Un’opera che «ha cambiato il volto del paesaggio a sud della città, fra Lucca e le colline, perché costituisce un segno rettilineo, perentorio, che crea lo spazio e non lo subisce; e che risolve un problema di vivibilità perché porta un’acqua salubre, buona».
L’acquedotto progettato e realizzato da Lorenzo Nottolini nella prima metà dell’Ottocento «fu qualcosa di più di un servizio pubblico, fu l’occasione per fare più bella la città», continua l’architetto Gilberto Bedini, che del regio architetto Nottolini (o “ingegnere delle acque e dei ponti”, come lui preferiva essere chiamato) è profondo conoscitore e ammiratore.
L’acqua va infatti ad alimentare le fontane, progettate dallo stesso Nottolini e da altri architetti di quel periodo, «che arredano la piazze più importanti di Lucca, arricchendo lo spazio architettonico e la vita urbana, creando luoghi che diventano occasioni di incontro», allora per andare a prendere l’acqua, oggi come luoghi della socialità.
Personaggio straordinario, Nottolini progetta e realizza una lunga serie di opere pubbliche e monumentali; ma è anche capace di occuparsi, nel corso del restauro del Palazzo Ducale, degli arredi dei caminetti (disegna cioè le stoffe e i parati da muro). È Maria Luisa di Borbone – duchessa di Lucca dal 1818, in seguito agli accordi del Congresso di Vienna – a nominarlo regio architetto e ad affidargli i lavori, nel 1822, di quell’opera indispensabile in termini di igiene pubblica. «Lucca non era fornita di acquedotto – continua Bedini -. I signori, i nobili, se la facevano portare dalle fontane tramite cisterne su carri, mentre i cittadini attingevano a pozzi che spesso erano inquinati. Un problema che si era tentato di affrontare, senza soluzione, già prima dell’arrivo di Maria Luisa di Borbone».
Nonostante alcuni problemi di natura tecnica ma anche politica, efficacemente risolti da Nottolini, che fu «un vero e proprio maestro di come ci si deve comportare nel delicato rapporto fra il potere politico e l’esecuzione di opere pubbliche, un grande professionista attento a non subire prevaricazioni nei suoi progetti» spiega Bedini, fu portata a termine questa opera «che nasce dai monti a sud di Lucca, il Monte Pisano, scende alle colline di Guamo, attraversa tutto il territorio di Capannori e si ferma a un tempietto-cisterna in stile dorico. Lì il condotto diventa sotterraneo, così da preservare l’integrità architettonica delle mura cittadine, e arriva alla prima fontana, in piazza Antelminelli».
Il Tempietto di San Concordio è dunque il punto in cui termina, dal punto di vista architettonico, l’acquedotto. «Una funzione importante che pochi conoscono è la sua utilità in quanto contrafforte della spinta alla serie di archi che costituiscono l’acquedotto, costruito con una leggera pendenza da monte a valle, per favorire la naturale “cascata” dell’acqua verso la città. L’intervento per la costruzione dell’autostrada A11, che ha tagliato in due tronconi l’acquedotto, ha infatti creato problemi proprio in questo senso».
L’acquedotto è un’opera grandiosa per l’epoca – 3,2 chilometri di condotte su una struttura alta circa 12 metri, 460 archi in mattoni e muratura (originariamente erano di più: una parte venne abbattuta negli anni ‘30 con la prima costruzione dell’autostrada).
Anche se ormai oggi la sua funzione è solo monumentale, è tuttora «presente nella coscienza e nella conoscenza dei lucchesi: l’acqua non viaggia più sulle condotte aeree, ma il luogo resta parte dell’identità della città, a partire dalla bellissima passeggiata lungo la strada di guardia che lo costeggia, e ancora oggi molto frequentata dai lucchesi» conclude Bedini.
Camminata urbana
Il legame della città con l’acqua – una lunga storia che inizia già al tempo dei Romani; ma pensiamo anche all’oggi, all’attività economica fondamentale della zona, quella cartaria – sarà al centro delle visite guidate per i soci di Unicoop Firenze, il cui inizio, evoluzione pandemica permettendo, è previsto fra fine maggio e inizio giugno. Un itinerario alla scoperta di una «città armoniosa – spiega Gabriele Calabrese dell’associazione Turislucca – la cui evoluzione storica e architettonica è riuscita a mantenere un equilibrio fra passato e innovazione, in un continuum fra città e campagna». Un bel segnale di ripartenza anche per il lavoro delle guide turistiche, «un segnale non solo economico, ma anche psicologico per tutti coloro che sono rimasti fermi a lungo».
Raccolta fondi per il restauro
In previsione del bicentenario della costruzione dell’acquedotto Nottolini, nel 2022, i restauri del Tempietto di San Concordio sono già partiti ma, come accaduto con il Battistero di Firenze e altri monumenti di Pisa, Volterra, Empoli, Unicoop Firenze contribuisce con una raccolta fondi alle casse e on line. La cooperativa non solo raddoppierà quanto donato, ma organizzerà nei prossimi mesi visite guidate all’acquedotto e ai luoghi dell’acqua in città, percorsi educativi con le scuole, oltre a sostenere una pubblicazione dedicata.
«L’idea di una serie di iniziative intorno alla figura di Nottolini e al suo acquedotto è nata direttamente dai soci, perché oltre al valore artistico monumentale, c’è quello identitario, dovuto anche al fatto che grazie alla sua opera Lucca ha potuto disporre di un bene essenziale come l’acqua – spiega Maria Fortini, presidente della sezione soci -. La campagna di Unicoop Firenze e le iniziative popolari connesse aiuteranno la conoscenza di queste risorse artistico-ambientali anche lontano da Lucca».
«Assieme alle mura, l’acquedotto di Nottolini è il monumento maggiormente amato e vissuto dai lucchesi. Dalle sue fontane viene quotidianamente attinta l’acqua servita sulle tavole di tantissime famiglie; le sue arcate sono lo sfondo delle passeggiate che dalla città portano alla scoperta di una campagna amena, testimonianza di una lunga tradizione di salvaguardia del territorio – dichiara il sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini -. Per questo sono particolarmente lieto che Unicoop Firenze abbia deciso di sostenere l’ambizioso progetto di restauro che abbiamo iniziato, un segno importante a favore del nostro patrimonio culturale e ambientale».