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Cucina anni Ottanta

Prosegue il nostro viaggio nella cucina dei decenni del Novecento. Oggi vi raccontiamo gusti e sapori degli anni Ottanta: nascono i primi fast food ma anche i movimenti in difesa dei territori

Gli anni ‘80 in Italia sono stati un vero palcoscenico dove la vita si recitava con entusiasmo e un certo gusto per l’esagerazione. Le città, soprattutto Milano, respirano aria di cambiamento: è l’epoca della Milano da bere, dei locali alla moda, della pubblicità che entra prepotente nelle case grazie alle nuove tv commerciali. La società vive un passaggio netto rispetto agli anni ‘70: dalle crisi e dall’austerità si passa al benessere diffuso, alla voglia di consumare e sperimentare.

Il cambiamento è tangibile anche a tavola: convivono i piatti tradizionali della nonna e le novità industriali pronte in pochi minuti. Gli gnocchi fatti in casa (o già pronti in vendita al supermercato) possono condividere la giornata con i sofficini; la fetta di crostata cede terreno alla Girella e alle altre merendine confezionate, il ghiacciolo viene sostituito dal Calippo. L’industrializzazione del cibo non è vista con sospetto: è progresso e praticità.

Fra velocità e tipicità

Sono anni in cui arrivano in Italia i fast food: colorati, veloci, aperti a orari impensabili. Il marchio italiano Burghy e poi McDonald’s – a Bolzano nel 1985 e a Roma nel 1986 – portano un’idea di ristorazione nuova, capace di attirare ogni fascia sociale. Parallelamente si affacciano la cucina etnica, il vegetarianesimo urbano e una nuova attenzione al biologico. Nel 1986 nascono Gambero Rosso e Slow Food, segnando una doppia direzione: da un lato la celebrazione dell’alta ristorazione, dall’altro la tutela delle tradizioni e delle produzioni locali.

È anche il periodo in cui la Comunità europea introduce Doc, Dop e Igp, mentre lo scandalo del metanolo spinge a migliorare la qualità del vino. Sul fronte dell’alta cucina, Gualtiero Marchesi, primo ristorante a tre stelle per la Michelin nell’86, diventa il simbolo di una nuova cucina italiana emancipata dalla scuola francese.

Negli anni ‘80 il carpaccio, inventato a Venezia, trova nuova vita grazie all’abbinamento con rucola e scaglie di parmigiano. L’erba dal sapore pungente, fino a pochi anni prima quasi assente dalle tavole borghesi, diventa un segno di modernità. La versione con bresaola è la variante “light”, perfetta per chi cerca un piatto fresco e di tendenza.

Il surimi e la polpa di granchio entrano nelle cucine italiane come simbolo di apertura internazionale. Si usano in insalate sontuose, mousse colorate e antipasti, evocando atmosfere di località balneari lontane. Fra i piatti scenografici e creativi dell’epoca, spicca il pesce finto: purè di patate e tonno, modellato a forma di pesce e decorato con olive e verdure. Più scenografico che gourmet, era l’ideale per buffet e cene tra amici, dove stupire contava quanto saziare.

Panna cotta, tiramisù e gelato… al puffo

Gli anni ‘80 celebrano dolci che oggi consideriamo “classici”, ma che allora vivevano un momento d’oro. La panna cotta, di origine piemontese, diventa un dessert trasversale, presente tanto nei ristoranti eleganti quanto nei pranzi di famiglia. Il tiramisù conquista definitivamente tutta Italia grazie alla sua cremosità e semplicità di preparazione. E poi c’è lui: il gelato al puffo, dal colore celeste intenso e dal sapore indefinibile tra vaniglia e gomma da masticare. Simbolo pop della decade, affascinava i bambini.

Sul fronte delle bevande, spicca un fenomeno curioso: il successo dei vini rosati portoghesi, leggerissimi e dolciastri. Erano serviti in bottiglie dalle forme originali, in ceramica, e rappresentavano un’idea di eleganza accessibile. La cucina italiana degli anni ‘80 è un mix di lusso, estetica e sperimentazione: un’epoca in cui anche un’insalata di surimi poteva sembrare cosmopolita e un gelato azzurro diventare un’icona. Come le spalline imbottite e i sintetizzatori, anche questi piatti ci raccontano un decennio che voleva essere nuovo a tutti i costi e, almeno in cucina, ci è riuscito.

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