È un tema che allarma molto i genitori, perché i sintomi che fanno pensare alle allergie alimentari sono piuttosto frequenti e di difficile interpretazione. Simona Barni, pediatra allergologa dell’Ospedale Meyer di Firenze, ci aiuta a fare chiarezza.
Quali sono i sintomi che fanno pensare a un’allergia alimentare?
Molto variegati, perché possono colpire organi e apparati diversi. Spaziano dalle manifestazioni gastrointestinali come vomito o diarrea, all’orticaria o angioedema, alla rinite e congiuntivite, al broncospasmo fino alla vera e propria anafilassi. In caso di dubbio, nel caso in cui il bambino abbia mostrato sintomi di questo tipo entro due ore dall’assunzione di un alimento, parliamone con il pediatra che potrebbe indirizzarci ad un allergologo.
Quali sono le allergie alimentari più frequenti in età pediatrica?
Quelle al latte e all’uovo, che però hanno comunque un’incidenza piuttosto contenuta e che è importante distinguere dalle intolleranze. Inoltre, e questo è senz’altro un fatto positivo, l’80% dei bambini guarisce spontaneamente da queste due allergie entro l’età prescolare.
Che differenza c’è tra intolleranza e allergia?
Si parla di allergia in presenza di un meccanismo immuno-mediato alla base di una manifestazione clinica. Le allergie a loro volta si distinguono in IgE e non IgE mediate. Nelle prime, la reazione allergica è scatenata da anticorpi contro l’alimento, nelle seconde, invece, a causare i sintomi sono cellule, non anticorpi. Si parla invece di intolleranza quando non si identifica un meccanismo immuno-mediato: alla base delle intolleranze, come nel caso di quella al lattosio, spesso c’è un difetto di enzimi.
Perché alcuni frutti, tipici di questi periodo, come le fragole, danno problemi a molte persone?
Si tratta di alimenti che stimolano il rilascio di istamina: per questo può succedere che, specialmente se consumati in grande quantità, diano delle piccole reazioni, come il prurito, anche in soggetti non allergici. Fra gli alimenti molto amati dai bambini che possono causare questa reazione c’è, ad esempio, anche il cioccolato.
Come si arriva alla diagnosi di allergia?
Il percorso diagnostico è ben preciso e non ha senso escludere alimenti a priori prima di averlo compiuto. Si parte con il cosiddetto prick test cutaneo, che studia in pochi minuti la reazione dell’organismo al contatto con l’allergene e che, di solito, si può fare anche dal pediatra di famiglia. Se questo test risulta positivo, si procede con le indagini più approfondite: la ricerca delle immunoglobuline nel sangue, con un prelievo che si effettua in ospedale.
Solo come ultima tappa si arriva al test di provocazione orale, che va a indagare la reazione del bambino all’ingestione dell’alimento e che si fa in ambiente protetto.
Da evitare invece qualsiasi altro tipo di test, non validato dalla letteratura scientifica e dunque inattendibile.
Altri due consigli
Niente diete fai da te: escludere alimenti senza una diagnosi può causare deficit nutrizionali. Inoltre attenzione alle etichette: in caso di allergia vanno sempre lette con attenzione, anche se conosciamo il prodotto