“Scusa sono in riunione…” è una commedia degli equivoci. Il ritratto di una generazione, quella dei quarantenni o forse anche dei cinquantenni, piena di imperfezioni e di fragilità. Cosa viene maggiormente apprezzato di questo spettacolo?
Credo l’autenticità. Quelle che vengono portate in scena sono cinque personalità differenti, con i propri punti di forza, ma soprattutto di debolezza: c’è l’idealista, il giornalista ambientalista preso dalle sue battaglie ecologiche, e poi ci sono io che sono la donna indipendente e multitasking. Penso che sia facile riuscire ad immedesimarsi in ognuna di queste.
Lo spettacolo non solo è molto divertente, ma fornisce anche molti spunti di riflessione. Quali sono gli interrogativi che si accendono negli spettatori dopo aver visto lo spettacolo?
Gli spettatori vedono la nostra vita di tutti i giorni, la frenesia, il correre e non avere attenzioni verso gli altri perché siamo troppo presi dalle nostre cose e quando finalmente per una occasione, come in questo caso un funerale, ti rincontri nascono come delle nuove amicizie non perché non ci conoscevamo ma perché ognuno in questi ultimi anni ha preso la sua strada.
Dopo il grande successo teatrale di Mi piaci perché sei così e quello cinematografico di Ti sposo ma non troppo, la vostra appare come una coppia collaudata: quali ritenete siano i vostri punti di forza?
La complicità tra di noi, parliamo la stessa lingua. Stimo molto il suo modo di scrivere, di fare il regista. E quando c’è una stima così forte la complicità nasce subito di conseguenza.
Pignotta è autore e regista della commedia. Come si muove con voi attori? Vi lascia liberi di attingere alla vostra creatività?
Sì, ci lascia molta libertà di interpretare il testo. Ovviamente dobbiamo seguire un ritmo, un copione altrimenti ti perdi, soprattutto in teatro, però ci lascia anche la libertà di cambiare le battute. L’importante è mantenere il senso, poi ci sono anche dei punti dove sappiamo che il pubblico ride sempre e questi sono più difficili da cambiare. Però in altri momenti possiamo sbilanciarci ed essere liberi.
Questo è il terzo anno di tournée con una compagnia che pare molto affiatata e visibilmente unita, una famiglia itinerante. Vi divertite?
Sì, siamo un gruppo di amici con la A maiuscola, molto affiatati sia sul palcoscenico sia dietro le quinte, soprattutto dietro le quinte. Condividiamo molto delle nostre vite, ridiamo tantissimo e ci facciamo scherzi in continuazione. Non smetterò mai di dirlo, ma sono davvero fortunata ad aver trovato dei compagni di viaggio così straordinari.
Cosa si impara con l’esperienza teatrale, che di certo è una vita da ‘girovaghi’ e nient’affatto comoda? E quale è la differenza con il cinema dal punto di vista artistico?
Per quasi tre mesi viviamo a strettissimo contatto: viaggiamo insieme, mangiamo insieme, arriviamo in teatro insieme, facciamo le prove insieme, torniamo in hotel insieme. Quando si passa così tanto tempo con un gruppo di persone impari ad abbattere tutte le tue barriere e ad essere te stesso al 100%, ad ascoltare e a rispettare chi ti sta vicino, e a capire il significato della parola “condivisione”. So che tutte queste cose sembrano scontate, ma posso assicurare che non lo sono. Quando si gira un film è diverso, perché i piani di produzione e i tempi sono scanditi in maniera diversa, quindi non sempre si viene ad instaurare un rapporto così profondo con i “colleghi”.
Che sensazione ha quanto si apre il sipario e vede tutte le persone che la guardano con ammirazione e attesa? Ogni serata è una prima?
Ho esordito in teatro nel 2007, quindi direi che sono passati un bel po’ di anni, ma nonostante questo l’emozione prima di ogni spettacolo è tanta. Si, direi che ogni serata è una prima: non sai mai che tipo di pubblico ti accoglierà e come sarà la sua reazione. Il coinvolgimento emotivo e l’empatia con il pubblico sono due aspetti fondamentali per la buona riuscita di uno spettacolo.