La Val d’Orsigna è come una castagna dentro un riccio, dicono i suoi pochi abitanti: per scoprirne la bellezza occorre assaporare, pezzo per pezzo, la storia, il paesaggio e i preziosi frutti di questo territorio dell’Appennino pistoiese fra la Toscana e l’Emilia, noto anche perché primo e ultimo rifugio di Tiziano Terzani, giornalista e scrittore al quale oggi è dedicato l’omonimo sentiero.
Un piccolo Himalaya nel cuore dell’Appennino dove, un po’ per caso un po’ per passione, nel 2009 un gruppo di amici appassionati della zona ha lanciato una scommessa: quella di ripulire i castagneti abbandonati, con il consenso dei proprietari, e in cambio prendere il raccolto delle castagne. Da qui l’idea di riattivare alcuni dei vecchi metati, seccatoi in disuso dove essiccare le castagne per poi ricavarne farina macinata a pietra.
Fra i protagonisti della storia anche Patrizia Giardi che, proprietaria di alcuni castagneti e di un mulino, nel 2016 ha deciso di fondare l’azienda La castagna con sede a Case Colonna, un piccolo borgo sopra a Orsigna, come racconta lei stessa: «Il borghetto è composto da 4 case e da una sola famiglia, il mugnaio Claudio e la madre ultranovantenne che abitano lì tutto l’anno. Quanto a filiera, più corta di così non si potrebbe! Lì ci sono i miei castagneti certificati dalla Bioagrest, il mulino e due metati dove le castagne vengono messe appena raccolte e seccate per 40 giorni in maniera tradizionale, tenendo il fuoco acceso sul pavimento giorno e notte e girandole costantemente per non bruciarle. Poi vengono pulite, scelte a mano e macinate: la farina viene setacciata a mano dal mugnaio e confezionata».
Così, dalla prima battitura del 2009 fatta fra amici, è nata una piccola imprenditrice che racconta i primi risultati della neonata attività: «Quest’anno abbiamo raccolto 120 quintali di castagne e prodotto 30 quintali di farina di varietà calaresi, ceppe e pastinesi, le più dolci. Essere presente nei supermercati di zona di Unicoop Firenze è un risultato inaspettato: è la prova che si sta realizzando il sogno di salvare i boschi dell’Orsigna, le tradizioni economiche di un tempo e un lavoro che altrimenti sarebbe sparito in pochi anni, insieme a molti dei nostri preziosi castagneti».