Testaroli o Pizzoccheri?

Dalla Lunigiana e dalla Valtellina, un carico di sapori

Testaroli

Provenienza: dalla Lunigiana, terra di confine fra Toscana, Liguria ed Emilia, ecco questo primo piatto, antichissimo e poverissimo, oggi Presidio Slow Food. I paesi più legati ai testaroli sono Pontremoli, Castagnetoli e Fosdinovo.

Caratteristiche: quanto di più semplice esista: con farina, acqua e sale, si produce un impasto che, cotto, diviene un disco tondo.

In cucina: mentre si mescola la farina con acqua e sale, si riscalda il testo (vedi la sezione “Curiosità”) sul fuoco vivo. Si mette nel testo la pastella, che in tre minuti diventa testarolo. Estratto con una spatola, lo si lascia raffreddare e si taglia a losanghe o triangoli. Si fa bollire l’acqua e poi, spento il fuoco, ci si buttano per due minuti. Pronti. Condimento tradizionale: olio e formaggio parmigiano o pecorino. Oggi anche il pesto genovese. C’è chi sconsiglia i funghi e chi no. Non avendo il testo, cosa probabile fuori dalla Lunigiana, si usa una padella, ma esistono anchetestaroli pronti da cuocere.

Un consiglio: Uno? Facciamo tre, vai: appena cotti, servire subito. Preparati in padella, si possono conservare per un giorno. Non congelare mai.

Curiosità: specie di “ufo” in cucina, il testo è una sorta di forno primordiale: recipiente circolare in terracotta o in ghisa, è composto da due parti, il sottano, teglia su cui si cuoce, e il soprano, cioè il coperchio. Vi si preparano anche la carne e il pane.

Pizzoccheri

Provenienza: dal 2016 Igp, è un piatto tipico della Valtellina, in particolare del paese di Teglio (che denomina la valle), dove la coltura del grano saraceno – ingrediente base del pizzocchero – è tradizionale, grazie a un clima più mite rispetto ad altre vallate alpine.

Caratteristiche: sorta di tagliatelle fatte con acqua, farina di grano saraceno e di tipo 0. Usando solo la prima farina, saranno adatti anche ai celiaci.

In cucina: mescolate le farine, si impastano con acqua e si lavorano per alcuni minuti. Formata la sfoglia spessa 2-3 millimetri, se ne ricavano strisce larghe mezzo centimetro e lunghe 7-8. In acqua salata si cuociono patate a tocchetti e verze (o bietole o fagiolini, a seconda della stagione). Si uniscono i pizzoccheri per cuocerli una decina di minuti. Con la schiumarola se ne versa una parte in una teglia e si cosparge con Grana e Casera. Si formano alcuni strati. Fuso il burro, ci si colorisce l’aglio e si versa tutto sui pizzoccheri nella teglia. Una macinata di pepe e si serve senza mescolare.

Un consiglio: magari non è facile trovare il formaggio casera; lo si può sostituire con un formaggio semigrasso, come l’asiago o il gruviera.

Curiosità: è incerta l’origine del nome: si ipotizza che derivi dalla radice pit- o piz- con il significato di pezzetto. Altri suggeriscono un legame con la parola pinzare, con il significato di schiacciare, alludendo alla forma della pasta.

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