella provincia di Pistoia: «I miei genitori preferivano che prendessi un’altra strada. E non perché ritengano che nell’agricoltura non si possa avere soddisfazioni, ma perché si tratta di una vita dura e avara in termini di guadagni. Io invece volevo rimanere proprio qui, provare a fare la mia parte per dare continuità all’azienda di famiglia, ma anche per portare innovazione».
Apertura all’innovazione
L’innovazione è una presenza costante nelle “giovani” aziende agricole e riguarda non soltanto l’adozione di tecnologie avanzate, ma anche la capacità di inventare soluzioni di aggiustamento o di recuperare colture a rischio di disuso, riproponendole attualizzate. È innovazione anche questa, per quanto talvolta non venga percepita come tale da chi la promuove. Come capita ad Anastasia, classe 1990, che nel grossetano dà continuità all’azienda agricola di famiglia: «Innovazione può essere anche il modo di cambiare coltivazioni.
A me piace molto riprendere le coltivazioni vecchie, o cambiare il modo di condurre quelle attuali. Ho provato a mettere i carciofi un pochino più fitti e a irrigare in modo diverso, contenendo lo spreco. Inoltre non voglio più usare il trincia (che è dotato di motore, ndr) nell’uliveto ma preferisco tornare alla vecchia barra falciante perché se, invece di trinciare l’erba che viene molto “fina”, la si taglia più alta con la barra falciante, allora l’erba riposa sul terreno e d’estate lo mantiene più fresco ».
In anticipo sui tempi
A proposito di innovazioni, c’è chi si porta avanti e le introduce prima che per legge diventino obbligatorie. È così ha fatto Thomas, classe 1988, allevatore dell’aretino. Per lui il benessere animale è una realtà da prima che arrivassero le misure dell’Unione europea: «Sono stato un precursore e quando ne parlavo coi miei colleghi, una decina di anni fa, venivo preso per matto. Ma sono andato avanti per la mia strada. Ho promosso l’uso dei probiotici, eliminando gli antibiotici nella cura degli animali. I risultati sono stati ottimi».
Il conflitto generazionale si supera
Uno dei passaggi più difficili è quello generazionale: la responsabilità si trasferisce dai genitori ai figli e ciò può creare conflitto. Ma poi si supera, come dice Martina, classe 1994, in carriera nell’azienda agrituristica e olivicola dei genitori: «Il fatto che il mio datore di lavoro sia anche il mio babbo permette in modo naturale uno scambio aperto. E lo scambio aperto comporta che a volte ci siano delle opinioni contrastanti. Ci può essere anche conflitto, ma poi la soluzione si trova».
Solo su on line, no su cartaceo
“La pubblicazione è stata realizzata da ricercatore con contratto di ricerca cofinanziato dall’Unione europea – Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020 ai sensi dell’art. 24, comma 3, lett. a), della Legge 30 dicembre 2010, n. 240 e s.m.i. e del D.M. 10 agosto 2021 n. 1062”