All’alba dell’8 marzo 1944, 26 operai della vetreria Taddei di Empoli furono prelevati con la forza e deportati nei campi di sterminio a seguito dello sciopero generale contro il regime nazifascista. Di questi 21 non fecero ritorno. A loro il Comune di Empoli, e quelli di Fucecchio, Cerreto Guidi, Capraia e Limite, Montelupo Fiorentino, in collaborazione con Aned (Associazione Nazionale ex Deportati nei Campi Nazisti), dedicheranno 21 pietre d’inciampo, realizzate dall’artista Gunter Demnig, padre del progetto delle Stolpersteine (in tedesco pietra d’inciampo), che saranno poste a partire dal 27 gennaio, “Giornata della Memoria”, nei luoghi in cui gli operai furono prelevati.
Il progetto coinvolge anche nove classi delle scuole superiori e il centro giovani di Avane che, nelle giornate di messa in posa, racconteranno ai bambini delle scuole elementari la storia e le biografie di quegli operai. «Le pietre d’inciampo sono un memento per la nostra memoria, ci costringono a riflettere sulla storia del singolo, rappresentano un bene comune, di cui ogni cittadino deve prendersi cura», sottolinea Alessio Mantellassi, presidente del Consiglio Comunale di Empoli con delega alla Cultura della Memoria e alla Partecipazione.
Questo è uno dei 13 percorsi che vedranno protagonisti gli studenti toscani all’interno del “Progetto Memoria”, che fa parte delle proposte di cittadinanza consapevole di Unicoop Firenze. Nei mesi scorsi è stata creata una rete fra soggetti diversi – dalle sezioni soci Coop, alle scuole, alle istituzioni culturali, ecc. – con lo scopo di dar vita a percorsi educativi sull’importanza della storia locale e delle memorie individuali e collettive, per alimentare il senso di comunità e di identità nelle giovani generazioni. Gli studenti delle scuole superiori saranno guidati nella costruzione di un percorso che li porterà a conoscere e “rivivere” i fatti tragici della Resistenza, insieme a chi di quel periodo fu testimone. Giovani e non più giovani insieme per non dimenticare le storie di chi ci ha preceduto.
Emilio, Marisa e gli altri
Storie semplici come quelle dei tanti sfollati costretti a lasciare le loro case. È successo così il 4 luglio del 1944 a Castelnuovo dei Sabbioni, teatro dell’eccidio nazifascista che vide la morte di 74 civili maschi, a cui poi fece seguito quello dell’11 luglio in località Le Matole, una delle pagine più drammatiche della guerra in Valdarno. Negli spazi recuperati del paese abbandonato di Castelnuovo dei Sabbioni nel 2012 è nato il Museo delle Miniere di Cavriglia (Mine), con cui collaborano gli studenti di San Giovanni Valdarno in un percorso dedicato proprio alle storie degli sfollati, quelli fuggiti dalle città verso le campagne, le donne e i bambini scappati poco prima dell’eccidio che, una volta tornati, trovarono le loro case incendiate e i loro cari uccisi, quelli costretti ad abbandonare la casa per ospitare il passaggio delle truppe, tedesche prima, degli alleati poi. «Tante storie che tracciano lo spartiacque di una comunità, come quella di Emilio Polverini che, bambino, fu portato dalla nonna a cercare il padre, quella di Marisa che rimasta orfana, ragazzina, va a lavorare nelle miniere di lignite. Ma c’è anche la storia di Aldo Dini, che riuscì a scampare all’eccidio trovando rifugio in un edificio» racconta Paola Bertoncini, direttore scientifico del Museo Mine. Il percorso formativo con gli studenti si tradurrà nei primi mesi del 2022 in una camminata simbolica da Cavriglia a Meleto.
Persone e luoghi della Resistenza
Ci sono poi le storie dei giovani partigiani, che hanno combattuto la Resistenza, da quelli più noti come Silvano Fedi o Manrico Ducceschi, nome di battaglia “Pippo”, protagonisti della Resistenza pistoiese, ai tanti senza nome ma che, poco più che ragazzini, scelsero di combattere la violenza fascista e il nazifascismo per amore della libertà, e di rifugiarsi sulle montagne tra la fame, la fatica, i lunghi spostamenti senza sosta. Accanto a queste le tante storie delle donne della Resistenza non necessariamente staffette partigiane, ma mogli e madri che hanno continuato a portare avanti la famiglia.
Molte delle loro memorie sono raccolte all’interno degli Istituti Storici della Resistenza e dell’Età Contemporanea, fra cui quello di Pistoia, con cui sarà avviato il progetto con le scuole. Qual è il messaggio dei partigiani per i giovani di oggi? «Di essere parte attiva della loro storia, non restare in un angolo anche se tutto sembra spingerci in quella direzione» commenta il presidente Giovanni Contini.
Le Stanze della Memoria di Siena, costola dell’Istituto Storico della Resistenza Senese e dell’Età Contemporanea, sono un luogo simbolo perché collocato nella Casermetta, che fu la sede dei fascisti della Repubblica Sociale, dove si interrogavano e torturavano gli antifascisti arrestati. Da qui partivano gli ordini per i rastrellamenti e le fucilazioni dei partigiani. «Oggi è uno spazio laboratorio libero, aperto alla città e ai giovani, inclusivo e multiculturale, che ripercorre la storia senese del Novecento» afferma Laura Mattei, la direttrice.
Altri percorsi saranno attivati ad Arezzo con l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, a Montevarchi con l’Istituto del Nastro Azzurro, a Figline e Incisa Valdarno con l’Anpi, a Campi con il Comune e altre realtà, a Pontassieve con Anpi, a Lucca con l’Assessorato per le politiche formative e la memoria storica e l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, a Pisa con la Biblioteca Franco Serrantini, a Colle di Val d’Elsa con l’Anpi, l’Archivio Cgil a Poggibonsi.
Tante storie che ci invitano a non restare indifferenti, a coltivarne la Memoria, «vaccino prezioso contro l’indifferenza che ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare», come affermò lo scorso anno davanti agli studenti delle scuole toscane la senatrice a vita Liliana Segre, che fu deportata nei campi di sterminio nazisti ed è poi diventata “custode della memoria” per tanti giovani.