A che cosa serve la cultura? Provo a rispondere prendendo spunto dall’elenco che, nel 2014, il grande direttore d’orchestra Claudio Abbado fece per dimostrare che i tagli economici alle risorse per la cultura erano sbagliati. Diceva il Maestro che «chi ama la cultura desidera conoscere tutte le culture, quindi è contro il razzismo». L’articolo 3 della nostra Costituzione dice una cosa fondamentale, cioè che lo scopo vero della Repubblica Italiana è consentire il pieno sviluppo della persona umana. Non ci sono altri fini: deve servire a favorire il pieno sviluppo della persona umana, cioè a far diventare tutti veramente umani. Subito dopo la Costituzione afferma che, per farlo, bisogna rimuovere gli ostacoli che impediscono di partecipare. Che cosa bisognerebbe fare per avere meno ostacoli sulla via che porta alla cultura? Ci vuole più eguaglianza. La cultura genera eguaglianza ma, per accedere alla cultura, ci vuole più eguaglianza in partenza. Questa è una cosa che ci insegnano i nostri ragazzi, i nostri figli, i nostri nipoti meglio di quanto noi abbiamo saputo essere uguali.
Uguaglianza non vuol dire cancellare le differenze, non vuol dire cancellare le diversità. Lo dico con le parole del più importante filosofo del Diritto Italiano, Luigi Ferraioli: siamo diseguali, nel senso di diversità nelle condizioni di vita materiale, e siamo differenti nel senso di diversità delle identità personali. Dunque, l’uguaglianza, quella della Costituzione, si deve realizzare a tutela delle differenze e in opposizione alle diseguaglianze: dobbiamo essere tutti uguali e tutti differenti e non c’è uno strumento più potente della cultura per arrivare a questo risultato.
Questo è il progetto della Costituzione sulla cultura, una cultura che riscatta dalla povertà. Voglio ricordare cosa diceva don Milani sulla capacità della parola, che permette il riscatto delle persone: «Se hai una parola più del padrone, non ne sarai schiavo». Diceva don Milani che la cultura è una cosa sola: il desiderio di rompere la cittadella del privilegio e, io, francamente, non ho mai trovato una definizione di cultura più bella di questa.
Ancora, scriveva Abbado che la cultura è un bene comune primario come l’acqua, e i teatri, le biblioteche, i musei e i cinema sono come tanti acquedotti. La cultura è far sì che i nostri figli e nipoti possano andare un giorno a teatro per poter vivere la magia della musica, perché con la cultura si sconfigge il disagio sociale delle persone, «è il riscatto sociale dalla povertà»: anche questo scriveva il grande Maestro. La nostra Costituzione mette le basi perché tutto questo avvenga, perché ciascuno di noi possa partecipare al progresso materiale e spirituale della società in cui viviamo. Credo che oggi su questo noi dobbiamo riflettere profondamente, perché dobbiamo far sì che la cultura continui ad essere tutte queste cose. E infine, concludeva Claudio Abbado, la cultura è come la vita e la vita è bella.
Estratto dell’intervento in occasione dei “Dialoghi sui territori” organizzato da Unicoop Firenze a Pisa (22 ottobre 2024).