Dalla Cina all’Italia
Tabacchiera, saturnina, saturnia, piatta, della ciambella. Tanti i nomi, ma sul banco è inconfondibile, per la sua forma piatta, costruita attorno ad un nocciolo piccolissimo. La sua pelle è vellutata e rosso scura, quando è matura al punto gusto, da addentare così, come un panino.
Importata dalla Cina negli Stati Uniti nel 1869, intorno al 1950 è sbarcata in Sicilia dove, grazie al microclima della zona etnea, ha messo radici e per alcuni anni è stata Presidio Slow Food. Dagli anni ’80 ha risalito lo stivale fino alla Romagna e soprattutto alle Marche.
Qui, nelle valli intorno ai fiumi Ete e Chienti, tra Montecosaro e Civitanova Marche, ha catturato l’interesse e i terreni dell’azienda agricola Giorgio Eleuteri da cui vengono le pesche Saturnia a marchio Coop, inserite fra i prodotti di eccellenza insieme ai limoni di Amalfi, la cipolla di Tropea e altre tipicità.
Colpo di fulmine
«Mio nonno, mio padre, poi io da 30 anni: la frutta è il nostro mestiere e spero anche quello dei miei figli. È una passione centenaria – racconta Giorgio Eleuteri – fatta di terra, fatica e incontri curiosi, come quello con questa pesca. Me ne sono innamorato perché è diversa da tutte le altre e qui, a Montecosaro, in questo borgo di poche anime, ha trovato colline in pieno sole e quei terreni di medio impasto grazie ai quali può esprimere il massimo della qualità».
Così, dalla metà degli anni Ottanta, Eleuteri ha deciso di dedicarsi esclusivamente alla coltivazione di questa pesca dagli aromi di rosa, viola e vaniglia, mettendo a punto la varietà tipica marchigiana, la Saturnia, marchio registrato dall’azienda nel 2008 e presente da venti anni anni sugli scaffali Coop.
L’evoluzione della specie
Un racconto appassionato, quello di Giorgio Eleuteri, che spiega anche il perché del doppio nome: «Molti la confondono con la cosiddetta “tabacchiera” tipica della Sicilia, ma la nostra Saturnia è proprio un’altra varietà: partendo dalla Stark Saturn, messa a punto dai ricercatori in New Jersey, con l’Istituto sperimentale di frutticoltura di Roma abbiamo avviato un programma di miglioramento genetico e messo a punto questa nuova varietà. Oltre a un colore più vivace e al gusto più intenso, è più resistente al freddo e ha un calendario di raccolta molto più lungo: insomma, rappresenta una vera e propria evoluzione della specie».
Passione, tecnica e niente insetticidi
Giorgio Eleuteri dirada le pesche con mano esperta e veloce, per capire quali cresceranno più forti e quali scartare: «Lascio crescere solo le pesche migliori: preferisco avere meno pesche, ma più buone».
Ricerca dell’eccellenza in ogni scelta, anche nelle tecniche di coltivazione: nei suoi 85 ettari di pescheti si pratica la potatura in verde e le piante sono disposte a Y, per prendere più sole. Inoltre, per la lotta agli insetti, si utilizza la cosiddetta confusione sessuale, che ne ostacola la riproduzione.
«Non utilizziamo insetticidi – spiega Eleuteri – e alle piante diamo solo calcio per fortificarle e rendere più compatto il frutto, e nitrato di potassio sul terreno come fertilizzante».
Tutti accorgimenti naturali, che danno frutti sani, per l’ambiente e per chi li gusta.
Trucchi in frigo
Per farle durare più a lungo mettere le pesche in un sacchetto di carta e avvolgerlo in uno di plastica. In questo modo la pesca sta a contatto con un materiale asciutto come la carta e quest’ultima, così isolata dal frigo, non crea condensa e non inumidisce l’ambiente.
In cucina
Ideale anche per gelati, granite, gelatine e confetture e dolci. Adatta anche a piatti salati, di carne o pesce, come tartare di gamberi, filetto d’anatra o un’insalata con mozzarella e frutta estiva.