Un’invenzione perfetta per i nostri tempi? No, più semplicemente una bella riscoperta che sembra pensata apposta per venire incontro alle esigenze di oggi. Della cassetta di cottura si parla infatti già nelle cronache della Grande Guerra, quando i soldati del Regio Esercito la usavano in trincea per tenere in caldo il rancio. Poi ne troviamo traccia durante la crisi del ‘29, durante l’autarchia imposta dal regime fascista e, ancora, nella Seconda guerra mondiale.
Poi, lentamente, con la guerra alle spalle e davanti la modernità, il boom economico e l’avvento delle tecnologie anche in cucina, la cassetta di cottura è caduta nel dimenticatoio, relegata a un passato fatto di fame, guerra e brutti ricordi.
Ma ora torna alla ribalta. Perché? Intanto è un oggetto alquanto particolare: una cassetta quadrata di legno, abbastanza capiente da poter contenere una pentola di circa 3 litri, con un coperchio che la chiude ermeticamente. Internamente è imbottita di tessuto e non va mai messa sul fuoco. Si usa per i cibi a lunga cottura, come un minestrone, che vengono portati a ebollizione in pentola sul fuoco; la stessa pentola, dopo pochi minuti, viene trasferita nella cassetta, capace di mantenere il caldo e di continuare a far cuocere la pietanza per molte ore. E d’estate serve per tenere le cose in fresco, o per fermentazioni di vario genere.
Cooperativa e ecosostenibile
Entrano subito in ballo le parole di oggi. Ovvero risparmio energetico e di tempo, dieta varia e di qualità, economia circolare. È stata la cooperativa di comunità Filo&Fibra (filoefibra.it), nata nel 2018 a Celle su Rigo, San Casciano dei Bagni (Siena), a immaginare la cassetta di cottura del nuovo millennio.
Per coibentare la parte interna e permettere alla cassetta di mantenere per alcune ore una temperatura molto alta, non ci sono paglia o stracci come un tempo, ma lana di pecora da riciclare. Che con la sua inerzia termica garantisce ore di calore continuo. La lana è quella così detta “sudicia” o “ordinaria”, difficilmente utilizzabile e – per gli allevatori locali – costosa da smaltire perché classificata come rifiuto speciale o sottoprodotto animale.
«Non c’è miglior metodo di questo per cotture molto lunghe, non sorvegliate da nessuno e in piena sicurezza -, racconta Gloria Lucchesi, presidente della cooperativa, che parla di un vero e proprio slow cooker (un “fornello lento”) -. Pensate di avviare in dieci minuti la preparazione di una zuppa di legumi, un minestrone, uno stufato o altre carni che hanno bisogno di una cottura lunga, poi uscire di casa e al ritorno trovare tutto perfettamente pronto». I vantaggi sono anche nutrizionali e gastronomici: data la quasi totale assenza di ossigeno in cottura, restano inalterati aromi, sapori e principi nutrizionali.
Cotture dal passato
La cassetta di cottura non è l’unico attrezzo del passato tornato all’attenzione in questi nuovi tempi di crisi energetica. Uno strumento amato dalle nonne era il fornetto di campagna, detto anche forno sul fornello, una pentola con coperchio di alluminio leggero (e vari orifizi e aperture), buona per cucinare sul gas qualunque cosa: dal dolce al salato, dal primo al secondo, dalle verdure alla carne, dalla pizza al pane. Fu inventato nel 1922 quando non tutti potevano permettersi un forno vero e proprio.
Il vantaggio consiste nel risparmiare tempo ed elettricità, ma non il gas che alimenta la cottura. Inoltre è leggero, per questo chi fa campeggio lo trova estremamente pratico. Sembra che si pulisca molto facilmente e anche questo non guasta.