Ci sono tanti modi per combattere le mafie. E a volte può aiutare anche un gol o una bella parata.
Ci stanno provando in Calabria, con il progetto Seles (l’acronimo significa Scuola Etica e Libera di Educazione alla Sport): una scuola calcio con il settore giovanile, nata nel 2010 per volontà del Centro Don Milani di Gioiosa Jonica e con la collaborazione della Cooperativa sociale Valle del Marro Libera Terra di Polistena, che lavora sui beni confiscati ai mafiosi.
Oggi le Seles sono tre: a Gioiosa Jonica e Polistena, in provincia di Reggio Calabria, e una a Castelfranco Emilia, in provincia di Modena. Dalla ventina di bambini dell’inizio sono ora oltre cinquecento, fra giovani calciatori e calciatrici.
Piccoli atleti che vivono l’attività fisica e ludica come esperienza di comunità e come ricerca di una vita alternativa. Perché la Seles non è una semplice scuola calcio, quanto il tentativo di dare una risposta nella lotta alla criminalità organizzata. I dirigenti lavorano con i bambini a partire dai cinque anni, facendo con degli esperti un lavoro in aula prima che sul campo di gioco: sui sensi, sull’importanza dell’igiene personale, sulle dinamiche di gruppo, fino ad arrivare a dar loro la possibilità di vivere una cittadinanza attiva, che li coinvolga nella lotta contro le mafie.
Sulle maglie i nomi delle vittime
Attraverso il gioco, l’attività culturale e l’educazione sanitaria e civica, a bambini e ragazzi vengono proposti percorsi di crescita che li aiutino a compiere scelte mature e consapevoli, fatte di lavoro sano e onesto, di inclusione nei confronti degli immigrati, di coraggio nel restare nella propria terra.
Sulle maglie della squadra, per esempio, non ci sono sponsor, se non quello della Cooperativa Valle del Marro, e, quando i ragazzi sono più grandi e consapevoli, ci trovano scritti i nomi delle vittime innocenti della mafia. Francesco Rigitano, presidente della squadra, è molto orgoglioso di questo progetto: «Il nostro obiettivo e giocare e divertirsi, fare sport insomma, ma anche – e soprattutto – fare cultura, educazione e memoria».
Valle del Marro Libera Terra opera usando i beni confiscati alle mafie: terre e case, per un lavoro agricolo pulito e vero. Produce olio, arance, clementine, peperoncino, tutti rigorosamente bio.
Unicoop Firenze ha sostenuto questa attività fin dall’inizio, a partire dal progetto “Noi con gli altri” con un gemellaggio fra scuole toscane e calabresi, fino ad arrivare alla vendita dei prodotti nei supermercati toscani. I soci delle sezioni Coop e i giovani della Fondazione Il Cuore si scioglie vanno spesso in Calabria per conoscere le persone che vivono la cooperativa e toccare con mano le difficoltà con cui si scontra chi vive nei territori dove agiscono le mafie.
Buoni cittadini, bravi sportivi
Tornando a parlare di pallone, Domenico Fazzari, presidente della cooperativa, ribadisce un concetto fondamentale alla base di questa storia: «Lo sport è un veicolo formidabile, ma non è solo strumentale. Noi vogliamo far crescere buoni cittadini, ma chi ha talento può diventare anche un bravo sportivo. E anche qui, sempre grazie all’intermediazione di Unicoop Firenze, stiamo per iniziare una bella collaborazione con un’importante realtà toscana del calcio professionista».
Le cose da raccontare sarebbero tantissime ma una vale per molte: anni fa, a Rosarno, c’era una squadra formata da soli immigrati africani, lavoratori stagionali che arrivavano per la raccolta delle clementine nella Piana di Gioia Tauro. A gennaio, a fine raccolta, i giocatori rientravano nei loro Paesi ed erano costretti a interrompere il campionato.
La Valle del Marro Libera Terra, grazie al sostegno di Unicoop Firenze, ha potuto assumere questi ragazzi, che per due anni consecutivi non solo hanno disputato tutte le gare del campionato ma, entrambe le volte, lo hanno vinto.
Insomma, ha proprio ragione un parroco di quelle terre: «La Calabria non è fatta solo di gente che spara ma soprattutto di gente che spera».