Quando si è in viaggio, magari uno di quelli lunghi, capita spesso di lasciare vagare lo sguardo fuori dal finestrino. Se poi fuori dal quel finestrino c’è la Toscana, il panorama è quasi sempre tinto di verde: le foreste delle aree meno toccate dall’uomo, i cipressi che coronano le colline oppure i tanti campi coltivati.
Proprio alcuni di questi campi, paesaggio abituale per i viaggiatori che passano tra San Miniato e Fucecchio, sono circondati da alcuni cartelli che recitano:
Qui lavorano gli Ortolani Coraggiosi
Ortolani Coraggiosi è un progetto di Sinergica, una cooperativa agricola sociale, e si occupa di inserire i ragazzi con autismo nel mondo del lavoro attraverso l’agricoltura.
L’idea di un’esperienza di questo genere nasce qualche anno fa grazie ad Autismo Toscana, un’associazione di genitori di soggetti autistici insieme al presidente Marino Lupi.
“Siamo partiti da una serie di convegni che ci hanno portato a pensare, insieme alla cooperativa Pegaso di Montelupo, di creare un posto dove i ragazzi autistici potessero lavorare per garantirsi una vita: indipendenza economica, affetti e così via” racconta Lupi “Ad ottobre 2012 decidemmo di comprare una serra tramite una sottoscrizione pubblica: un piccolo inizio, sostenuto anche da un bando regionale.”
Ma fin da subito si rendono conto di un problema: con quella serra e quella piccola porzione di terreno la cooperativa riesce ad solo avere una esigua resa dalla coltivazione. Di certo non sufficiente per vendere e sostenere il progetto.
Così nel 2013 c’è una svolta: arriva Eluisa Lo Presti, l’attuale presidente e iniziano a vendere al pubblico tramite una rete semplice ma efficace. I clienti ordinano la verdura, che all’epoca voleva dire una cassetta di 5 kili di ortaggi misti, e vengono successivamente a ritirarla nei punti vendita.
Da quei giorni i numeri non hanno fatto altro che salire: in circa 5 anni le cassette sono passate da 30 fino a 200 la settimana ed i punti vendita sono arrivati ad 11, coprendo una larga fetta di territorio da Pisa fino Montelupo. Dal 2015 hanno anche aumentato i campi a loro disposizione (da 1 a 12 ettari) e acquistato una casetta di legno con il sostegno di tutto il territorio: dalle scuole alle associazioni e dalle aziende fino alle case del popolo.
Chi lavora in cooperativa la chiama casetta di legno, ma in realtà è una piccola costruzione ad un piano, ovviamente tutta in legno. All’interno ci sono lunghi tavoli per lavorare e mangiare, con panche e sedie. In fondo una scrivania con un pc e diverse poltrone e altri mobili dove tenere i prodotti della cooperativa.
“Quella casetta di legno non è solo un posto che fa da ufficio. Ma è il luogo dove facciamo merenda con i ragazzi, ci riposiamo e stiamo davvero tutti insieme.” racconta Samanta, la psicologa arrivata alla cooperativa nel 2014. Oltre lei ci sono altri 5 dipendenti: Ilenia che si occupa di marketing e comunicazione, 3 operai e un apprendista. In aggiunta alla presidente, vari volontari e ovviamente i ragazzi, che sono lavoratori a tutti gli effetti.
Cosa fanno gli Ortolani Coraggiosi
Tutte le mattine ci si alza presto: alle 8.30 i ragazzi sono già pronti per iniziare a lavorare. E le cose da fare sono tante. C’è da raccogliere la verdura e prepararla per il confezionamento, si crea una catena di montaggio sui lunghi tavoli della casetta di legno per impacchettare tutta la verdura nelle diverse cassette. L’ordine del giorno è scritto su una lavagna e i ragazzi, in maniera autonoma, costruiscono le cassette.
Lo chiamano così, costruire: perché non è semplicemente buttare le verdure dentro il contenitore, ma vuol dire disporle accuratamente. Sistemarle in maniera che nulla si ammacchi o si rovini, preparando ogni cassetta con grande premura.
La mattina è lunga per gli ortolani coraggiosi: c’è da pesare e stivare le cassette, e poi c’è da andare nei campi! Si annaffia, si fa le semine e si curano le piante nei tanti ettari che la cooperativa gestisce. Ci sono tante e diverse verdure a seconda della stagione: zucche, cipolle, pomodori e adesso si sta provando anche con i meloni.
Tempo fa, dopo mezzogiorno e trenta, i ragazzi tornavano a casa ma ultimamente la cooperativa ha iniziato a mandarli anche nelle consegne e alla vendita degli ortaggi. Infatti dopo che le cassette sono state preparate, vengono caricate sui furgoni e mandate nei punti vendita di quel giorno.
Oltre i ragazzi autistici, da Ortolani Coraggiosi sono arrivati anche alcuni pazienti del Centro Mentale di San Miniato.
“I medici che li hanno in cura sono molto felici dei risultati che ottengono qui” racconta Samanta “e in maniera totalmente naturale e autonoma sono diventati una specie di tutor per i ragazzi autistici.”
Dalla terra con amore
Gli ortaggi che si trovano nelle cassette della cooperativa variano da stagione a stagione: ci possono essere patate, cavoli d’ogni tipo e radicchi nei mesi invernali. Carciofi, cicorie e finocchi a primavera fino ai gustosi pomodori, insalate e fragole d’estate.
“I prodotti trasformati sono stati una necessità” racconta Ilenia “avevamo tanti pomodori e, piuttosto che buttarli, abbiamo pensato di farci una passata.” Questo non solo ha permesso di mettere qualcosa di nuovo da vendere sul mercato, ma ha anche aggiunto un nuovo ed entusiasmante tipo di lavoro per i ragazzi.
Da lì sono arrivate le marmellate di fragole e di zucca, la confettura di cipolle, i mix d’erbe e anche l’olio, fatto con le olive raccolte dai campi dati in gestione da privati alla cooperativa. E poi, dal 2014, sono nati i pacchi di Natale.
“Inizialmente sono stati un’esperienza traumatica per noi: era tanto lavoro concentrato in pochi giorni” spiega Samanta “ma adesso collaboriamo con tutto il territorio ”. I pacchi si chiamano Ficeclum, l’antico nome di Fucecchio e dentro trovano posto le migliori produzioni agricole del territorio insieme ai prodotti degli Ortolani Coraggiosi.
L’orgoglio di Samanta si sente: “Siamo partiti con 100 pacchi e adesso siamo a 1000.”
Il Generale Inverno
Il successo di Ortolani Coraggiosi ha portato ad alcune conseguenze: ci sono più ragazzi da seguire, il che vuol dire più personale per lavorare con i ragazzi e automaticamente anche aumentare la produzione.
“Nei mesi freddi ci tocca per forza rallentare la produzione” spiega Samanta. Uno dei problemi maggiori riscontrati dalla cooperativa è l’inverno dove la produzione quasi si ferma: non è solo un problema economico, ma anche per i ragazzi.
“I soggetti autistici sono abitudinari: si lavora fino ad un certo orario, si fa pausa in quel dato orario, merenda in un altro e via dicendo. Non poterli far lavorare perché non c’è niente da fare rischia di mandare all’aria tutto il lavoro fatto nei mesi precedenti.”
Infatti uno degli obiettivi del crowdfunding su Eppela sostenuto dalla Fondazione Il Cuore si Scioglie era l’acquisto di un’altra serra.
“Ci permetterà di allungare i tempi di produzione e la varietà di ortaggi.” Al momento ci sono già due serre ma non bastano per coprire il grande fabbisogno. Inoltre la cooperativa vorrebbe acquistare nuove piantine con il progetto su Eppela, così da ampliare la gamma di lavori per i ragazzi.
“Vorremmo prendere delle piante aromatiche per incominciare a fare dei preparati per condire. E poi servirebbe nuovo personale per le attività.”
La campagna di crowdfunding si è conclusa con grande successo: ben 16.875 euro raccolti, a cui si sono aggiunti i 7.500 euro di cofinanziamento della Fondazione il Cuore si scioglie.
Al raggiungimento del traguardo hanno contribuito in maniera importante le sezioni soci Unicoop Firenze del Valdarno Inferiore e di Fucecchio.
“Avevamo già collaborato altre volte” spiega la presidente Lo Presti “ma qui il loro aiuto è stato fondamentale. Un’occasione importante è stata il pranzo fatto una domenica d’aprile presso la Casa del Popolo di San Miniato, c’erano più di 80 persone! A questa si aggiunge l’affollatissimo spettacolo teatrale del 20 aprile a Fucecchio. Momenti che ci hanno dato anche la possibilità di raccontare le nostre attività”.
L’importanza di cambiare
La possibilità di introdurre nuovi lavori ai ragazzi è molto importante.
“Cerchiamo sempre di affidare il compito più adatto, senza forzare nessuno.” spiega Samanta “Ogni ragazzo è diverso: non c’è un metodo uguale per tutti. Si va sempre a sperimentare.
”Jacopo è un ragazzo autistico che adesso lavora in un’associazione di Fucecchio. È arrivato da Ortolani Coraggiosi che aveva un forte disturbo, così forte da essere invalidante.
“Non facciamo miracoli ma creiamo equilibri, che magari sono precari ma nel suo caso gli hanno salvato la vita” racconta Samanta. Il lavoro e l’essere considerato come una persona completamente normale lo hanno aiutato moltissimo. Gli hanno dato lo stimolo e la sicurezza per fare di più, per sforzarsi.“Continua a collaborare con noi e ci viene sempre a salutare ogni giorno.” Questo è uno dei punti fondamentali: il legame e l’aggancio deve sempre rimanere, altrimenti i ragazzi perdono un punto di riferimento. Non possono essere sbalzati via di punto in bianco, ma accompagnati a piccoli passi. Come è successo con Riccardo.
“Per due interi mesi l’ho sempre visto seduto sulla poltrona nella casetta, con il colletto fino agli occhi e il cappello tirato giù. Poi ho iniziato a lavorarci insieme e, con grande lentezza, è cambiato.”
Nella sua vita Riccardo ha provato a comunicare, a modo suo, ma nessuno lo capiva. Così si è chiuso in se stesso e ad ogni tentativo di avvicinamento insultava senza pietà. C’è voluto un anno e mezzo per vederlo migliorare.
Tutto ruota sempre intorno a quel piccolo luogo verde che è Ortolani Coraggiosi, che rimane un faro per i ragazzi.
“Due anni fa decidemmo di fare una cena qui alla casetta di legno” racconta Marino Lupi che, oltre essere il presidente di Autismo Toscana, è anche genitore di un ragazzo autistico che lavora da Ortolani Coraggiosi. “Una cena con tutte le famiglia, quindi circa 35 persone. La casetta era veramente piena.”
Le persone autistiche hanno problemi con le cene: non ci vogliono stare, non gli interessa, si alzano. Sopratutto quando c’è molto rumore e ci sono molte persone. Infatti Marino e sua moglie quella sera vanno con due macchine, così uno dei due può riportare a casa Cosimo in caso di bisogno.
Dopo una mezz’ora che sono lì si rendono conto di una cosa: per la prima volta è lui che li ha portati a cena fuori. Li ha portati nel posto dove lavora. “Ci ha fatto vivere una serata particolare perché eravamo abituati a controllare e invece lui si era adeguato all’ambiente”. I ragazzi si muovevano come a casa propria: si servivano da mangiare, si relazionavano con gli altri e facevano esattamente tutto quello che si fa quando si è contenti di essere a cena con persone che ci piacciono.
Questo è il risultato di anni di lavoro nel creare un ambiente che sia davvero un punto di riferimento per i ragazzi. Dove possano sentirsi protetti e possano migliorare.
Un luogo che oggi rappresenta una speranza concreta di autonomia e dona a questi ragazzi una prospettiva di vita migliore.
Ha collaborato all’articolo Francesco Ricceri