Le ragazze di San Frediano

Lo spettacolo, nato durante l’emergenza Covid, conquista le platee della Toscana

Chi comincia a parlare?

(Anna) Racconto io?

(Daniela) Sì, Anna, è tutta colpa tua!

(Anna) No, no, è colpa anche di Daniela, perché è stata una “fleshata” di pochi minuti. C’era l’urgenza di manifestare tutto il nostro disappunto per la situazione dei teatri. Dopo mesi di chiusura, i luoghi dello shopping erano aperti ma i teatri no. Daniela disse: «Facciamo una manifestazione!». E Chiara: «Occupiamo i teatri!». E Daniela: «Facciamo qualcosa fuori dai teatri». E io dissi: «Leggiamo Le ragazze di San Frediano!». E l’idea venne accolta.

Daniela è Daniela Morozzi, Anna è Anna Meacci, con loro c’è anche Chiara Riondino. Insieme, con questa urgenza creativa tutta femminile, hanno dato vita a uno degli spettacoli teatrali di maggior successo in Toscana dell’era Covid, Le ragazze di San Frediano, tratto dal capolavoro di Vasco Pratolini, che fa registrare il tutto esaurito ogni volta che viene proposto al Teatro Puccini di Firenze e non solo.

(Daniela) Eravamo in zona gialla e le regole ci sembravano assurde e irragionevoli: sembrava che il Paese potesse ricominciare a vivere dal punto di vista economico, ma non da quello culturale. Era tutto molto faticoso, c’era una sorta di sospensione emotiva, per noi anche economica, ma pensavamo che ci fosse l’urgenza di ricominciare a fare qualcosa, a ritrovarsi e ascoltare delle storie che potevano aiutarci a leggere il periodo che stavamo vivendo, almeno a condividerlo, se non a comprenderlo. Per quello ci vorrà ancora del tempo.

E poi cosa successe?

(Daniela) In una piovosa domenica dello scorso febbraio, ci ritrovammo davanti al Teatro Puccini di Firenze. Pensavamo di essere solo noi tre, insieme al tecnico del suono, Claudio Benelli, invece la piazza era piena: tutti con gli ombrelli, alcuni erano venuti da Viareggio, un’ora e mezzo sotto l’acqua a leggere Pratolini. Era il segnale che stavamo intercettando un sentimento e un bisogno comune a più persone.

Da quella piazza ne avete fatta di strada, ora le vostre repliche in teatro sono sold out…

(Daniela) Noi preferiamo dire esaurite.

(Anna) Si vede che le persone hanno capito la bontà di questo progetto e perché è nato.

Perché proprio questo testo?

(Daniela) Anna lo leggeva a puntate ai suoi nipoti e amici via Zoom e Meet. A noi è parso subito un titolo azzeccatissimo perché racconta la nostra città, parla di un “dopoguerra”, è grande letteratura, popolare, ma raffinata, che fa riflettere anche sul rapporto fra uomini e donne. Inoltre è perfetto come sceneggiatura. Quale miglior testo?

(Anna) Quando Pratolini racconta in maniera dolorosa ma leggera la Liberazione di Firenze, parla anche della nostra Liberazione e della nostra Resistenza (al Covid, ndr).

Anna, quando ti sei innamorata di Le ragazze di San Frediano?

(Anna) Avevo undici anni e vivevo a Sinalunga. Quando mia sorella, più grande di me di nove anni, studiava Pratolini per l’esame di maturità, sentii mia mamma che definiva questo libro scandaloso. Incuriosita, lo lessi e subito mi innamorai di Firenze e della sua gente. Per questo decisi che da grande ci avrei vissuto.

Chiara, non hai ancora parlato…

(Chiara) È stato un incontro di tre teste, tre cuori, tre pance. Io mi occupo di costruire una tessitura musicale fra i momenti recitati, cercando di mantenere un clima affettuoso e ironico, tipico fiorentino, che ci rende simpatici e per alcuni un po’ supponenti, ma è il modo per sdrammatizzare i fatti della vita. Infatti la vicenda è ambientata nel dopoguerra: la vita riprende in mezzo alla miseria, ma c’è voglia di ricominciare.

Il vostro spettacolo richiama l’attenzione anche sulla condizione femminile…

(Daniela) Tutte e tre ci occupiamo della questione di genere da tanto tempo, questa è una storia di ragazze che si ribellano all’essere amate per finta, a diventare solo dei numeri nella vita di un uomo. Sicuramente è uno stimolo per riflettere sui problemi delle donne, ma soprattutto esprime il desiderio e il diritto ad avere una relazione onesta. Per noi che abbiamo una certa età, è anche un modo per ritrovare le storie delle nostre nonne e mamme, che non potevano né lavorare, né studiare, ma per le quali l’unica ambizione era amare ed essere amate.

Che lezione ci dà oggi Le ragazze di San Frediano?

(Daniela) Intanto di non stare zitte, e poi di amare ed essere amate, e che la vacuità in genere non paga. Ma ci parla anche dell’importanza del quartiere, che ti protegge e ti fa del male, ma che comunque ti appartiene.

(Anna) Ci insegna il diritto all’amore, che non è cosa da poco, visto che abbiamo bisogno di continuare ad affermare.

(Chiara) L’importanza dell’unione: quando si è in difficoltà, è fondamentale, è una parola che va rivalutata.

Le ragazze di San Frediano

Produzione Catalyst – Lo stanzone delle Apparizioni.
In calendario a gennaio:
– sabato 15 al Teatro degli Antei di Pratovecchio Stia (AR),
– venerdì 28 al Teatro dei Concordi di Campiglia Marittima (LI),
– domenica 30 all’Auditorium di Porcari (LU). Scenografia di Matteo Marsan e Davide Lettieri. Lo spettacolo sostiene il progetto del Cospe “Emergenza Afghanistan”, per tenere desta l’attenzione sulla condizione femminile nel Paese guidato dai talebani.

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