Una sigla, Unhcr, che molti ancora stentano a pronunciare, se non a comprendere. Eppure è dagli anni che seguirono la Seconda guerra mondiale che l’Alto commissariato delle Nazioni Unite opera in soccorso di rifugiati e richiedenti asilo.
Da quando, poi, l’emergenza umanitaria ha attraversato il mar Mediterraneo per toccare le coste italiane, le pettorine azzurre con la scritta bianca dei suoi operatori spuntano sempre più spesso anche nei nostri tg. «Ora più che mai, prendersi cura dei rifugiati deve essere una responsabilità globale e condivisa» spiega Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Unhcr.
Quali sono i numeri reali dell’accoglienza dei rifugiati in Italia?
In Italia risiedono circa 167.000 persone che negli anni hanno ricevuto protezione internazionale. Se si ritrovassero al Circo Massimo di Roma, ne occuperebbero la metà. Come termine di paragone si tratta di meno di tre rifugiati ogni mille abitanti, un numero molto ridotto se paragonato ad altri Paesi europei come la Svezia (quasi 24 ogni mille abitanti), Malta (oltre 18 ogni mille abitanti), l’Austria (13), la Germania (11). Prima dell’Italia ci sono ben dieci Paesi europei che ospitano più rifugiati.
«La Libia non è da considerarsi un porto sicuro» ha dichiarato dopo i respingimenti dei mesi scorsi. Perché?
I rifugiati in Libia si trovano di fronte a uno scenario da incubo. Sono fuggiti dalle loro case in cerca di sicurezza e protezione solo per finire incarcerati, languendo indefinitamente in condizioni squallide. Considerati i pericoli che rifugiati e migranti corrono in Libia, l’Unhcr non ritiene che questo Paese rappresenti un luogo sicuro per lo sbarco e ha anche sconsigliato i ritorni in Libia in seguito alle operazioni di ricerca e soccorso in mare.
Proviamo a fare chiarezza sulle Ong nel Mediterraneo: perché sono lì? Chi le finanzia?
Salvare vite in mare non costituisce una scelta, né rappresenta una questione politica, ma un imperativo umanitario. Le Ong sono nel Mediterraneo esattamente per lo stesso motivo per cui sono presenti in tutte le altre crisi umanitarie, per assistere le vittime di conflitti e povertà. Le navi delle Ong e i membri degli equipaggi hanno subìto crescenti restrizioni alle possibilità di effettuare operazioni di ricerca e soccorso. Lungo le rotte dalla Libia all’Europa, una persona ogni 14 arrivate in Europa ha perso la vita in mare, un’impennata vertiginosa rispetto ai livelli del 2017. Il Mediterraneo rappresenta da anni la rotta a maggior rischio per migranti e rifugiati e trovo perfettamente normale che le Ong si adoperino per soccorrere le persone in mare. Per quanto riguarda il loro finanziamento, le Ong sottostanno alle leggi dei Paesi di appartenenza e pubblicano i propri bilanci, dai quali è possibile individuare i finanziatori, in gran parte soggetti privati e individui.
Quali sono le zone calde del mondo?
Yemen, Burundi, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Siria, Venezuela, Myanmar, Nigeria, Iraq, Repubblica Democratica del Congo. Mentre i conflitti scoppiano, persistono e si acuiscono, 68,5 milioni di persone sono costrette a fuggire in tutto il mondo. Nove su dieci sono nei loro Paesi d’origine o in Paesi limitrofi. L’impatto è enorme, sui rifugiati stessi e sulle comunità che aprono le loro porte.
Chi sono i trafficanti di esseri umani?
Gente senza scrupoli che lucra sulla pelle di persone disperate. Sarebbe auspicabile che l’impegno profuso a impedire il soccorso in mare delle Ong fosse rivolto invece a intercettare e colpire i trafficanti di esseri umani. Allo stesso tempo, sono necessari sforzi ancora maggiori per impedire in primo luogo che rifugiati e migranti intraprendano viaggi disperati. Sono necessarie vie più sicure e legali di accesso alle procedure d’asilo in Europa per quanti fuggono da guerre e persecuzioni, in modo che nessuno sia costretto a credere che non esista altra possibilità se non quella di affidarsi a trafficanti senza scrupoli.
“Aiutarli a casa loro” è una frase ricorrente: quali sono i principali ostacoli?
Purtroppo, le soluzioni alle crisi umanitarie sono poche. Guerre e conflitti continuano a essere le principali cause di fuga, con progressi assai limitati verso la pace. Bisogna impegnarsi nel portare stabilità, democrazia e sviluppo o le persone continueranno a fuggire.
L’ignoranza della politica estera alimenta le paure verso i migranti…
Siamo abituati a un’informazione mordi e fuggi, spesso non verificata. Il servizio pubblico e i media in generale dovrebbero dedicare più spazio alla geopolitica, all’analisi delle cause di esodo forzato, per capire da cosa fuggono i migranti e i rifugiati, perché si è creata quella situazione e chi sono i responsabili. Ma tutto questo può non bastare. È necessario facilitare l’incontro e la reciproca conoscenza per abbattere gli stereotipi e le paure più irrazionali.