Una missione impossibile. Andare a scovare la ricetta originale è una sfida senza fine. Ogni regione, ogni città e persino ogni famiglia ha il suo segreto per preparare le frittelle, palline di impasto fritto che provengono da una tradizione secolare. Le prime tracce scritte risalgono al XV secolo, quando questi dolcetti vennero citati dal più importante cuoco europeo del tempo, Maestro Martino da Como, nel suo Libro de arte coquinaria, colonna portante della storia gastronomica del nostro Paese.
Basta un poco di zucchero
Secoli dopo ognuno le prepara a modo suo. Per alcuni, soprattutto tra Firenze, Prato e Pistoia, le frittelle devono essere rigorosamente di riso, cotto nel latte. Come spesso succede sono però i dettagli a fare la differenza: c’è chi utilizza vaniglia oppure scorza di agrumi e chi dà un tocco aromatico al composto con marsala, rum, vinsanto o alchermes. Senza dimenticare quelli che amano aggiungere una manciata di uvetta e, talvolta, pinoli.
I più golosi le farciscono addirittura con la crema al cioccolato. Altri usano una soffice pasta simile a quella del bignè, riempita di deliziosa chantilly. Anche Pellegrino Artusi, nella sua Scienza in cucina, include diverse tipologie: due varianti con il riso e la terza che impiega invece il semolino. Su una cosa però sembrano essere tutti concordi. Passato il bollore della frittura, il tocco finale è d’obbligo: una bella spolverata di zucchero.
Perché per San Giuseppe?
Croccanti fuori, morbide e cremose dentro. Nonostante oggi si mangino pure in occasione del Carnevale, tradizionalmente sono legate al 19 marzo, la Festa del Papà, pardon… del babbo per dirla alla toscana. Tra Firenze e Prato, un adagio popolare ricorda che «San Giuseppe non si fa senza frittelle», per rimarcare l’unione indissolubile tra la ricorrenza e il delizioso odorino di fritto che aleggia tra strade e chioschi.
Ma perché proprio in questo momento dell’anno? Tutti i dolci tipici di fine inverno sono cotti nell’olio bollente, si pensi ad esempio ai cenci toscani e alle mille varianti regionali. Il motivo ci porta indietro nel tempo. Nell’epoca in cui il frigorifero ancora non esisteva, l’arrivo del primo tepore primaverile metteva a rischio tutti i cibi grassi avanzati dalla stagione rigida, che non avrebbero retto al caldo. Insomma, la dispensa andava svuotata dallo strutto e il modo migliore per non sprecarlo era proprio friggerlo. Come dare torto ai nostri avi?
Uno Stivale da gustare
In effetti, da nord a sud, marzo vede sulle tavole italiane un tripudio di pasta fritta. Tra le più antiche figurano le fritole veneziane, una pastella di farina, uova, latte e zucchero, accompagnata di frequente da uvetta e pinoli, da mangiare durante i corsi mascherati in laguna. Nel catanese si gustano le crispelle di riso, che in molte altre parti della Sicilia (guarda caso) sono chiamate zeppole di San Giuseppe.
In Sardegna vengono servite le frittelle di pane carasau, irrorate con un filo di miele. Dall’Emilia Romagna alle Marche si assaporano le castagnole, in Umbria gli struffoli di carnevale, in molte aree d’Italia le brighelle, bignè ripieni di crema. Le frittelle di mele trentine al contrario assomigliano più a una ciambella.
Nei Coop.fi
Tornando alle nostre latitudini, ce ne sono per tutti i gusti. Fino al 19 marzo le frittelle sono disponibili nei reparti forneria e pasticceria dei Coop.fi con ricette che cambiano da zona a zona, proprio per venire incontro ai gusti di ogni realtà locale. Si va dalle frittelle di riso a quelle preparate con la pasta di bignè, dalla versione semplice, senza farcitura, alla variante con crema chantilly.
Le 3 regole d’oro in cucina
- Cuocere il riso la sera prima per renderlo più morbido
- L’olio, extravergine di oliva o di arachidi, deve essere abbondante e ben caldo
- Friggere poche frittelle alla volta per non abbassare la temperatura dell’olio