Come un bambino: per crescere e maturare bene, va “cullato” al momento giusto, con pazienza e una buona dose di esperienza. I maestri casari lo sanno e lo dicono da sempre che, a fare la differenza, sono i primi istanti in cui un formaggio nasce, quando tutto accade in velocità: l’arrivo del latte, la pastorizzazione, l’aggiunta del caglio, la spezzatura e la messa negli stampi.
Dopo, le forme devono essere salate e poi fatte riposare su assi di legno per la stagionatura. E ancora lavate con il siero e spazzolate con cura per aiutare la genesi della classica crosta. Soprattutto, devono essere capovolte più e più volte. Durante i primi giorni di “vita” vengono girate anche ogni 72 ore per dare al prodotto una stagionatura uniforme. Dove si fa ancora il formaggio alla maniera antica, questo procedimento viene eseguito a mano.
Un capolavoro di formaggio
Proprio seguendo le tradizioni contadine di una volta, tra le dolci colline senesi, nasce il Monna Lisa rosso, il pecorino simbolo dell’azienda Salcis di Monteriggioni. Il tocco inconfondibile è rappresentato dalla crosta rossastra, tipica delle produzioni di questo territorio: alla forma, durante la stagionatura, viene applicato manualmente un velo di sugo di pomodoro, metodo che in passato serviva per impedire la formazione di muffe “cattive” e per conferire elasticità alla buccia.
Alla base di tutto, di questo come degli altri formaggi del caseificio, c’è il latte ovino che arriva prevalentemente dalle campagne senesi e da un allevamento esteso su 60 ettari e gestito dalla stessa azienda a pochi chilometri dallo stabilimento.
Salcis, nata come salumificio nel 1941 e diventata anche un caseificio due decenni dopo, ha dato a tutti i suoi pecorini il nome Monna Lisa, non tanto per il capolavoro di Leonardo da Vinci, ma per un adagio popolare. «L’idea venne a mio padre Alessandro – racconta Antonio Morbidi, oggi al timone della società –, era l’appellativo con cui venivano chiamate le donne in campagna fino all’inizio del Novecento».
Una forma, tante facce
Il pecorino oggi ha mille varianti, dalle produzioni fresche a quelle più stagionate, che in tavola possono essere accompagnate da mostarde e salumi. Una proposta particolare è il pecorino di grotta, che dopo i due mesi nelle celle di stagionatura ne passa altrettanti in caverne naturali.
«L’assenza di vento e di freddo lo fa maturare, ma la consistenza della pasta, bella bianca, rimane friabile» spiega Morbidi. E anche qui c’è un tributo alla tradizione: la forma è avvolta con steli di fieno, per ricordare la paglia messa un tempo sulle tavole della stagionatura per togliere umidità. Più recenti sono i pecorini Monna Lisa aromatizzati, ad esempio al pepe o al peperoncino, ingredienti che vengono aggiunti durante la lavorazione iniziale per dare un tocco più sfizioso.
Al contadino non far sapere…
La famiglia dei formaggi di pecora però è grande, grazie alla versatilità del latte ovino, e cambia anche a seconda della stagione. Con il mese di maggio, sui banchi di Unicoop Firenze arriva il “fratellino minore”, il Baccellone Salcis, un formaggio fresco tipico toscano, a pasta morbida e dal sapore dolce, che deve il suo nome alle fave fresche con cui è buona norma accompagnarlo negli spuntini di primavera. Perché al contadino è meglio non far sapere che il cacio non è buono solo con le pere.
L’Amatriciana
Spaghetti, guanciale, pomodoro e l’immancabile grattugiata di pecorino (di Amatrice). L’amatriciana, piatto simbolo del terremoto in Centro Italia del 2016, è diventata una “Specialità tradizionale garantita” (Stg), inserita in un apposito elenco dell’Unione Europea.
Un riconoscimento che tutela una delle ricette italiane più conosciute al mondo, proteggendola da bufale, imitazioni e falsi. Il segno distintivo? Proprio gli ingredienti, al 100% italiani.