In una società in cui si possono ricavare informazioni personali significative dai più banali comportamenti e da gesti quotidiani inconsapevoli, dovremmo quantomeno imparare a riflettere prudentemente su cosa condividiamo e sull’essenzialità e delicatezza delle informazioni che stiamo fornendo. Ciò sia quando tali informazioni ci sono espressamente richieste, sia quando sono il frutto di un nostro atto cosciente di volontà.
Dovremmo pretendere e leggere attentamente le informative forniteci, senza saltare passaggi – magari per la fretta di accedere ai contenuti – che poi si rivelano importanti.
Mai dovremmo fornire il nostro consenso se non per quanto sia strettamente necessario e solo dopo averci pensato per bene. Ancora, è opportuno impostare in via predefinita le maggiori tutele per la privacy dei nostri profili e account social. E, infine, è sempre utile consultare periodicamente il sito del garante www.garanteprivacy.it e, in special modo, tutte le indicazioni su come usare i social.
Le informative utilizzate da aziende private, enti pubblici, professionisti, siti web, soprattutto social network, motori di ricerca e piattaforme tech, però, sono molto spesso lunghe, complesse e quindi non adeguate a rispondere alla loro funzione essenziale. Che è quella di informare gli utenti sull’uso che verrà fatto dei loro dati personali e, di conseguenza, di metterli nella condizione di esprimere, in maniera libera e consapevole, l’eventuale consenso al trattamento, che si tratti di marketing, di profilazione commerciale o di comunicazione a terzi di determinate informazioni.
Per questo motivo, il Garante ha appena lanciato un concorso per studiare soluzioni che – attraverso l’uso di icone, simboli o altre soluzioni grafiche – rendano le informative sulla privacy più semplici, chiare e immediatamente comprensibili.
Quella del diritto alla privacy è una questione più di costume che di norme. I rischi concreti spesso vanno ben oltre la protezione dei dati personali. Occorrono progetti di educazione dei cittadini alla cultura digitale, alla cultura della privacy come riservatezza, rispetto e senso del limite, e poi alla cultura della protezione dei dati. Deve diventare un obiettivo strategico del Paese per i prossimi anni.
Questo non vale solo per i minori, ma anche per gli adulti: prima dei minori, che sono molto più rapidi nell’apprendere le funzionalità delle nuove tecnologie, bisogna guidare e indirizzare i genitori, affinché poi sappiano controllare responsabilmente e prudentemente i propri figli. E poi ci sono gli anziani, loro sì davvero vulnerabili ed esposti a tutte le insidie delle nuove tecnologie. Mi piace pensare che, nel ciclo della vita, saranno proprio i nativi digitali ad avere la responsabilità degli anziani vicini alle loro famiglie e a guidarli mano nella mano in questa nuova dimensione che è la rete. Anche in questo modo si riuniscono le generazioni.