La storia di Margot e degli altri

Cani eroi che salvano le vite: è successo anche in Turchia dopo il sisma

Grazie al loro fiuto, sono riusciti a salvare due persone nell’immane disastro del sisma in Anatolia dello scorso 6 febbraio, 7,8 devastanti gradi della scala Richter: «Due uomini fra i 30 e i 40 anni, uno di questi teneva stretta la sua bambina senza vita dalla quale non si voleva staccare, perché era convinto che respirasse ancora. Purtroppo abbiamo estratto anche moltissimi corpi senza vita di tutte le età, anche di bambini».

Racconta Simone Oliveri, responsabile operativo del nucleo cinofilo della direzione regionale toscana dei Vigili del Fuoco: «La nostra unità cinofila Usar (Urban Search and Rescue – salvataggio e ritrovamento in contesti urbani, ndr) è stata fra le prime ad arrivare sul posto. Mi sono trovato di fronte a una scena apocalittica: un’intera città era rasa al suolo. I palazzi di 7, 8 e 10 piani erano sdraiati su stessi, uno scenario molto diverso da quello incontrato nelle precedenti missioni, sia in Italia che in Albania, dove le abitazioni sono tendenzialmente più basse. Questa caratteristica architettonica e metodi di costruzione discutibili, come è emerso, hanno decisamente peggiorato un contesto già molto critico».

Sempre pronti a partire

Uomini e cani insieme, con uno stesso obiettivo: dare una possibilità di vita a chi si trova sotto quelle macerie, ma niente viene improvvisato o fatto per caso: «Siamo strutturati per gestire situazioni di emergenza: entro 4 ore dalla notizia delle catastrofi, siamo pronti a partire. Dopo aver fatto una valutazione generale della situazione, abbiamo individuato un sito al confine con la Siria dove c’era la possibilità che ci fossero esseri umani ancora vivi – spiega -. Eravamo una cinquantina di persone fra staff, vigili del fuoco e personale sanitario, insieme a 4 cani, tre di razza belga Malinois e un Border Collie; siamo saliti su un C-130, un aereo da trasporto tattico militare, fino ad Adana. Poi abbiamo affrontato molte ore in pullman passando fra le montagne, un viaggio che ha messo alla prova la pazienza dei nostri cani».

Una situazione a dir poco difficile dove operare, sia per gli umani sia per gli animali: «È stato davvero complicato, le persone che abbiamo estratto erano sotto cinque solai. I cani hanno lavorato in un contesto molto stressante, circondati da forti rumori, sirene di ambulanze, macerie ovunque. Non ci separiamo mai da loro, in queste circostanze viene allestito un campo base attrezzato con tutto quello che serve e ci alterniamo in turni di 8 ore».

Fiuto imbattibile

I cani da soccorso sono spesso i primi a esplorare le zone colpite dalle catastrofi naturali. È alle loro innate capacità, alla predisposizione a collaborare, unite a un buon addestramento, che è affidata la vita appesa a un filo delle persone sepolte da valanghe o macerie: «Ad oggi non esiste alcun mezzo tecnologico in grado di eguagliare le capacità dei cani, basti pensare che hanno oltre 300 milioni di recettori olfattivi nel naso rispetto ai 6 milioni presenti nel nostro – aggiunge Oliveri -. Ci vogliono tre anni di addestramento specifico affinché un cane sia pronto per affrontare queste situazioni. Per loro, infatti, quest’attività deve essere vissuta come un gioco. Ed è proprio grazie all’olfatto che individuano le persone vive e ci indicano dove scavare».

Fondamentale per la buona riuscita della missione è il rapporto fra cane e umano di riferimento: «Amo da sempre tutti gli animali e si può dire che casa mia sia uno zoo. Con Margot, così si chiama la mia, ho un rapporto simbiotico, ma allo stesso tempo non la antropomorfizzo e rispetto la sua natura canina. La considero la mia compagna di lavoro. Ha 3 anni e questa è stata la sua prima missione su macerie. È stata molto brava! Stiamo insieme 24 ore al giorno, anche perché nel nostro nucleo operativo la custodia e la gestione sono affidate completamente a noi. Facciamo lunghe passeggiate, questo rafforza il nostro legame, la nostra complicità e contribuisce a mantenerci in forma, una condizione indispensabile per il nostro mestiere. Margot è il mio quarto cane: gli altri, raggiunta l’età della pensione, si godono un meritato riposo sul divano di casa».

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